Di quanto mi piaccia Josephine Tey ormai lo sapete fin troppo bene; ho recensito, sempre entusiasticamente, una buona metà dei suoi romanzi, e davvero non ho esagerato con le lodi.
Ma c’era un romanzo dell’autrice che ancora non avevo avuto il coraggio di affrontare, quello che in Italiano si intitola “E’ caduta una stella” semplicemente perché fin da ragazzo ho avuto una particolare adorazione per il film che ne trasse, un anno dopo la pubblicazione del romanzo (1937) Alfred Hitchcock; il film in questione è “Giovane e innocente” e sebbene nessuno lo consideri uno dei titoli migliori della sua produzione, io che non ne capisco molto lo metto senza esitazioni nella mia top five dei film del maestro, assieme all’irraggiungibile Vertigo, Il club dei 39, La signora scompare e Il sospetto. Questo perché amo quei film Hitchcockiani tra gli ultimi anni del suo periodo Inglese e il primo periodo Hollywoodiano, in quanto in essi si raggiunge l’alchimia perfetta tra garbo, umorismo british e tensione narrativa. In seguito verranno film senz’altro migliori e meglio recitati, ma mai e poi mai tanto freschi e frizzanti. E Young and Innocent è veramente una delizia, dalla regia alla sceneggiatura fino alla campagna Inglese splendidamente filmata, e soprattutto per la dolcissima Nova Pillbeam, attrice diciassettenne (è ancora viva e ha novantacinque anni!) sulla quale Hitchcock puntava molto e che invece si ritirò dalle scene pochi anni dopo, una fanciulla di ineguagliabile freschezza della quale mi innamorai perdutamente, e credo di aver consumato la videocassetta della De Agostini, l’avrò visto almeno trenta volte.
Ma andiamo con ordine, cominciando a parlare del libro della Tey. Esso uscì nel 1936, sette anni dopo “L’uomo in coda”. E passeranno altri dieci anni prima che esca un altro romanzo di sapore poliziesco dalla penna dell’autrice, ovvero lo splendido “Miss Pym”. Poi gli altri 5 romanzi si ebbero in un periodo breve, dal 1948 al 1952, anno della morte della Tey.
Quindi la produzione gialla dell’autrice conobbe due lunghi iati, e questo “A shilling for candles” è compreso in essi, e quindi riveste grandissima importanza nel suo itinerario artistico.
Si tratta di un romanzo, come sempre, splendido e perfettamente riuscito in ogni sua componente, ed è senz’altro quello più classicamente poliziesco che abbia mai scritto, dove l’indagine poliziesca è una volta tanto in primo piano e non un ricamino a margine di romanzi che hanno il loro punto di forza in tutt’altro.
Infatti abbiamo un classico delitto misterioso, quello di un’attrice in grande ascesa venuta da origini umilissime, un personaggio determinato, di grande generosità ma anche spietato coi colleghi, tanto che la Tey ci delizia con pagine al vetriolo verso l’ipocrisia del mondo degli attori, che pur versando qualche lacrima di circostanza nel loro intimo, per vari motivi, si rallegrano della morte della giovane donna , dalla collega che ne prenderà il posto (una Martha Hallard, poi presenza importante nella vita di Grant, ancora lontana dal personaggio che poi conosceremo) all’astrologa che ne predisse la morte diventando così la ciarlatana più in vista di Londra.
Dell’omicidio viene accusato Robert Tisdall, un giovane di grande avvenenza ma in realtà uno spiantato, che ha dilapidato una sostanziosa eredità girando il mondo e vivendo da gaudente e che si ritrova senza un penny e senza prospettiva. Christine lo raccoglie letteralmente dalla strada, lo porta a casa sua e ne fa il suo nuovo amico (e amante, anche se l’autrice è troppo delicata per dirlo esplicitamente) e nonostante il comportamento sciocco e ambiguo di Tisdall i sospetti di Grant non convergono su di lui fino a quando non si scopre che la diva, nel suo testamento, esattamente il giorno prima di essere uccisa gli aveva intestato un ranch in California e cinquantamila sterline. Ecco il movente, e Tisdall diventa il principale sospettato, e non gli rimane che fuggire ( questo aspetto dell’uomo in fuga, uno dei cardini della sua poetica, avrà senz’altro convinto Hitchcock a filmare il testo) e in questo viene aiutato dalla giovanissima Erica, figlia del capo della polizia locale (siamo nei dintorni di Canterbury) che nella sua ingenuità si invaghisce del giovane e lo aiuta, oltre che a nascondersi, anche nel cercare la prova che posa discolparlo. Dopo un finale abbastanza imprevedibile, il colpevole verrà smascherato e il finale sarà lietissimo.
Ora, chi conosce il film Hitchockiano si sarà reso conto delle ragguardevoli differenze tra il libro e la pellicola, ma sol leggendo ci si potrà rendere conto di come i due prodotti siano praticamente incompatibili. Ora, Hitchcock ha sempre ampiamente riadattato i romanzi che ha filmato, ma mai come in questo caso.
Analizziamo infatti le notevoli differenze tra libro e film (OCCHIO AGLI SPOILER);
Nel romanzo, il personaggio della vittima è assolutamente centrale, tutta la prima parte trasuda della presenza incombente di Christine Clay, tanto da ricordare la Rebecca anch’essa “condivisa” tra la Du Maurier e Hitchcock. Nel film invece è un personaggio puramente accessorio, che si vede un minuto da viva e un minuto da morta, tanto per dare il via alla storia.
Il libro della Tey è molto corale, mentre il film di Hitchcock ha come protagonisti unicamente Tisdall e Erica, segue con partecipazione il loro rapporto in crescendo dai sospetti fino all’innamoramento, e fa loro vivere peripezie da film avventuroso delle quali il romanzo non presenta traccia, a parte una disavventura di Erica con due loschi personaggi e una fuga spericolata di Tisdall dalle grinfie di Grant. Inoltre, la Erica del romanzo è una ragazza sbarazzina, impertinente e decisamente trasandata nel vestire, conseguenza di essere figlia unica di un padre vedovo, invece nel film, pur essendo sempre orfana di madre, è una ragazza determinata e di carattere ma compita, veste impeccabilmente e ha quattro fratelli più piccola ai quali fa da mamma.
Il film di Hitchcock, come detto, non presenta molti dei personaggi principali del libro, a cominciare da Alan Grant, Martha Hallard, lo strano santone Herbert Gotebod, il caustico compositore ebreo Jadon Hunter, il giornalista d’assalto Jammy Hopkins, oltre a tutti gli amici e i parenti della vittima, e oltre a questo ne inventa altri di sana pianta, dall’avvocato difensore distratto, al simpatico barbone Old Willy, agli zii di Erica fino al colpevole stesso, tutt’altra persona e con tutt’altro movente rispetto al libro ( e in questo il testo della Tey risulta più originale e convincente).
Nova Pilbeam e Derrick de Marney
Se quindi la sceneggiatura di Charles Bennett, Edwin Greenwood e Anthony Armstrong tradisce profondamente il testo di partenza, d’altro canto ne fa invece un’opera perfettamente indipendente e soprattutto perfetta per la poetica del maestro, che imbastisce una già ennesima veriazione sul tema dell’innocente in fuga visto però dagli occhi di due giovani inesperti quanto incoscienti. Mentre alla Tey interessava soprattutto proporre uno spaccato del suo tempo, dal mondo del teatro a quello del giornalismo e dei pericoli derivati dalla manipolazione dell’opinione pubblica, questione che tornerà in modo molto più approfondito nel leggendario “The Franchise affair”.
Quindi, a chi si chiedesse se leggere prima il libro o vedere il film, io dico; fate come volete, vi assicuro che uno non esclude l’altro, e non pregiudica in alcun modo il godimento che si trae da questi due gioielli creati da due grandissimi orefici, gioielli che messi assieme fanno un figurone.
Bello . È bello il libro della white " il mistero della donna scomparsa ?" Da cui viene lo splendido e celeberrimo film di Hitchcock . Cosa ne pensa ?
RispondiEliminaBeh, il libro della White è piuttoto carino e spedito, ma purtroppo ho visto prima il film e, come nel caso dei 39 scalini, ero troppo innamorato della pellicola per apprezzare il libro per come meritava. Comunque è leggibilissimo, ci mancherebbe.
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