venerdì 27 giugno 2014

ALTRI DUE HALTER, TRA LUCI E OMBRE.


Dopo i primi tre Halter (ne parlavo lo scorso marzo)che mi avevano soddisfatto con qualche riserva, è proseguita incessante la caccia ad altri titoli dell’autore Alsaziano, specialmente dei titoli consigliati nei blog di alcuni appassionati che tengono Halter in grande considerazione;  a ragione, visto che con tutti i suoi difetti più o meno vistosi è senz’altro il giallista “classico” più dotato tra i viventi.
Di Halter avevo letto La quarta porta, che era stupendo ma fin troppo arzigogolato, Il demone di Dartmoor, bella fiaba gotica senza  però grandi guizzi a livello di intreccio, e La maledizione di Barbarossa, che mi è piaciuto moltissimo ma che presenta nella trama una forzatura del tutto inaccettabile per un autore come Halter; ma era il primo suo libro e ci stava.
Quindi mi ero divertito, ma mancava ancora il capolavoro, il libro da dieci e lode che mi convincesse profondamente e senza riserve; e mentre lo leggevo, credevo che questo obiettivo potesse essere raggiunto con Nebbia rossa, e invece è stata finora la mia più cocente delusione Halteriana; un libro che fino a pagina 120 è un raffinatissimo enigma degno del miglior Carr (e non è che sia poco), ma bruscamente diventa poi un delirante viaggio nella Londra funestata da Jack lo squartatore; proprio delle “imprese” del notissimo e inafferrabile (e inafferrato) Killer seriale  si occupa seconda parte di questo libro, dandone una interpretazione che vorrebbe essere innovativa ma che a me è apparsa solo forzata, prevedibile e in contrasto troppo stridente con la splendida, elegante prima parte.
Quindi, dicevo, una delusione tremenda, che per qualche mese mi ha allontanato dall’autore, ma ieri, rimettendo in ordine la libreria, mi sono imbattuto in “La lettera che uccide”, e oggi pomeriggio me lo sono letto d’un fiato, grazie anche alla brevità del libro in questione, a tutti gli effetti un romanzo breve; e se anche in questo caso il capolavoro è stato solo sfiorato, è bastato e avanzato per riconciliarmi con l’autore.
Bisogna proprio dirlo; Halter, come Wallace ai suoi tempi (ora un po meno) anche nelle prove meno riuscite si legge davvero d’un fiato, tanto da dimenticarsi letteralmente del mondo attorno a noi; e questo La lettera che uccide è senz’altro un gioiello da porre tra i suoi titoli migliori, un grandissimo esercizio di mistificazione, una sfida continua alla logica, sempre vinta.
In questo romanzo, nell’Inghilterra depressa del secondo dopoguerra un giovane, Ralph Conroy, riceve da un caro amico una stranissima, inquietante missiva, dove gli si ordina di fare delle cose assolutamente senza senso; pur perplesso, fidandosi dell’amico Ralph esegue le istruzioni alla lettera, e si trova catapultato dentro a un incubo spaventoso quanto grottesco.
Impossibile anticipare alcunchè, se trovate questo libro in giro prendetelo senza indugi e preparatevi a un’ora e mezzo di lettura frenetica ed esaltante, e a un romanzo che finalmente non presenta o quasi sbavature; niente situazioni troppo complicate, niente rompicapi, niente cadute di stile o svolte troppo brusche…ma purtroppo, anche in questo caso, non si ha un capolavoro, perché nelle ultime dieci pagine l’autore esagera, strafà e finisce per macchiare una tela altrimenti perfetta, come se Leonardo, a dipinto ultimato, avesse voluto fare i baffi alla Gioconda. Ma è un brutto vizio di Halter, quello di rovinare i finali; senza spoilerare nulla, sappiate però che almeno nelle opere da me lette l’autore non contempla mai, ma proprio mai, il lieto fine, tradendo uno dei dogmi del poliziesco classico, ossia quello che i gialli sono fiabe per adulti dove il bene deve trionfare e l’ordine essere ristabilito; mi vanno bene le eccezioni (Dieci piccoli indiani, per dirne una) ma quando i finali tragici o comunque drammatici diventano la regola, non apprezzo davvero.
Quindi de La lettera che uccide sarebbero da strappare le ultime 10 pagine, ma le restanti 140 sono di primissimo livello. Nebbia rossa invece lo dimezzerei senza alcuna pietà. Ma una cosa è certa; continuerò a frequentare questo autore, nella fiduziosa attesa del romanzo perfetto, che se ancora non c’è forse ci sarà in futuro.

lunedì 16 giugno 2014

CAMBIAMENTI....

Carissimi amici e follower di questo blog,

Credo che da qualche tempo abbiate notato una mia qual certa latitanza su questi lidi. Ho postato meno, e forse peggio, e mi rendo conto di non aver coinvolto come avrei voluto. Tutto questo perché credo di avere meno da dire; il giallo classico non è una materia infinita e la mia competenza in merito ancor meno, ho ormai parlato di tutti gli autori che prediligo fino a diventare ripetitivo, e mi sono accorto che gli articoli su libri rari o comunque difficilmente reperibili hanno avuto poco successo. Per cui mi serve non una pausa, ma nuovi stimoli, devo avere il tempo e il modo di trovare altri autori e libri interessanti non solo per me ma anche per chi legge, per non essere ripetitivo fino alla monotonia; ma tutto questo non subito, perché ultimamente, forse per assuefazione, ho poca voglia di leggere polizieschi, sto riscoprendo i miei amati classici ottocenteschi, e credo che un solo blog di gialli mi vada stretto; per cui, con un poco di emozione, annuncio ai naviganti che entro la fine del mese il sottoscritto pubblicherà un nuovo blog, dal titolo “le perle nello scaffale” , dedicato alla narrativa romantica di ogni genere e nazionalità, dove per romantico si intende la delicatezza di una Jane Austen ma anche i duelli all’ultimo sangue di Salgari; un blog meno schematico, più arioso, che contempli una maggiore scelta di argomenti da trattare.
Con questo, non crediate che “Assassini e gentiluomini” finisca qua la sua avventura; usciranno ancora articoli perché non abbandonerò mai i gialli, ma ho bisogno di tempo per leggere e apprezzare qualcosa di “nuovo” nel genere. Quindi una pausa, un rallentamento, ma non una fine.

Grazie a tutti voi, giallofili e non, e spero di ritrovarvi anche nel mio nuovo blog!! Un caro saluto.

sabato 7 giugno 2014

LA MESTA ESTATE DEL GIALLO MONDADORI


Notoriamente, la più importante collana di polizieschi del nostro paese tiene in serbo i pezzi migliori per quando gli Italiani si trasferiscono in massa sotto gli ombrelloni, e sono più disposti a spendere per un giallo da leggersi in riva al mare. Però devo dire che sono rimasto un poco deluso, sia dalle uscite di questo mese che del mese prossimo che dall'imminente speciale estivo.

Intendiamoci, non sono brutte uscite, ma sono perlopiù opere proposte molte volte, e autori che ormai tornano a cadenza regolare, rovinando il piacere della sorpresa.


Cominciamo da giugno; nel giallo Inedito si propongono un giovane Italiano e il secondo libro dei Murdoch Mysteries di Maureen Jennings, praticamente una Anne Perry che anzichè nella Londa vittoriana agisce nella coeva Toronto. Sinceramente di questi gialli storici che si trovano ormai dappertutto anche il libreria ne ho abbastanza, sempre la solita solfa di intrighi mediocri che puntano tutto su ambientazioni suggestive, e non tutte/tutte sono la Perry, che comunque per il sottoscritto scrive anche troppo.

Nei classici si pesentano il Noir "La maschera dell'assassino" di Harry Carmichael (non conosco) e un tardo e non imprescindibile Carr con Gideon Fell, ovvero "Rombi di tuono per il dottor Fell". Un Carr è sempre un buon prodotto, ma ci sono titoli migliori da riproporre,e vengono i nervi a sapere che capolavori come "Il mostro del plenilunio"e L'ultima carta" rimangono tristemente irristampati da quasi quarant'anni.

A Luglio la musica cambia di poco; dopo un giallo alla Anne Perry arriva la Perry stessa con il consueto appuntamento estivo con l'inedito di turno, mentre l'altro titolo sarà di Rhys Bowen, non so se del ciclo della Damigella spia o altro (ne ci tengo a saperlo in verità).
Nei classici, abbiamo Rex Stout cone "NEro Wolfe e l'invulnerabile" e l'altrettanto consueto appuntamento estivo con la riproposizione del canone di Sherlock Holmes nei classici, e stavolta tocca all' Ultimo saluto.
Non precisamente due sfiziose rarità, ecco.

Lo speciale che esce a fine giugno presenta un raro titolo della Eberhart (forse la cosa più interessante) con Sarah Keate dal titolo "Divorzio provvisorio", cosa carina ma devo dire che ultimamente l'autrice viene proposta veramente troppo, non capisco perchè, come successo per Wallace, tenere per ann un autore in naftalina e poi farne uscire 2 titoli in 2 mesi.
Oltre a questo ci sarà un romanzo della serie di "Mammina" di Yaffe (che non conosco) e un pluriantologizzato racconto della Christie con Miss Marple, "Diritto d'asilo".

Che dire? magari il lettore di gialli "medio" può apprezzare queste scelte, ma per il collezionista niente sussulti, e se le temperature saliranno sarà per anticicloni affricani, non per l'emozione suscitata da queste prime uscite estive.

domenica 1 giugno 2014

"ENIGMA A CAPE COD" DI PHOEBE ATWOOD TAYLOR.


Credo che uno dei massimi piaceri derivanti dal coltivare la passione dei libri gialli sia quello di trovare un testo che unisca garbo e leggerezza con un mistero che appassioni. Ci sono molti testi che puntano sulla leggerezza e l'umorismo, basti pensare a Stout, a Edmund Crispin, a Stuart Palmer, ad alcuni divertissment venati di giallo di Wodehouse, all'Ellery Queen dei Denti del drago. Va detto però che spesso il mistero non è di prima scelta, e questi romanzi si ricordano più per i sorrisi che ci strappan che per un buon intreccio. Ma quando le due cose si amalgamano alla perfezione, ne esce fuori un testo indimenticabile. Penso a "Perchè non l'hanno chiesto a Evans?" di Agatha Christie, a "L'omicidio di Norton Manor" dell'incantevole Georgette Heyer, o anche alla "Regina dei ladri" di Edgar Wallace. A questi titoli, posso d'ora in poi aggiungere un romanzo del 1931 di una scrittrice Americana che da noi è praticamente inedita e che si è affacciata in punta di piedi nel catalogo Polillo. Intelligentemente, la benemerita casa editrice ci ha proposta questa "nuova" autrice partendo dal suo libro d'esordio; esso si Intitola "Enigma a Cape Cod" (titolo originale Cape Cod Mystery) e a scriverlo è stata Phoebe Atwood Taylor, in patria considerata una grande in assoluto. E quindi, per la serie meglio tardi che mai, finalmente anche noi abbiamo avuto un suo testo tradotto integralmente.

L'autrice

Dunque, il romanzo non è un capolavoro, ma da mesi non mi imbattevo in un libro tanto garbato e frizzate. Più che  per il plot o la soluzione finale, il romanzo vale per le non comuni doti umoristiche dell'autrice, che con dialoghi brillantissimi rende estremamente appetibile un testo che senza la giusta dose di humour sarebbe forse un giallo come tanti altri.
Sono i personaggi ad essere simpatici, soprattutto quelli femminili, a iniziare dalla protagonista Prudence Whitsby, chiamata Snoodles dalla nipote Betsey, che con lei sfugge alla canicola di New York rifugiandosi nella fresca Cape Cod, località balneare resa anche troppo nota dalla serie della Signora in giallo. Un soggiorno che, tra inviti di amiche e conoscenti che spuntano dal nulla, sarà tutto fuorchè quieto e privo di eventi; e quando un giovane scrittore snob e antipatico viene fatto fuori nel capanno adiacente alla loro abitazione, gli eventi precipitano. Viene accusato il giovane Bill, amico e forse spasimante di Betsey che in mancanza di una prigione viene imprigionato dal risoluto sceriffo/droghiere locale della piccola località nientemeno che nell'antica gogna monumentale (particolare troppo inverosimile e farsesco che è forse l'unica caduta di tono del libro), ed è chiaro che la complicata quanto assurda situazione deve essere risolta al più presto; a questo pensa uno strano Detective improvvisato, il pescatore e tuttofare Asey Mayo, un uomo maturo dalle poche parole e dai molti fatti, che assieme a Prudence che fungerà da Watson verrà a capo di un mistero che, seppur in una cornice abbastanza leggera, non mancherà di risvolti inquietanti. Alla fine, seppur amara, la verità verrà a galla, e non mancheranno poi sorrisi e fiori d'arancio.



Seppur, come ripeto, non siamo di fronte a un intreccio eccezionale, il libro deve essere letto per il suo brio (splendidi i primi capitoli fino alla scoperta del cadavere) e per le sue donne, per l'epoca molto emancipate e indipendenti, figlie dei ruggenti anni venti. I personaggi maschili, a parte lo strano Asey Mayo, non hanno certo lo spessore di quelli femminili, sono figure più accessorie e monodimensionali.
Quindi un poliziesco scritto in punta di penna e di raro garbo e intelligenza, che (come ha detto anche la signora Giuseppina nel suo blog) è incomprensibile come sia rimasto inedito fino ad oggi; bisogna dare atto alla Polillo per il coraggio con cui propone inediti di autori sconosciuti della golden age, e se non sempre fa centro (vedi Leslie Cargill) ha comunque il merito di proporre nuovi orizzonti.