mercoledì 26 giugno 2013

NONSOLOGIALLO; FIGLIE E RIBELLI, DI JESSICA MITFORD




Jessica Mitford


Immaginatevi una strana famiglia inglese aristocratica e ultra-iper-snob  dell’inizio del secolo scorso, composta dal capofamiglia, dalla moglie e da ben sette figlie e figli, un solo maschio che morirà nella seconda guerra mondiale e ben sei figlie, tutte a loro modo uniche e inimitabili nel bene e nel male; la Primogenita Nancy diventerà una bravissima scrittrice che con la sua penna intrisa di veleno deriderà  proprio quell’aristocrazia della quale faceva parte, poi Diana, definita la donna più bella del suo tempo da Evelyn Waugh, che sposerà il capo dei fascisti inglesi Oswald Mosley; senz’altro una dilettante però a confronto di Unity, che diventerà nientemeno che l’amante ufficiale britannica di Hitler.


Diana e Nancy



 Unity


 Poi  Pamela,sgraziata e bruttarella,che passò tutta la vita ad allevare  cavalli, infine Deborah detta Debo, una principessina raffinata e sognatrice che a vent’anni sposerà nientemeno che l’undicesimo duca di Devonshire e dedicherà la propria lunga vita (non ancora conclusasi, in quanto è  l’unica Mitford ancora viva) a dare lustro alla sua principesca residenza, Chatsworth House, tuttora una delle più importanti e prestigiose dimore del sedicesimo secolo.

Deborah




E infine c’è Jessica, l’autrice di questo libro straordinario di memorie autobiografiche su di lei e sulla sua famiglia; Jessica la comunista, la “Red Sheep” in una famiglia di incredibili snob conservatori ; Jessica,con la coerenza estrema di tutte le sorelle Mitford ( la frase culto del libro è “ovviamente, tutte noi non mettevamo nemmeno in dubbio per un istante che non saremmo riuscite a raggiungere i nostri obiettivi, quali essi fossero” ) abbraccia ciecamente la fede comunista e scappa di casa assieme a Esmond Romilly, anch’esso un giovane aristocratico imparentato tra l’altro con Churchill,per andare prima a combattere contro Franco sul fronte spagnolo (non ci arriveranno perchè CHurchill stesso manderà un cacciatorpediniere a ripescarli), poi il loro matrimonio contro tutto e tutti e la loro vita spensierata e bohemienne prima nell’east end di Londra e poi in America a vivere più o meno di espedienti,fino alo scoppio della seconda guerra Mondiale in cui Romilly lascerà la moglie e la figlia neonata per andare a combattere per il suo paese e non fare mai più ritorno; si inabisserà infatti col suo aereo nelle gelide acque del mare del nord.

Il  libro è talmente bello, ricco e vario che non si sa da dove cominciare a parlarne; io preferisco la prima parte ambientata nella residenza dei Mitford, dove viene descritta la quotidianità di questa pazzesca e scombinata famiglia, che risiede a Swinbrook House, una tenuta nelle campagne vicino ad Oxford, nel più totale isolamento (nonostante il lignaggio non erano ricchi, la vita sociale era ridotta a trattenimenti coi fittavoli e qualche evento a corte) nel quale le bambine crescevano allo stato brado e abbandonate a loro stesse.

Autentiche perle sono i discorsi del capofamiglia, il barone David Freeman-Mitford detto Farve, un tipetto davvero niente male (Jessica stessa definisce i genitori due fascisti nati). La figlia ne fa un ritratto spregiativo seppur affettuoso, lo chiama il vecchio subumano ma non può fare a meno di ammirarlo. DI lui fa descrizioni come “mio padre verso gli stranieri era giusto, per lui tutti gli sporchi non inglesi erano uguali” oppure riporta aneddoti pazzeschi come quando,venendo a sapere del matrimonio di una cugina con un nobile Argentino di pura discendenza spagnola, commentò dicendo “ho saputo che Fanny ha sposato un negro”. Oppure di quando votò contro l’ingresso delle donne nella camera dei Lord perchè “avrebbero occupato tutto il tempo l’unico bagno disponibile”.


Foto di Gruppo


Poi la vita con le sorelle; Le primogenite Nancy e Diana vengono da lei viste come due semidee, mentre il fratello Tom ,detto Tuddemy, è solo un poveretto da vessare, tantopiù che sopporta in silenzio gli scherzi reiterati delle sorelle minori.
Con Unity e Deborah ha un rapporto perlopiù conflittuale “Eravamo troppo vicine di età per poter essere amiche” ma comunque intenso; inventano il boudledidge, ossia un linguaggio in codice capibile solo da loro per parlare male di genitori e parenti in loro presenza,e poi giochi come “are, ure, are, cominciare” nel quale si deve resistere il più a lungo possibile a fortissimi pizzicotti e altre carinerie del genere; tormentano tutte le istitutrici che capitano loro facendole scappare dopo poco tempo, fino a quando ne incontrano una che le porta a rubare dolce e piccoli oggetti nei negozi, cosa che ne fa la loro beniamina.

Gli anni passano,e tra i matrimoni delle sorelle e il debutto in società, si passa alla seconda parte, ben più cruda e drammatica; lo scoppio della seconda guerra mondiale, l’adesione al nazifascismo da parte di Diana e Unity e il tentato suicidio da parte di quest’ultima che, disperata per l’apertura delle ostilità tra le due nazioni che amava, si sparò un colpo alla testa; non morì , ma di fatto rimase menomata fino alla morte,avvenuta nel 1948 dopo una meningite.

Jessica lascia di fatto la sua famiglia al suo destino per descrivere la sua picaresca vita assieme ad Esmond, dove in pagine irresistibili nelle quali il comico e il drammatico si alternano senza soluzione di continuità descrive la lotta per la sopravvivenza di due giovani di nemmeno 20 anni allo sbaraglio, che per scelta voltano le spalle alle rispettive famiglie, si sposano in segreto e conducono una vita errabonda e bohemienne; due giovani che si amano in modo profondo ed estremamente entusiasti,ma sprovveduti e totalmente inadatti a cavarsela da soli, tanto da lasciare morire di Morbillo la figlia primogenita perché “non sapevano bene cosa fosse un vaccino e dove bisognasse farlo”; una pagina terribile che l’autrice scrive con estrema nonchalance, quasi fosse un fatterello senza importanza. Dopo la tragedia la coppia parte per  far fortuna in America, dove torneranno a condurre una vita degna di Jack Jerouac, tra amicizie discutibili, lavori saltuari come venditori di calze porta a porta e barman in loschi locali gestiti da italoamericani e cosi via;. per cui il libro, che nella prima parte è un documento pressochè unico della gentry al suo apogeo, diventa una grande testimonianza della vita negli States dell’epoca.


Jessica e Esmond

Nell’ultima parte i toni si fanno più maturi e posati; la coppia ha un’altra figlia, ed Esmond decide di tornare in Inghilterra a combattere contro i nazisti; lascia la moglie e la neonata in una confortevole Farm nello stato di Washington, la saluta con un bacio e se ne va. QUi il libro si interrompe, visto che Esmond non tornerà e l’autrice dice che “mentre guardavo svoltare la macchina che portava via Esmond, mi sentii come se un pezzo della mia vita  fosse concluso e ormai dietro le spalle”.

Tra i tanti passi memorabili del libro, quello più toccante e commovente riguarda la confessione di Jessica dell’affetto sincero che provava per Unity; anche se sulla carta avrebbero dovuto odiarsi, visto che nella loro stanza una disegnava svastiche e l’altra il simbolo della falce e martello, litigavano furiosamente e si picchiavano selvaggiamente, ciononostante per Jessica la sorella “nazista” fu sempre la preferita, forse perchè il suo esatto opposto, la perfetta altra faccia della medaglia.
Alla fine, per Jessica, Unity è stata una delle tante vittime dell’immensa tragedia del nazismo, travolta da una folle “fede cieca in poveri miti”. Si chiede perchè una persona nata libera, eccentrica, “artista e poetessa nata” come Unity si fosse improvvisamente convertita a quell’ideologia totalitaria, “la più mortalmente conformista di tutte”. Non prova a comprendere le sue azioni, solo crede che l’adesione totale al nazismo fosse solo un modo di dare un volto al suo male di vivere, per giustificare un tentativo di suicidio che forse sarebbe arrivato comunque. Forse un destino in cui tuttora cadono i giovani che si trovano a vivere in regimi totalitari, per colpa dei quali hanno imparato un’odio che in altra sede non avrebbero mai nemmeno provato.


Jessica in età matura


In conclusione “Figlie e ribelli” è un capolavoro assoluto, la bibbia per chi vuole sapere tutto dell’aristocrazia inglese nel periodo del suo massimo fulgore o comunque una lettura imprescindibile per chi voglia semplicemente conoscere una gran bella storia. Senz’altro il libro più bello che abbia letto negli ultimi mesi. Lo pubblica la Rizzoli, e  costa 11 euro; spesi benissimo.

mercoledì 19 giugno 2013

I RACCONTI THRILLER DI DAPHNE DU MAURIER

Scrittrice di grande raffinatezza e dall'immenso talento narrativo, Daphne du Maurier è stata, assieme a Agahta Christie e Georgette Heyer, una delle tre grandi signore del romance inglese del ventesimo secolo.



In realtà delle tre è diciamo la “sorella cupa”; in quanto la Heyer era di una leggiadria impareggiabile anche nei contenuti e anche nella Christie i toni angosciosi erano (quasi) sempre stemperati, nella du Maurier le tinte fosche prevalgono: infatti a ben pensarci pochi dei suoi romanzi hanno il classico lieto fine, o per meglio dire le cose si risolvono ma non senza un carissimo prezzo da pagare. In Rebecca la coppia di sposi perde Manderley e,cosa ben più grave,la loro serenità, in Mia cugina Rachele il protagonista arriva all'ambigua verità perdendo la felicità, e così via. Questo per dimostrare che la DU Maurier non aveva niente dell'autrice di consumo, ma era una grande scrittrice lucida e dalla prosa praticamente perfetta, anche se per qualche motivo la “Kritika” militante non le riconoscerà mai i suoi meriti.
Per fortuna in anni recenti anche la DU Maurier è stata miracolosamente recuperata dalla casa editrice del saggiatore, che ha ripubblicato (con nuove, bellissime traduzioni di Marina Morpurgo) i suoi romanzi migliori (anche se “Il generale del re” e “Donna a bordo” aspettano ancora la loro giusta riproposizione) e soprattutto TUTTI I SUOI RACCONTI BREVI, in 4 eleganti e curatissimi volumi. Di questi racconti molti risultavano difficilmente reperibili in vecchie edizioni Mondadori e Rizzoli, e alcuni erano addirittura ancora inediti; una iniziativa editoriale che vale veramente oro, anzi platino.

I volumi hanno i seguenti titoli;

-      GLI UCCELLI E ALTRI RACCONTI: raccolta dei suoi racconti più noti,qualcuno anzi notissimo.
-      IL PUNTO DI ROTTURA; forse la raccolta qualitativamente migliore,coi racconti più delicati e poetici.
-      NON VOLTARTI, dove sono raccolti i suoi ultimi racconti, che per la verità non ho amato moltissimo, a parte il primo ovviamente che è un capolavoro.
-      RENDEZ-VOUS, racconti giovanili e inediti, qualità altalenante ma sempre di alto livello.
Dunque, per chi scrive la DU Maurier dei racconti è almeno pari, e talvolta supera, quella dei romanzi. Perchè nei racconti brevi (un po come la Christie) osa di più, sperimenta e  si avventura in territori pericolosi e delicati che nei romanzi non vengono affrontati.
Infatti gran parte dei suoi racconti sono allegorie venate di soprannaturale, con risultati che sono tra le sue vette assolute; le inquietanti precognizioni di “Non voltarti”,racconto superbo con un finale leggendario, oppure “Le lenti azzurre” dove la protagonista,dopo un'operazione agli occhi, inizia a vedere nelle persone che la circondano musi di animali invece dei loro soliti volti, musi che rispecchiano un po il carattere di queste persone (ad esempio un'infermiera buona e tontolona viene vista con una testa di mucca, ma non mancheranno, prima della fine, i volti di serpente). O ancora l'intenso e doloroso “L'albero di mele”, bilancio in chiave soprannaturale di una coppia infelice; e poi “Lo stagno”, delicatissimo racconto dove l'inizio della pubertà di una bambina viene trasfigurato in chiave fantastica in un racconto che riecheggia Lewis Carroll; e ancora la grande metafora de “Gli uccelli” da cui Hitchcock trasse l'omonimo famosissimo film.Ma i racconti fantastico-allegorici di Daphne sono molti, e occupano la maggior parte della sua produzione breve. Il resto di essa consiste in qualche racconto realistico di stampo Maupassantiano (ovvero i suoi primissimi lavori, non esattamente imprescindibili). E poi di Thrillers.
Che di racconti thriller puri senza incursione nel soprannaturale la DU Maurier in fondo ne scrisse soltanto tre; “L'alibi”, “Senza motivo” e “Baciami ancora sconosciuto”.
Ma sono tre capolavori. Capolavori veri e senza mezze misure, 3 tra i racconti più perfetti che il genere possa vantare.
La loro prosa è tesa, asciutta, quasi l'antitesi della Du Maurier barocca e sontuosa di Rebecca o del Generale del re; segno di come in questa autrice vivessero moltissime anime, e il suo talento anche nell'esprimersi fosse assolutamente sfaccettato e proteiforme.
“L'alibi”, presente nella raccolta intitolata Il punto di rottura, racconta dell'alienazione di un uomo buono e tranquillo, che da perfetto gentleman si trasforma, anzi vuole trasformarsi volontariamente e con estrema ponderazione, in un assassino spietato, scegliendo come vittima una donna sfortunata e innocente. LA sua sfida alla polizia e soprattutto alla comune morale è stupefacente, per una spietata e lucidissima analisi delle pulsioni primitive che ognuno di noi cerca (per fortuna riuscendoci nella maggior parte dei casi) di reprimere per tutta la vita.

“Senza motivo”, compreso nella raccolta Rendez- vous, è invece un capolavoro di tensione narrativa, una di quelle storie che ti costringono a leggere e voltare le pagine in modo quasi spasmodico, maledicendo ogni eventuale interruzione.
La storia è questa; perchè una bella e gentile giovane signora, sposa di un marito ricco e che l'ama e in attesa di un bimbo fortemente desiderato, di punto in bianco prende una pistola e si spara un colpo in testa? Il marito , disperato, incarica un detective di fare luce sulla vicenda, e questo scaverà fino a giungere a una terribile quanto umanissima verità.
Anche se stavolta il meccanismo narrativo soffre di qualche inverosimiglianza,una particolarmente grave e poco credibile(*SPOILER A FINE ARTICOLO), il piacere della lettura è tanto inteso da essere quasi doloroso,e chiudendo il libro si rimane preda per qualche minuto di un turbinio di sensazioni contrastanti, una magia che può essere creata solo dai grandi autori.
Ma quello che io considero il racconto thriller più bello in assoluto dell'autrice, il più perfetto stilisticamente e il più compiuto dal punto di vista narrativo, è “Baciami ancora sconosciuto” ( compreso nella raccolta gli uccelli e altri racconti) un racconto straordinario che per qualche motivo misterioso non vedo MAI citato nelle classifiche dei più grandi del genere.
In questa storia la DU Maurier si cala nei panni di un giovane meccanico reduce dalla seconda guerra mondiale, un ragazzo semplicissimo e onesto che vive e lavora nell'estrema periferia di Londra; le serate le passa andando al cinema da solo, a guardare film di cassetta mangiando pessimi gelati. E proprio in una di queste sere tutte uguali incontra una misteriosa fanciulla che fa la maschera in uno di quei cinema; il ragazzo ne rimane folgorato, e decide di seguirla dopo l'ultimo spettacolo. Lei non si fa tanto pregare, e in pagine di enorme valore documentaristico per la Londra del tempo assistiamo a una corsa in autobus, a una fermata in una desolata stazione dei bus, e infine al loro appassionato amplesso sulla lapide di un cimitero.
Ma la ragazza nasconde dei segreti, degli inquietanti segreti. Infatti il giorno dopo...STOP.
Insomma, spero di avervi incuriosito con questa mia recensione, perchè la narrativa di Daphne Du Maurier è una delle più felici e raffinate di sempre, e i 4 volumi dei racconti editi dal saggiatore (tra l'altro a prezzi tra 9 e 10 euro, abbastanza onesti per i nostri tempi) sono assolutamente da leggere per ogni appassionato di Thriller e di avventure fantastiche “Ai confini della realtà”. Fidatevi.





(*SPOILER ) ; possibile che un marito che crede la moglie pura e illibata durante la prima notte di nozze non si accorga che..così non è? Vabbè che sono inglesi, ma insomma...

giovedì 13 giugno 2013

L’ANGOLO DELLE SEGNALAZIONI; GLI AGATHA CHRISTIE RITRADOTTI.



Apro un post una volta tanto non divulgativo, ma recentemente ho fatto una piccola ricerca su Agata Christie che vorrei condividere con voi.

Due mesi fa sono usciti 5 volumi di Agatha in un’edizione di pregio, e tra questi c’erano “L’assassinio di Roger Ackroyd” e “Asssassinio sull’orient-express”; ho fatto tanto d’occhi quando un mio amico mi ha segnalato che le traduzioni non erano le solite ufficiali di Alfredo Pitta e Giuseppe Motta, ma presentavano quelle più recenti e complete della Zazo e della Griffini.
 Credevo che queste fossero traduzioni nuove di zecca fatte apposta per dare lustro alla nuova collana, ma invece esse risalgono a una ventina di anni fa, ed erano state pubblicate in alcuni Omnibus mondadori ora piuttosto rari e costosi e pi, per misteriosi motivi editoriali, le edizioni Oscar Mondadori successive al restyling avevano comunque la traduzione vecchia.
Io mi chiedo; perché commissionare e pagare una traduttrice che svecchia e attualizza il testo, pubblicarlo solo su un omnibus a tiratura limitata e poi stop fino ad adesso? Non so rispondervi, siamo a livelli Beckettiani di assurdità.
Comunque sia come sia adesso le nuove traduzioni di due dei più importanti capolavoir di Agatha sono finalmente disponibili per tutti. A questo punto mi sono chiesto; avranno ritradotto anche altri testi,ci saranno anche altre opere della Christie finalmente più complete e fruibili?

La risposta è SI.

Grazie ancora a questo mio amico e dopo alcune ricerche in libreria, ho scoperto che la Mondadori ha pubblicato nella collana attualmente in libreria versioni ritradotte di;


-POIROT SUL NILO, trad. Maria Grazia Griffini
-SE MORISSE MIO MARITO, trad. Rosalba Buccianti
-LA SERIE INFERNALE, Maria Grazia Griffini
-LA DOMATRICE, trad. Maria Grazia Griffini
-LA PAROLA ALLA DIFESA , TRAD. Maria Grazia Griffini

NB ; non chiedetemi a quando risalgono perché non lo so.

Quindi ,sommati ad Acroyd e all’Orient-express, circolano almeno 7 romanzi ritradotti, e questo SENZA NESSUNA PUBBLICITA’ da parte della Mondadori; ma perché non mettere in copertina uno strillo che segnala la nuova traduzione?i li avrei comprati tutti al volo già da tempo se lo sapevo! Dispiace dirlo, ma  la politica Mondadori verso i gialli non è decisamente impeccabile( che rabbia anche i classici del giallo che continuano a ristampare in versioni mutilate….ma costerebbe proprio tanto integrare il testo?)  visto che non fanno o se fanno non lo fanno sapere. Bah.

Una parola su queste traduzioni nuove; vorrei che non crediate che fin a ora i romanzi succitati circolassero in versioni pesantemente tagliate o che; erano integrali,a parte Roger Ackroyd nel quale Motta tagliò una conversazione sulla coltivazione delle zucche ( e non fece nemmeno male)..e altri dialoghi,così come Orient-express risentiva ancora di alcune magagne dovute alla censura Fascista. No, queste traduzioni hanno più la finalità di svecchiare il testo che di integrarlo, quindi se non siete proprio puristi va bene anche se avete le vecchie edizioni; ma sto rileggendo la parola alla difesa Ritradotto…e che stile ragazzi! La Griffini è grandissima a rendere la musicalità della prosa della Christie, mentre la vecchia traduzione di Andri era più piatta e monotona. Intendiamoci,non ho nulla contro le traduzioni un pò arcaiche e piene di Toscanismi, ma sinceramente con il Restyling i testi sono molto più scorrevoli e fruibili, oltre che rispettosi della prosa originale dell’autrice.

E poi guardate che bella copertina la nuova edizione;



Come si fa a non prenderla?

Una richiesta a chi legge; se conoscete altri romanzi della Christie ritradotti, vi prego di segnalarli!.


Inoltre, già che sono qui, annuncio che la collana dei gialli del corriere della sera (tutti tratti dal catalogo Polillo)  è stata prolungata di altri 15 titoli! Una occasione ottima per reperire a 6,90 libri che a volte costano più del doppio.

Questo il link:


http://www.corriere.it/iniziative/giallicorriere//index.resources/bg-1.jpg


A risentirci per nuove News!!

martedì 11 giugno 2013

UN ECCELLENTE THRILLER DI JOSEPHINE TEY ; "IL RITORNO DELL'EREDE"

La riproposizione dei gialli di Josephine Tey da parte della Mondadori è stata una delle sorprese più piacevoli ma anche spiazzanti degli ultimi tempi; da molti anni non venivano riproposti autori di polizieschi nelle collane da libreria, visto che oltre alla Christie nella collana “oscar scrittori moderni” si trovano solo alcuni romanzi di Ellery Queen  (splendidamente ritradotti da Montanari), qualche Rex stout e le tre bare di Dickson Carr; veramente pochissime opere.

Josephine Tey

Quindi, quando lo scorso anno vidi ben 4 romanzi della Tey  editati contemporaneamente(e che romanzi;  la figlia del tempo, la strana scomparsa di Leslie, è caduta una stella e il ritorno dell’erede), pensavo di essere su scherzi a parte o in un episodio di “ai confini della realtà”; in ogni caso mi accaparrai subito quelli che non avevo, perchè li pensavo destinati ad esaurire dopo una sola edizione. Invece no,  per una volta il pubblico ha capito cosa comprare e un mesetto fa sono usciti altri due nuovi volumi,l’uomo in coda e sabbie che cantano; ragion per cui una buona parte della produzione migliore della Tey è attualmente reperibile con tutto comodo in libreria, segno che i miracoli a volte accadono.
DI questi sei romanzi cinque hanno per protagonista il simpatico ispettore Alan Grant, protagonista di romanzi dall’intreccio impeccabile e di eccezionale verve e brillantezza; credo che la Tey sia stata la scrittrice di gialli più dotata in senso artistico assieme a Ngaio Marsh e alla Sayers (quest’ultima però esagerava in descrizioni e minuzie), e se la Christie resterà sempre la più leggibile di tutte non ha mai avuto però la profondità artistica delle succitate.


L’unico romanzo dei sei in cui non compaia Alan Grant è lo straordinario “Il ritorno dell’erede” , un thriller senza personaggi fissi, un’opera unica sia nel cammino della scrittice che nella storia del giallo. Perchè l’idea geniale del romanzo è condurre la storia in modo “Hitchcockiano” anzichè puntare sul Whodunit, la classica risoluzione dell’enigma.
Mi spiego. La storia è semplicissima; un uomo si presenta alla magione degli Ashby sostenendo di essere Patrick, il figlio primogenito dato per morto annegato anni prima; dice che lui stesso aveva inscenato la propria morte per poter partire indisturbato e vedere il mondo, e poi ritornare con tutta calma a reclamare ciò che è suo, in quanto Patrick in vita era l’erede legittimo di Latchetts, la tenuta degli Ashby ; alla luce dei nuovi fatti rimarrebbe diseredato il secondogenito Simon, per anni ovviamente creduto legittimo erede. L a famiglia ovviamente è diffidente e non crede a una parola, ma il ragazzo sembra conoscere ogni cosa di ognuno degli abitanti della casa, per cui finiscono per convincersi, tranne Simon che sembra rimanesce scettico a oltranza...
Insomma, ci sarebbero tutti gli ingredienti per un mystery stile “è vero o non è vero che sia lui” ma invece non è così, alla Tey un tema simile doveva sembrare vecchio e logoro già nel 1949, anno di uscita del romanzo; no, dopo due pagine l’autrice ci informa che questo erede è solo un impostore; si chiama Brat, è un tizio qualsiasi che viveva di espedienti a New York ed è stato istruito per la parte si Patrick da uno zio degli Ashby, che così sperava di piazzarlo come erede e poi vivere comodamente tutta la sua vecchiaia grazie alla rendita  che Brat,come d’accordo,  gli avrebbe fatto pervenire. Vi ripeto, non è uno spoiler a tradimento, è solo l’inizio del romanzo; quindi quando la storia vera e propria decolla con l’arrivo del falso Patrick a  Latchetts  noi sappiamo già come stanno le cose, e la nostra domanda non sarà più “è lui o non è lui” ma “Riuscirà la famiglia Ashby a intuire la verità?”. Esattamente come in “Vertigo” di Hitchcock non ci importa il cosa ma COME  le cose si risolveranno, ed è questa la quintessenza della suspense pura.
Mi sono sempre stupito del fatto che proprio Hitch non abbia messo le mani su un libro tanto esplosivo e affine alla sua poetica( e la Tey la conosceva bene, avendo tratto da "è caduta una stella" il bellissimo film giovane e innocente);peccato, avrebbe fatto veramente faville una storia simile filmata dal maestro (invece ne venne tratto solo un film a budget limitato dalla Hammer), anche perchè questo romanzo riecheggia  le storie raffinatissime e sempre sospese sul filo dell’assurdo (ma poi non cadono mai, ve lo assicuro) della grande Daphne Du Maurier, autrice che Hitchcock amava e dai cui libri trasse ben 3 film (Rebecca, La taverna della Giamaica e Gli uccelli) ; quando nel 1957 la Du Maurier scrisse un romanzo abbastanza simile a questo per trama e atmosfera dal titolo “Il capro espiatorio”,e a parer mio tenne senz’altro conto della lezione della Tey... ma purtroppo Hitch non  filmò mai nemmeno quest’altro romanzo.
Anche perchè il maestro, suspense a parte, avrebbe trovato altri motivi d’interesse nel libro; ad esempio le dinamiche dei rapporti tra i familiari e di come vivono la notizia del ritorno dell’erede,con  la vecchia zia Ruth,attuale capofamiglia ( i genitori dei ragazzi sono morti entrambi, e fino ai 21 anni i ragazzi non potevano ereditare) che decide di credere a Brat-Patrick, Simon che davanti a tutti fa finta di crederci ma non si fida, le due piccole gemelle ultimogenite  che decidono di adorarlo come un fratellone e la “sorella”  ventenne  Eleanor che proprio non ispira sentimenti fraterni a Brat-Patrick, tanto da crearsi una situazione pericolosamente vicina all’incesto...ma da parte solo di Eleanor; Brat infatti sa benissimo che non ci sono legami tra loro e che potrebbe amarla, ed è questo dualismo continuo di vedute che fa grande e irripetibile questo romanzo, molto difficile da scrivere e invece portato avanti e risolto con una maestria impareggiabile; infatti anche il finale, del quale ovviamente non parlo, risulta bellissimo e perfettamente coerente al resto del libro.
Uno dei migliori Thriller attualmente reperibili in libreria, assolutamente imprescindibile. E e volete fino al 30 giugno 2013 la collana è scontata del 25%, quindi è una grande occasione di accaparrarsi tutti i volumi della Tey a un prezzo più abbordabile (o meno esoso, visto che i volumi costano 10 eurozzi l’uno).

INTRECCIO E SOLUZIONE FINALE;  10/10
-LEGGIBILITA’  10/10
-ATMOSFERA  9/10
-HUMOUR   9/10
-SENTIMENTO   9/10

MEDIA VOTO;   9,4

venerdì 7 giugno 2013

I RACCONTI POLIZIESCHI DI LUCIANA PEVERELLI E LA BREVE EPOPEA DEL “CERCHIO VERDE”


La prima fioritura del giallo all'Italiana (prima e unica, visto che poi i polizieschi di casa nostra si discosteranno sempre di più dai modelli del giallo classico all'inglese) fu breve ma intensa, nata come esperimento del regime fascista che provò, sulla scia del successo della collana dei libri gialli Mondadori, a creare un “buon prodotto nazionale” di letteratura di genere.
I buoni autori non mancavano; Su tutti Augusto de Angelis e Ezio d'Errico, tuttora molto leggibili (il primo ripubblicato meritoriamente da Sellerio, il secondo ormai un caro estinto)  poi altri discreti autori come Spagnol o Varaldo, e pochi altri ormai dimenticati. La gran parte della narrativa poliziesca Italiana si espresse però in racconti brevi, e venne perciò creata un'apposita rivista denominata “Il cerchio verde”, che presentava materiale sia Italiano che straniero; un vero e proprio “Black Mask” nostrano, che per il lettore dell'epoca doveva essere una vera delizia.


tipica copertina di un numero del "cerchio verde" . Fonte;fond. Franco Fossati.

Poi accadde che il regime, dimostrando la consueta coerenza e intelligenza, decise di...boicottare ciò che egli stesso aveva voluto creare, col discorso che gli Italiani erano un popolo troppo buono e giusto per contribuire alla creazione di letteratura tanto triviale e perversa, che apparteneva di fatto a gentaglia come quella della perfida Albione...insomma, fatto sta che la rivista chiuse dopo soli 3 anni.
Un personale giudizio sul giallo nostrano? Diciamocelo, gli Italiani non erano molto tagliati per questo genere letterario. Proprio come per le storie di fantasmi ci mancava il “Phisique du ròle” ossia non avevamo ne gli scenari goticheggianti che sono la quintessenza di tanti gialli dell'età d'oro, ne tanto meno una metropoli tentacolare e di variegata umanità come Londra o Parigi; la Milano di De Angelis è graziosa e interessante, ma quella di Scerbanenco era ancora assai lontana.
E poi oltre a questo ci mancava proprio la misura, il dosaggio della scrittura; come per ogni genere d'evasione gli autori nostrani scadevano ben presto nel melodrammatico e nell'enfatico, con una scrittura pesante, ridondante e senza traccia di humour,vecchiotta e stantia già al momento della pubblicazione; tanto per capirci sul finire dell'ottocento a rappresentare il romanzo giallo–gotico gli Inglesi avevano Wilkie Collins e noi Carolina Invernizio; Un discreto abisso di differenza,sia allora che adesso.
 In ogni caso la benemerita Sellerio (che ora ristagna tra Camilleri e i giallisti continentali, ma una volta aveva un catalogo coi fiocchi) pubblicò anni fa un volume intitolato “L'almanacco del delitto- racconti tratti dal cerchio verde” che raccoglie il meglio di quella breve esperienza editoriale. Visto che trovare una copia della rivista nelle bancarelle è ardua e costosa impresa, leggere questo libro,assieme a uno speciale del giallo curato da Orsi, è l'unico modo che attualmente abbiamo  di poter conoscere questi raccontini gialli all'Italiana.



 I racconti compresi nel volume sono numerosi, ma quelli che secondo me rendono meglio l'essenza della letteratura gialla dell'epoca sono i quattro della grande Luciana Peverelli, scrittrice Torinese ormai dimenticata che però è stata una delle più prolifiche e vendute autrici Italiane del secolo scorso.
Maestra del romanzo rosa, grande dama dei sentimenti che all'epoca furoreggiava assieme ad altre scrittrici come Willy Dias, Wanda Bontà e naturalmente Liala; autrici ormai etichettate come patetiche pennivendole, hanno scritto centinaia e centinaia di romanzi nei quali sospiravano e piangevano tutte le Italiane (alfabetizzate) del tempo, dalle portinaie fino alle damine di buona famiglia; voci di un'epoca che non dovrebbero essere mai dimenticate, non fosse altro per avere un coerente ritratto di ciò che eravamo.


Due immagini di una giovane bella Luciana Peverelli;fonte Fond. Franco Fossati

Alla Peverelli sono legato affettivamente pur senza aver mai letto nulla oltre a questi raccontini gialli, perchè mio nonno mi raccontava sempre che durante le veglie dopo il raccolto leggeva alle ragazze del posto riunite in cerchio attorno al fuoco un suo libro intitolato “Profumo di violette”. Dopo tanti anni ricordava ancora il titolo e le contadinelle che lo ascoltavano rapite (decisamente altri tempi), e si rammaricava sempre di aver perduto il libro chissà dove; vorrei aver fatto in tempo a regalargliene una copia io.
Ok, scusate. Dicevo di questi racconti gialli della Peverelli; più che di giallo è meglio parlare di thriller, visto che in poche pagine vanno in scena bizzarre e grandguignolesche vicende volte a fare sensazione più che a presentare superbi enigmi da risolvere; ma va bene così, visto che ci si diverte non poco a leggerli.
I primi due sono impagabili; “Innocenza” è un buon Whodunit dove una ragazza innocente viene salvata nientemeno che da un piccolo “freak”, considerato da tutti un piccolo mostro ma che con la sua testimonianza riesce a far risolvere il caso. “La villa segreta” invece, il più suggestivo della quaterna, è ambientato in Giappone (!) e racconta una foschissima storia di gelosia e malattia, davvero molto suggestiva. Ambientata in un imprecisato oriente è anche “La Naja”, dove per naja non si intende la leva militare ma un velenosissimo serpente, che il protagonista si ritrova nella sua camera a seguito del tradimento da lui perpetrato verso una vendicativa indigena; la sua lotta col rettile è narrata con un superbo senso del suspense.
In “Tradimento” si ritorna nella tranquilla provincia Italiana, dove due donne si accusano a vicenda dell'infanticidio di un neonato, figlia di una delle due; ma il colpevole sarà un altro ancora.
Insomma, in questi quattro racconti della Peverelli, come in tutti gli altri della raccolta, si ritrovano tutti i difetti tipici del giallo all'italiana, ma per fortuna nella distanza breve, nella quale gli orpelli non trovano spazio, riescono ad emergere anche tutti i pregi, ossia una fantasia sbrigliata che coniuga varie correnti del poliziesco con effetti a volte quasi grotteschi ma di sicuro effetto, che finiscono col divertire proprio per la loro eccentricità. Letture molto gradevoli per una serata decisamente diversa; non si vive di sola Agatha Christie.

Il volume è attualmente nel catalogo dei Reimanders, il che significa che lo si può recuperare su IBS a un prezzo stracciato ma che sta per andare esaurito, quindi nella remota ipotesi in cui tutto questo possa interessarvi vedete di sbrigarvi a comprarlo.

lunedì 3 giugno 2013

NONSOLOGIALLO ; “ LA STORIA DI UNA BOTTEGA” DI AMY LEVY





La  casa editrice Jo March è uno di quei piccoli miracoli che nella sempre più povera editoria odierna sono ormai rari; voluta da due giovani donne intelligenti e di gran gusto letterario, esordirono con la pubblicazione di un vero capolavoro dell’ottocento Inglese mai tradotto prima, ovvero “Nord e sud” di Elizabeth Gaskell; lo scorso aprile è uscito il secondo volume della collana denominata Atlantide, che a quanto pare propone e proporrà in futuro titoli di autori Inglesi dell’epoca vittoriana che per qualche misterioso motivo sono stati finora snobbati nel nostro paese. Questo libro si intitola “Storia di una bottega” ed è uno dei romanzi più freschi e garbati che si possano leggere. Non si può definire  un capolavoro assoluto come North and South perchè non è il prodotto di una scrittrice già esperta e padrona della propria arte ma fu invece scritto da una giovanissima autrice Inglese di origine ebraiche di nome Amy Levy, la quale purtroppo morirà suicida a soli ventisette anni, schiacciata da tormenti derivati da pulsioni e convinzioni troppo forti per l’epoca bigotta e puritana nella quale si era trovata a vivere.


Amy Levy


Il romanzo è una splendida ed emozionante storia di donne, ossia di  quattro giovani sorelle di ottima famiglia che dopo la morte del padre si ritrovano orfane, povere e sole, visto che un’anziana e biliosa zia che intenderebbe tiranneggiarle e piegarle al suo volere non credo si possa definire esattamente una compagnia. Per far fronte ai loro gravi problemi economici decidono non di sposare il primo che capita o andare ospiti da parenti facoltosi, ma decidono bensì di aprire una bottega di fotografia e di guadagnarsi il pane da sole, contro tutto e tutti. Ovviamente quasi nessuno le capisce ; c’è chi le compatisce, chi le critica e chi fa illazioni più o meno esplicite sulla condotta immorale che la loro condizione di donne lavoratrici e indipendenti avrebbe presto fatto loro intraprendere.
Ma nonostante tutto vanno avanti, e pur tra mille stenti riescono a farsi strada e a imporsi. Motore e anima di questa riuscita è la secondogenita Gertrude, una giovane donna  di 23 anni che è un  pò la Jo March delle sorelle, fiera, risoluta e determinata, che guiderà in modo affettuoso ma fermo le altre tre sorelle nella loro avventura come giovani imprenditrici in un mondo,quello degli affari nella Londra del tempo, dominato da uomini perlopiù senza scrupoli.
Il romanzo però abbandona ben presto i dettagli tecnici della professione per raccontare la vita interiore delle sorelle; la primogenita Fanny(in realtà figlia di primo letto del signor Lorimer e quindi sorellastra delle altre) è una trentenne ormai sfiorita e sfiduciata che vive nella luce riflessa delle sorelle; la pratica e risoluta Lucy, una bella ragazza di vent’anni che assieme a Gertrude manda avanti la bottega con solerzia e determinazione ma che molto più della sorella maggiore saprà fare luce nei suoi sentimenti al momento giusto; e Phyllis, la piccolina vezzeggiata da tutte loro, una splendida diciassettenne di una bellezza perfetta e naturale che in un vestito liso e consunto riesce a far sfigurare qualsiasi altra ragazza abbigliata di tutto punto. Phyllis, più frivola e sensibile delle altre, avrà una vita e un destino simile a quello delle farfalle.
Attorno alle sorelle Lorimer e alla loro bottega si muovono altri personaggi  altrettanto ben caratterizzati; il giovane artista; gli amici di una vita Conny e Fred Devonshire, il giovane artista Frank Jermyn, il pittore dandy e cinico Sidney Carrol, il ponderato e riflessivo Lord Watergate; questi uomini in un modo o nell’altro saranno decisivi per il destino delle quattro sorelle, che al momento giusto sapranno quando seguire i moti del cuore o quelli della ragione.
Tra liti, riconciliazioni, morti vere o presunte, funerali e sospirati matrimoni  la storia si avvia a un finale dolce, malinconico e perfettamente compiuto; non si poteva davvero immaginare un epilogo più soddisfacente e pertinente.
 Da un punto di vista stilistico, l’opera presenta alcuni difetti derivati perlopiù dalla giovane età della scrivente, ma d’altro canto ha una freschezza e una forza che può derivare solo da un talento acerbo ma appassionato (e innegabile) che racconta le vicende delle quattro protagoniste con un ardore e una partecipazione tali che talvolta la penna pare acquistare vita propria e tralasciare ogni dettaglio per arrivare al nudo fatto, e forse si può  imputare a quest’opera una certa scarsità nella cura dei dettagli; avrei voluto saper emolto di più della vita precedente delle quattro sorelle Lorimer, della società in cui si muovevano, delle tecniche fotografiche del tempo (cose sempre interessanti) o anche solo di cosa amavano fare nel tempo libero; ma  all’autrice tutto questo non pareva interessare, smaniosa di arrivare alla sostanza; un libro scritto col cuore ancora prima che con la mente. Talvolta ho pensato che in mano a una scrittrice più esperta (ad esempio la Alcott) una storia simile avrebbe potuto essere valorizzata al massimo, ma forse mi sto sbagliando, forse la storia è bella proprio perchè è narrata in modo svelto e agile.
In ogni caso l’eccellente resa del testo è direttamente proporzionale all’ottima traduzione, opera delle due stesse curatrici della casa editrice. Inoltre impreziosiscono non poco il testo le frequenti note a piè di pagina, che chiariscono al lettore molti dei nomi e delle citazioni che senza una guida apposita potevano passare inosservate; la cura editoriale di un prodotto si vede da molti dettagli, compreso questo.
Poi è assolutamente da applausi la splendida foto di copertina, così come la rilegatura  e la grafica di alta qualità ; il tutto per soli 12 euro,una cifra onestissima se si pensa che la Mondadori ne chiede 16 per un raccontino di Camilleri scritto con caratteri per ipovedenti pur di raggiungere le pagine necessarie a farlo passare per un romanzo.
Insomma ,non solo un grande romanzo, ma un gradevolissimo oggetto che fa una splendida figura nella propria biblioteca personale. Intelligenti pauca; non tergiversate e ordinatelo.
Da parte mia ho compiuto con estrema soddisfazione il cammino assieme a queste adorabili  piccole donne (riferimento al capolavoro della Alcott non casuale, anche se in realtà le sorelle Lorimer sono molto più pratiche e intraprendenti delle sorelle March, pur avendo la stessa eccezionale sensibilità d’animo) , e pur non essendo un tipo facile alla commozione in certi passaggi ho avvertito un qualcosa di molto vicino al groppo alla gola,sia nel dramma che nelle situazioni più liete.
Quando si chiude il libro lo si fa con la consapevolezza di aver perso delle amiche, che però resteranno sempre li, tra queste pagine fatate, ad aspettarci per un altro viaggio in loro compagnia, viaggio che intendo intraprendere entro poco tempo, visto che conoscendo già la storia posso leggere con più calma e gustarmi sfumature e finezze letterarie sfuggitemi a una prima lettura . Sognatori e sognatrici,romantiche e romantici, non fatevi scappare questo piccolo grande gioiello finalmente edito anche in Italia.