martedì 28 giugno 2016

"GARDENIA BLU" DI FRITZ LANG.

Non si parlerà mai abbastanza del genio di Fritz Lang, il grande maestro dei film neri. Non noir, intendiamoci, neri, che è diverso.
Del Lang regista ne parlerò più approfonditamente in un articolo che sto preparando e spero uscirà a breve, in questo caso analizzerò un suo solo film divertendomi a paragonarlo a quelli di Hitchcock, in quanto "Blue gardenia" è il solo titolo di Lang che possa veramente essere definito Hitchcockiano, nonostante molti appassionati vedano molte più affinità tra i due maestri del cinema, affinità più presunte che reali, come vedremo.

Innanzitutto, una doverosa precisazione; anche se per gran parte della carriera entrambi lavorarono a Hollywood, i due registi erano profondamente europei, però Hitchcock era Inglese e Lang Austriaco, due modi assolutamente differenti di intendere lo spettacolo, l'intrattenimento e il cinema stesso.

Entrambi cominciarono nell'epoca del muto, ma se Hitchcock cominciò, come la maggior parte dei registi, con opere di budget modesto, Lang invece seppur molto giovane diventò uno dei registi di punta della grande stagione dell'UFA, ossia la casa di produzione Tedesca che ha regalato al cinema un bel mucchio di capolavori immortali. Hitchcock aveva come attori onesti mestieranti del teatro Inglese, Lang i migliori dell'epoca, i film di Hitchcock duravano poco e quelli di Lang erano dei Kolossal anche oltre le tre ore (e alcuni di essi, va detto francamente, sono oramai faticosamente vedibili) situazione che si ribalterà in pieno nella loro maturità, quando Hitch ebbe il meglio del meglio e Lang budget sempre più risicati, riuscendo però lo stesso, talvolta, a eguagliare se non superare il maestro Inglese. Ma quella tra Lang e Hitchcock è, come ribadito, una partita che non ha molto senso giocare, perchè le loro affinità si limitano al genere trattato, ma la poetica era del tutto diversa; il tema portante dei film di Hitchcock è quello dell'innocente ingiustmente accusato che si discolpa da solo o dell'eroe per caso che esce vittoriosamente da un ingranaggio nel quale si è trovato inaspettatamente; mentre la tematica Langhiana è quella che ognuno di noi possa essere un assassino potenziale,  sia ciò per deliberato calcolo o solo accidentalmente; nei film di Lang non ci sono eroi, semplicemente perchè il regista esclude la possibilità che essi esistano. Certo un punto di vista meno divertente, ma sicuramente più aderente alla realtà.

In ogni caso, tra tutto il mazzo dei film di Lang, ce ne è uno che tra i cinefili è famoso per essere un puro prodotto di routine girato dal regista tanto per ritornare dietro la macchina da presa dopo essere stato vittima dell'assurda caccia alle streghe, la pazzia del governo McCarty all'inizio degli anni cinquanta, strumento di delazione bassa e crudele che però compromise, se non rovinò del tutto, la carriera di molti attori, registi, scrittori e intellettuali.

Si diceva appunto di questo prodotto d'accademia, ossia "Gardenia blu" che però il sottoscritto non trova affatto tale, anzi è un film delizioso che del suo essere Hitchcockiano fa un punto di forza, una salutare vacanza di Lang dai tanti film-incubo precedenti, pregevoli fin che si vuole ma ogni tanto un regista deve, o comunque dovrebbe, cambiare tono e registro.





La storia, assolutamente classica e "già vista "ma splendidamente resa e sempre sul filo del rasoio, è un thriller venato di giallo nel quale una centralinista di nome Norah (una  Anne Baxter sexyssima e al massimo del suo fulgore) depressa per essere stata lasciata via lettera dal fidanzato in Corea, accetta l'invito al buio di un noto pittore cinico e donnaiolo (il futuro Perry Mason Raymond Burr) che, dopo una cena indimenticabile nel locale stile Hawaaiano "Blue Gardenia" con tanto di canzone eseguita dal grande Nat King Cole in persona, invita l'ingenua e decisamente alticcia giovane nel suo appartamento con intenzione abbastanza intuibili, e il tentativo di stupro, che poi di quello si tratta, finisce nel sangue (il riferimento a "Blackmail", film di Hitchcock del 1929, non credo sia casuale, anzi per certi versi questo ne è un remake) e da questo momento la donna, in preda all'angoscia una vota resasi conto di ciò che ha fatto, sola contro tutti (no può nemmeno confidarsi con le due simpatiche donne con cui condivide l'appartamento) , cerca in tutti i modi di discolparsi, anche se la polizia e un giornalista cinico solo in apparenza (che da cacciatore di scoop si trasformerà in detective...c'entreranno qualcosa i begli occhioni da cerbiatta della Baxter?) stringono una rete sempre più stretta attorno all'assassina; ma sarà davvero Norah la colpevole?


                                    Sopra, una intensa Anne Baxter - Anne Baxter e Nat King Cole

Insomma, avete due strade; se volete fare i cinefili snob e paragonare questo ai maggiori lavori di Lang, allora resterete delusi; ma se invece vi prendete il film come è e senza pregiudizi, vi divertirete moltissimo con una storia ottimamente orchestrata, con una suspense costante, con degli ottimi interpreti e una regia deliziosa seppur canonica. E poi, è un importante spaccato degli States dei primi anni cinquanta, con donne che lavorano e aspettano i loro uomini che sono la fronte, una Los Angeles quasi metropoli ma ancora con un suo stile, e poi gli abiti, le automobili, Nat King Cole...semplicemente imperdibile.

mercoledì 15 giugno 2016

"DIECI PICCOLI CAIMANI" DI TERESA RADICE E STEFANO TURCONI.




Tra tutti gli autori artisti del panorama Italiano, senza dubbio coloro che io e la mia fidanzata (che come me li apprezza molto)  inviteremmo più volentieri una sera a cena sono Teresa Radice e Stefano Turconi.

Chi sono? sono una coppia (nel lavoro e nella vita, visto che sono marito e moglie) di autori di fumetti, lei scrive i testi e lui disegna. Sono giovani e belli, e un mio amico che li ha incontrati a una fiera del fumetto m ha detto che sono anche molto simpatici. Hanno un loro blog by blogspot (un filino più frequentato del mio) che si chiama "La casa senza nord", dove parlano dei loro lavori ma non solo.

                                     I due autori in posa ottocentesca (fonte;cinquecosebelle.it)

La loro opera è ampia e variegata; si sono fatti conoscere sulle pagine di Topolino ma la loro consacrazione definitiva a livello critico è arrivata soprattutto con le Graphic novel (ossia romanzi autoconclusivi a fumetti), prima con il piacevolissimo "Viola giramondo" e poi con lo splendido "Il porto proibito" un vero gioiello risultato giustamente uno dei libri Italiani più venduti dell'ultimo anno; lo pubblica BAO publishing ed è una storia a metà tra il grande romanzo d'avventure ottocentesco (la prima parte specialmente  ha mandato in sollucchero il VernianoSalgariano che c'è in me come non mi succedeva da tempo) e il genere fantastico-metafisico. Se non lo conoscete vi invito caldamente all'acquisto, anche perchè, se i testi della Radice sono entusiasmanti e ti cullano in una dolce evasione, i disegni di Turconi sono veramente di altissimo livello e vi metteranno a vostro agio anche se di romanzi a fumetti non ne avete letto nemmeno uno fino ad adesso.




Ma siccome questo è un blog sui gialli classici(oddio, quantomeno lo sarebbe, visto che ormai parlo di tutto un po') mi interessa parlare soprattutto di una loro storia Disneyana, una delle quindici facenti parte del ciclo "Pippo reporter" una variazione sul tema del personaggio di Pippo in cui lo si trova nelle vesti appunto di giornalista nella mitica America degli anni venti, epoca resa con una ricchezza di dettagli davvero encomiabile.

Teresa Radice recupera tutto il meglio del vecchio Goofy, riprendendo le sue peculiarità degli esordi da tipico character anni trenta (la sostanziale anarchia gentile da personaggio di Frank Capra, l'imperturbabilità Keatoniana, lo spirito da Hobo, la capacità di combinare pasticci degna di Laurel e Hardy) ma togliendolo finalmente dall'eterno e un poco castigante ruolo di spalla di Topolino per ergerlo a protagonista assoluto delle storie. Nelle avventure di Pippo reporter, sempre in una loro versione alternativa, compaiono anche Minni e Clarabella, mentre il direttore del giornale è nientemeno che un perfido quanto umanissimo simil-macchia nera, che ovviamente si serve del più "manovale" Gambadilegno per combinare qualche intrallazzo. Topolino invece (trovata geniale) è solo evocato, in quanto è il misterioso fidanzato di Minni del quale lei parla spesso ma che non si vede mai.

L'ottava storia del ciclo (conclusosi pochi mesi fa sulle pagine del topo) è particolarmente interessante perchè si tratta, udite udite, di una intelligente parodia di  "Dieci piccoli indiani" di sua maestà Agatha Christie.

Ora, io questo romanzo mi sentirei in difficoltà già ad analizzarlo per il blog, (e difatti me ne guardo bene) figuriamoci piegarlo allo stile Disneyano facendone non solo una parodia, ma una parodia necessariamente INCRUENTA; per fare ciò ci vuole veramente dell'intelligenza non comune, e Teresa Radice ce l'ha fatta e in sole trenta pagine.

Dunque, riassumiamo per sommi capi la vicenda; Minni è assunta per un lavoro temporaneo di cameriera nell'isola Caimano, così chiamata perchè, ovviamente, ha una forma che ricorda il corpo di questo rettile. Si ripete il meccanismo; tutti gli ospiti, di varia natura ed estrazione sociale (e non solo, visto che alcuni presentano fattezze simil-umane e altri sono sono ritratti come animali antropomorfi) sono stati invitati con diversi pretesti da un misterioso signor I.G. Noto, e ben presto iniziano a scomparire in modo misterioso ( e a ogni scomparsa sparisce anche una delle dieci piccole statue di caimani sul tavolo della sala da pranzo, caimani protagonisti di una filastrocca che ognuno ha trovato nella sua stanza). Pippo (tra gli invitati assieme a Clair la  belle-Clarabella e Mr. Blackspot-macchia nera) e Minni iniziano a indagare, aiutati da una dolce cameriera, la cui identità si intuirà solo nell'ultima emozionante vignetta.

                        Una vignetta della storia, notare l'acuratezza del dettaglio (fonte;
                         stefanoturconi.blogspot.com)




Vi sembra una cosetta puerile e "per bambini"? Beh, se lo pensate commettete il peccato di pregiudizio, perchè sinceramente accade molto di rado di trovare una storia così ben equilibrata (le trenta pagine d'ordinanza possono veramente andare strette per una storia di questo genere, ma l'autrice riesce a includere tutti i principali temi del romanzo della Christie; presentazione dei peronaggi, angosciante magione piena di segreti, filastrocca, sparizioni, sciogliemento dell'enigma) che proponga tutto il simpatico (come detto, nessuna violenza, siamo nel pianeta Disney Italia, ancora, e spero per tanto tempo,tutto sommato positivo e  rassicurante) ma comunque complesso e per nulla infantile mistero. E i disegni di Turconi sono una vera festa per gli occhi.





Se vi interessa, potete trovare la storia in tutte le fumetterie specializzate(o basta ordinarlo) nel secondo dei finora tre volumi che la Panini, attuale casa editrice del fumetto Disneyano, ha dedicato al ciclo di Pippo reporter; ma perchè comprare solo il secondo volume? conviene prenderli tutti e tre, sono carinissimi e costano il giusto, e sono un ottimo modo per entrare nell'universo Radice-Turconi, autori tra i più interessanti che il panorama artistico Italiano offra attualmente, e dalle grandi potenzialità future.