lunedì 26 gennaio 2015

I "DELITTI EDITORIALI” DI SETTANT’ANNI DI GIALLO MONDADORI; OVVERO SPIETATO VADEMECUM SU COME MUOVERSI TRA MILLE RISTAMPE MUTILATE.


 
Come è giusto che sia, ognuno ha i suoi gusti e le sue preferenze, e non voglio assolutamente contestare giudizi discordanti dal mio, ma per quanto mi riguarda sono pienamente in disaccordo con chi sostiene che l’epoca d’oro della collana del giallo Mondadori è stata quella sotto la direzione di Alberto Tedeschi, figura che per molti appassionati è intoccabile. Forse perché in Italia le “alte cariche” col passare delle generazioni conquistano un’aura quasi leggendaria che ne porta all’apologia immediata e acritica, fatto sta che per me il periodo meno felice dei GM, ben peggiore della criticata gestione attuale, fu dal dopoguerra agli anni ottanta, ossia corrispondente proprio alla gestione Tedeschi.

Certo, in quegli anni uscivano tanti bellissimi titoli, ma negli anni cinquanta molti dei grandi erano ancora in piena attività, ed era facile far bella figura con materiale di prima scelta (anche se comunque inferiore a quello della golden age) disponibile fresco e sul momento. Che oggi non ci siano  più i grandi come la Christie,Carr,  Ellery Queen,  Woolrich, Chase, Gardner e  Ross Macdonald non è certo colpa dell’attuale redazione, che anzi ultimamente fa i salti mortali per offrirci ogni mese 4 libri che cerchino di accontentare il più possibile tutti i giallofili, dal purista che ama solo i classici fino a colui che vorrebbe solo thriller efferati contemporanei.

Quindi, si aveva buon gioco nel gestire una collana paragonabile a una vena d’oro appena scoperta. Però ogni volta che sento magnificare il vecchio e caro GM di una volta resto perplesso; se lo si fa per pura e semplice affezione o per le spendide copertine illustrate (altro che le orrende foto di adesso...) lo posso ben capire, ma se invece si pensa razionalmente a come veramente era gestito il tutto c’è solo da sconfortarsi.

Quando infatti il Giallo Mondadori ricominciò a pubblicare nel 1946 ripartendo da 1 e con una veste editoriale stile "rivista" , i lettori non si trovarono più di fronte agli eleganti volumi rilegati e con sovraccoperta che  davano al genere una dignità mai più ritrovata fino all’avvento dei Bassotti Polillo, ma a volumetti smilzi, poco attraenti, stampati su due colonne e con copertine, una volta esaurite quelle di Tabet rimaste in archivio, bruttine e approssimative (per fortuna arrivò ben presto Carlo Jacono). Ma nei primi anni del secondo dopoguerra la sciatteria editoriale era in fondo perdonabile non fosse altro che per la scarsità di materie prime, ma invece col passare degli anni e il ritorno a condizioni più floride per il paese la collana peggiorò invece sempre più, fino a diventare, nell’epoca del boom, una vera e propria rivista dove il testo era intervallato da frequentissime illustrazioni pubblicitarie, e per fare entrare queste ultime in un numero di pagine che più o meno era sempre il medesimo a farne le spese era il testo stesso, mutilato spietatamente.

Giallo nuova serie n. 9, poi per fortuna ritradotto negli anni novanta da Boncompagni.
 
 
E poi anche  le scelte dei titoli proposte erano in fondo abbastanza mediocri per il classicista magari abituato bene con le palmine; nel comprensibile filo-americanismo sviluppatosi nel paese dopo l’intervento alleato gli autori Statunitensi presero decisamente il sopravvento, l’Italiano medio andava in visibilio per qualsiasi cosa parlasse di America ed ecco quindi tonnellate di Hard Boiled che adesso sono datatissimi, tanto che molti titoli non si ristampano quasi più.

Per gli amanti del poliziesco classico c’era la Christie (che mai, grazie al cielo, fu messa in discussione) Quenn, Carr poco e male perché a Tedeschi non piaceva molto (argh) e praticamente la totale assenza, cosa fastidiosa e incomprensibile che non siamo riusciti a superare nemmeno adesso, di titoli che non fossero di origine Anglosassone; certo, qualche eccezione “Latina” c’era (Endrebè, Ciabattini, altri Italiani dei quali non è rimasta traccia) ma erano veramente gocce in un mare di English.

Quindi la verità è che per decenni si sono avuti titoli spesso bruttini, sforbiciati da traduttori che ai vari Pitta, Taddei e Giardini non legavano nemmeno le scarpe, intervallati da un mucchio di pubblicità, e mediocri a livello editoriale. Le copertine di Jacono erano splendide, ma è l’unica cosa positiva che riconosco.


 
Due esempi della collana "incriminata"
 
 
Ma il “delitto” peggiore (visto che si parla di gialli…) compiuto dalla redazione del tempo  fu di editare, a partire dagli anni cinquanta, la collana “I capolavori dei gialli Mondadori”, quella per intendersi col bordo rosso, che riproponeva perlopiù palmine…ma fortemente mutilate rispetto alla vecchia edizione, anche in questo caso per contenere i costi e far entrare la pubblicità nel testo; quindi se pensate di comprare un volume della collana, che so un Edgar Wallace o anche titoli come “L’ultima sera” di Wade o “L’ospite misteriosa” di Goodwin,  pensando di essere furbi perché costano meno e si trovano meglio della Palmina, allora sappiate che prenderete un’edizione fortemente tagliata. Certo, i nomi originale erano ripristinati e qualche termine desueto corretto, ma se ne andavano via pagine su pagine.

E il grosso problema derivato dalla scellerata gestione di questa collana è che quando nel 1967 partì quella dei “Classici del giallo” che dura ancora adesso molti dei titoli d’antan che vennero riproposti erano ripresi non dalla palmina ma dai capolavori, quindi ci si ritrovava il testo mutilato in una ulteriore edizione; se non credete a quello che dico, confrontate palmine come “La porta delle sette chiavi” di Wallace o “La polizia in casa” della Allingham coi volumi riproposti nei classici; manca almeno un quarto del testo.
 
Quindi, riassumendo, per non pochi titoli abbiamo avuto questa sorte;
1-PRIMA EDIZIONE, INTEGRALE O QUASI, NELLE PALMINE.
2- RISTAMPA CON TESTO ANNI TRENTA TAGLIUZZATO NEI
CAPOLAVORI DEL GIALLO.
3- NUOVA RISTAMPA NEI CLASSICI DEL GIALLO, CHE RIPRODUCEVA LA VERSIONE RIDOTTA USCITA NEI CAPOLAVORI.
 


Altri titoli che è meglio evitare; delle Tre meduse è bene cercare la Palmina, del Carr la nuova traduzione della Francavilla. Diffidare sempre delle traduzioni anonime, da leggere solo in mancanza di alternative.
 

Ma un giorno, sul finire degli anni settanta, il regno di Tedeschi e c. ebbe termine, e subentrò la redazione che ha fatto VERAMENTE la fortuna di noi giallofili, ovvero grandi esperti come Gian Franco Orsi, Ida Omboni, Laura Grimaldi, Lia Volpatti e Oreste del Buono (e scusate se per mancanza di fonti dimentico altri collaboratori)che  dette origine alla stagione più gloriosa per gli amanti dei classici del giallo; la redazione  cercò infatti, fin da subito, di riparare agli scempi editoriali dei decenni passati, e ristampò con nuove traduzioni integrali  quasi tutta l’opera di Agatha Christie, John Dickson Carr, Ellery Queen, Dorothy Sayers, Margery Allingham, Rex Stout e molti dei migliori Edgar Wallace. E inoltre, altra cosa assai importante, cominciò a riproporre autori della Golden age come Crofts, Blake e Wade, sepolti nell’oblio da decenni; il tutto continuando a soddisfare, nella collana del giallo inedito, tutti gli appassionati di altri tipi di poliziesco.

Dopo il cambio dei redazione, a metà anni novanta, la collana si ridimensionò decisamente, ma pur tra alti e bassi non siamo mai più scesi ai livelli della gestione dei decenni precedenti. Peccato che certi autori, come Gardner o la Eberhart, non siano mai più stati ritradotti, la strada era stata tracciata e anche percorsa a lungo, ma di lavoro ce n’era da fare ancora tanto.

Con questo, concludo che questo mio articolo non vuole assolutamente essere offensivo o mancare di rispetto alla memoria di Alberto Tedeschi e dei suoi collaboratori dell’epoca; Tedeschi era un esperto impareggiabile e un traduttore di prim'ordine, nessuno lo può negare, e non si può certo imputare solo a lui la sciatteria editoriale della collana durante la sua gestione, ma se si vuole collezionare gialli in modo serio e filologico occorre ribadire in tono fermo e deciso che, per quanto riguarda gli autori fondamentali,  è meglio evitare le edizioni uscite dal 1946 agli anni ottanta, e puntare decisamente ai titoli usciti durante la gestione Orsi-Grimaldi. Lo so che per gli esperti queste sono ovvietà, ma io prima di sapere queste cose ho comprato moltissimi “capolavori dei gialli” tagliati senza il minimo sospetto, e solo col tempo mi sono reso conto della verità. Spero che altri, leggendo questo post, non incappino nel mio stesso errore o perlomeno correggano il tiro.

 

 

venerdì 9 gennaio 2015

INVITO ALLA LETTURA DI PATRICK QUENTIN (ALIAS Q. PATRICK, ALIAS JONATHAN STAGGE)


 

Ho deciso di iniziare il 2015  rispolverando la mia collezione (completa, a parte l’introvabile Caso Cragge) di una delle grandi firme della letteratura poliziesca, e forse la più sottovalutata in assoluto; quella di Patrick Quentin.

Dunque, prima di parlare di Quentin va obbligatoriamente fatta una precisazione, nota a molti ma forse non a tutti; Patrick Quentin non è mai esistito, in quanto esso era solo lo pseudonimo con cui si firmavano due autori, gli Inglesi Webb e Wheeler, che nei primi anni furono coadiuvati da altre due autrici donne (Martha Mott Kelley, con la quale Webb firmò il primissimo romanzo,  e Mary Louse Aswell )  ma che poi, dopo lo spartiacque “Manicomio” si divisero da soli l’onore e l’onere di proseguire il cammino tracciato, almeno fino al 1952, anno in cui Webb lasciò per motivi di salute e i romanzi successivi furono scritti dal solo Wheeler. Uno pseudonimo, quindi, come per Ellery Queen; ma se Lee e Dannay erano complementari e fondamentalmente inscindibili (almeno nei primi anni) Webb e Wheeler invece non lo sono, in quanto hanno prodotto il corpus più variegato dell’intera storia poliziesca; nei loro romanzi e racconti, scritti dal 1931 al 1965, sono infatti riusciti nell’impresa di esplorare ogni singolo elemento del poliziesco, ogni  sottogenere di esso, ogni luogo comune, ogni topos; dai primi due romanzi rigorosamente classici, all’hard boiled nerissimo di Controcorrente, alla suspense spasmodica stile Woolrich di Soluzione estrema e Le rose volanti, al cupo studio sulla violenza e sul sadismo di Presagio di morte, al giallo psicologico dello splendido Il segreto della morte,  fino alle atmosfere Carriane dei libri a firma Jonathan Stagge. Particolare curioso, pur se gli autori erano Inglesi purosangue tutti i loro romanzi, eccetto il primo, sono ambientati negli States, paese d’adozione di Webb e Wheeler, anche se in certi casi, come “Troppe lettere per Grace” e “E i cani abbaiano” le atmosfere sono tanto British da risultare più vere del vero.

Ma non solo Quentin (per comodità ne parlo come fosse un vero e unico autore) riusciva a offrire ai lettori ogni sfaccettatura del genere poliziesco, ma lo faceva con leggerezza,  amalgamando i vari ingredienti in modo mirabile; non troverete infatti mai, nei suoi romanzi, la staticità e la lentezza di Queen o di Van Dine, ne le situazioni sempre sul filo dell’impossibile di Carr, ne i manierismi e i dialoghi omologati della Christie; o meglio, troverete tutto questo, ma mescolato con altre tonalità e altre sfumature, per una riuscita finale che forse non sarà di impatto come in un autore che ha un proprio stile inconfondibile, ma lascia sempre soddisfatti; infatti, se nessun romanzo di Quentin viene ricordato dai giallofili come un capolavoro assoluto del genere,  quasi tutti i suoi lavori sono però considerati ottimi, o comunque più che buoni. Certo, i libri poco riusciti (Il limite del furore, Delitto al club delle donne, Vacanze all’inferno) ci sono, ma sono certamente di più i titoli degni di nota.

Prima di addentrarci più in specifico nell’opera dell’autore, occorre precisare che ad oggi Quentin rimane uno degli autori più penalizzati dalle traduzioni; solo pochissimi romanzi sono stati tradotti e ritradotti in anni recenti, la grande maggioranza del corpus uscì infatti nei primi anni cinquanta, un’epoca in cui uscivano traduzioni anonime e spesso incomplete e piene di errori. Purtroppo i libri di Quentin non rientrarono nemmeno nel pregevole progetto di ri-traduzione dei grandi del genere avviato sotto la gestione Orsi – Grimaldi, e se tanti Queen, Stout, Christie, Carr e Sayers sono stati “salvati” , Quentin non usufruì o quasi del trattamento di favore. Però tengo a ribadire la grande leggibilità dell’autore, sia esso tradotto integralmente o meno; perfetti per essere letti in treno, o durante una veglia all’ospedale, nei romanzi di Quentin è  raro imbattersi in sequenze pesanti o impegnative; questo non sarà indice di grande letteratura, ma a me che spesso leggo da pendolare o in momenti di stanchezza, questo non può essere che un valore aggiunto.

Nei suoi 35 romanzi, un’opera di tutto rispetto, vi sono alcuni personaggi ricorrenti, che non hanno la fama di un Poirot o di un Perry Mason ma sono comunque conosciuti e amati dai giallofili.

Il personaggio senz’altro più noto di Quentin è Peter Duluth, il regista teatrale con il talento per l’investigazione che fin dalla sua prima apparizione, nel romanzo “Manicomio” del 1936, si trova a essere quasi sempre vittima e investigatore al tempo stesso; infatti Duluth viene presentato al lettore come un paziente di una clinica neuropsichiatrica che cura anche gli alcoolizzati cronici, categoria di cui Duluth fa parte da anni, dopo il trauma conseguito all’incendio del teatro nel quale aveva trovato la morte sua moglie Magdalene. Nell’istituto, oltre a risolvere il mistero di una serie di morti apparentemente inspiegabili, incontra colei che sarà il suo grande amore, ovvero Iris Pattinson, una ragazza bellissima che pian piano diventerà, sotto le mani sapienti del marito, una vera diva prima teatrale e poi cinematografica.

Peter e Iris Duluth rappresentano senz’altro la più bella coppia del giallo classico, il cui rapporto si snoda in più romanzi dove i due conosceranno anche le difficoltà, il tradimento reciproco, il male di vivere; un romanzo dalle atmosfere crepuscolari e decadenti come “Fiesta di morte” è anche uno dei più eccellenti studi sul rapporto di coppia mai letti su un libro giallo.

Nel ciclo che vede protagonisti i coniugi Duluth non va certo dimenticato il tenente Trant, abile segugio e in più occasioni “spalla” ideale del protagonista.

L’altro personaggio ricorrente dell’autore è il dottor Hugh Westlake, protagonista di tutti i libri a firma Jonathan Stagge;  ma, come per Peter Duluth con Iris, anche Westlake è inscindibile da un altro personaggio, ovvero la piccola adorabile Dawn, la figlia undicenne del dottore; è proprio la vivace,intelligente e talvolta birbante ragazzina che, involontariamente o meno, fornisce al padre indizi fondamentali per aiutare l’ispettore Cobb (figura speculare a Trant) a risolvere misteri di stampo più classico e goticheggiante. E Dawn è il personaggio della serie a cui ci si affeziona senz’altro di più, anche se purtroppo negli ultimi romanzi la sua figura diventa piuttosto marginale; e dico “purtroppo” perché Dawn è un poco la figlia che vorrei avere, pur con tutta la sua carica pestifera.

Una buona metà circa (17 su 35) dei romanzi di Quentin non presentano personaggi fissi, ma non per questo sono meno interessanti.

 

Segue l’elenco completo dei romanzi dell’autore;

 

ROMANZI SCRITTI COME Q.PATRICK

 

1-                     TE’  E  VELENO (Cottage sinister, 1931)

2-                     DELITTO AL CLUB DELLE DONNE (Murder at the Women’ City club,1932)

3-                     DRAMMA UNIVERSITARIO (Murder at Cambridge,1933), o PRIMA CHE IL TEMPORALE FINISCA (Murder at the Varsity,1933)

4-                     IN CROCIERA COL DELITTO (S.S. MURDER, 1933)

5-                     PRESAGIO DI MORTE (The grindle night mare, 1935)

6-                     LA MORTE FA L’APPELLO (Death goes to school, 1936)

7-                     IL SEGRETO DELLA GRANDE CLARA (Death for dear Clara)

 

8-                     IL CASO CRAGGE (The file of Claudia Cragge, 1938)

 

Non un vero romanzo ma piuttosto una ricostruzione di un caso giudiziario. Vero pezzo da collezionismo, uscito nel 1986 nella collana “dossiers gialli”, fortunato chi lo possiede.

 

9-                     TROPPE LETTERE PER GRACE (Death in the maiden, 1939)

 

10-                LA CASA DELL’URAGANO  (Return in the scene, 1941)

 

11-                SOLUZIONE ESTREMA (Dnger next door, 1952)

 

 

ROMANZI SCRITTI COME PATRICK QUENTIN

 

-                         I ROMANZI CON PETER DULUTH;

 

1-                     MANICOMIO (A puzzle for fools, 1936)

2-                     LO SPECCHIO STREGATO (Puzzle for players,1938)

3-                     LE ROSE VOLANTI (Puzzle for puppets,1944)

4-                     LA SORTE SBAGLIO’  TRE VOLTE (Puzzle for wantons,1945)

5-                     CERCO ME STESSO (Puzzle for fiends, 1946)

6-                     FIESTA DI MORTE (Puzzle for pilgrims, 1947)

7-                     IL POZZO DEI SACRIFICI (Run to death, 1948)

8-                     IL SEGRETO DELLA MORTE (Black widow, 1952, ultimo romanzo a firma doppia)

9-                     MIO FIGLIO L’ASSASSINO (My son, my murderer, 1954)

 

-ROMANZI SENZA PERSONAGGI FISSI;

 

1                       VACANZE ALL’INFERNO (The follower, 1950)

2                       E TUTTO FINIRA’ (The man with two wives, 1955)

3                       IL LIMITE DEL FURORE (The man in the net, 1956)

4                       DA’ UNA SPINTA AL DESTINO (Suspicions circumstances,1957)

5                       OMICIDIO DI GALA (Shadow of guilt, 1959)

6                       CONTROCORRENTE (The green- eyed monster, 1960)

7                       UN VELO SUL PASSATO (Family skeletons, 1965)

 

-I ROMANZI A FIRMA JONATHAN STAGGE (tutti con protagonista il dottor Hugh Westlake)

 

1-       E I CANI ABBAIANO (Murder gone to earth, 1936)

2-       LA BUONA MORTE (Murder of mercy, 1937)

3-       SCRITTO TRA GLI ASTRI (The stars spill death, 1939)

4-       SE CI SEI BATTI UN COLPO (Turn of the table,1940)

5-       CHIAMATE UN CARRO FUNEBRE (The yellow taxi, 1942)

6-       TRE CERCHI ROSSI (The scarlet circle, 1943)

7-       QUELLE CARE FIGLIOLE (Death my Darling daughters, 1945)

8-       DOLCE, VECCHIA CANZONE DI MORTE (Death’s old sweet song, 1946)

9-       LE TRE PAURE (The three fears,1949)

 E qualche bellissima copertina di Jacono ( a parte l'ultima, di Oliviero Berni);
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 

Come già precisato, molti titoli li ho letti molti anni fa e per una valutazione critica attendibile dovrei rileggerli; in ogni caso ho scelto cinque romanzi che per me sono imperdibili, dei veri must.

 

TROPPE LETTERE PER GRACE; Uno dei capolavori assoluti dell’autore, un testo  raffinatissimo che è al tempo stesso un romanzo impeccabile e uno degli ultimi esempi di grande giallo classico. Da non perdere, e da leggere solo nell’edizione integrale del classico del giallo n. 741.

 

DRAMMA UNIVERSITARIO/ PRIMA CHE IL TEMPORALE FINISCA ;

Godibilissima avventura poliziesca, scritta dal solo Webb, ambientata tra i giovani di Cambridge, un plot avvincente, romantico e con un tocco di gotico che risulta una vera chicca.  Il problema di questo romanzo è che ne esistono già in originale due versioni con titolo diverso, e sono state entrambe presentate in Italia; la prima è stata editata nelle palmine con la traduzione di Cesare Giardini, e la seconda, con traduzione anonima, nel 1996. Io le ho entrambe e le ho confrontate; le due versioni non differiscono di molto, una vale l’altra.

 

MANICOMIO; L’indimenticabile esordio di Peter Duluth. Ci volle coraggio da parte di Webb e Wheeler, ancora in piena golden age, nel presentare un detective dilettante che fosse del tutto diverso dai superuomini allora in voga; Duluth non è un gentiluomo di maniere affettate insensibile alla sensibilità altrui, è invece un regista teatrale in cura in una clinica per disintossicarsi dall’alcool, malato tra i malati. E questo primo inquietante caso, una serie di omicidi dai risvolti decisamente sinistri commessi all’interno della struttura (microcosmo reso in maniera davvero splendida), risulta avvincente e davvero molto interessante. Uscito originariamente tra le palmine, tradusse splendidamente Giuseppina Taddei.

 

IL SEGRETO DELLA MORTE;  Forse il romanzo più bello e maturo del duo Webb-Wheeler, una storia labirintica e angosciosa dove Duluth si trova a vestire i panni Hitchcockiani dell’uomo innocente ingiustamente accusato, e sarà più l’amore di Iris che non il lavoro di Trant a tirare fuori Duluth dai guai e smascherare un diablico omicida.

 

E I CANI ABBAIANO; l’esordio del dottor Westlake è anche un bellissimo e cupo romanzo dai toni gotici e Carriani, emblema perfetto della serie a firma Stagge. Fa da contraltare alla cupezza il dolcissimo rapporto tra Westlake e la figlia Dawn, autentico raggio di sole nella narrativa poliziesca.

 

Questi i miei cinque preferiti, ma l’opera di Quentin conta altri romanzi imperdibili come Presagio di morte, In crociera col delitto, Controcorrente, La casa dell’uragano, Dolce vecchia canzone di morte, Fiesta di morte, Cerco me stesso: e aggiungiamoci anche Scritto tra gli astri, ristampato questo mese nei classici del giallo; per un neofita di Quentin, un’ottima occasione per iniziare la scoperta di questa firma unica e inimitabile.