venerdì 26 settembre 2014

LE PALMINE DIMENTICATE 4; “IL TALISMANO DEI DANGERFIELD”, DI J.J. CONNINGTON.


 

Ormai da qualche mese, uno degli obiettivi che mi sono posto per questo blog, per evitare che esso risulti troppo dispersivo, è quello di parlare di quei vecchi gialli mondadori (lo ridico per chi ancora non lo sapesse; per “palmine” si intendono i libri gialli della prima collezione dal 1929 al 1941, così denominati dal logo della casa editrice che al tempo era una piccola palma)  dimenticati e irristampati, talvolta senza una ragione, fin dagli anni trenta.

Ci sono ancora molti, troppi titoli da riscoprire della leggendaria collana, tesori che Mondadori ha in archivio e non si decide, tranne rare eccezioni, a ristampare. Grazie all’aiuto dell’impagabile signora Giuseppina del blog “L’oeil de lucien”, sto cercando di individuare, tra i titoli orfani di ristampa, quelli davvero meritevoli di rilettura o quelli che invece è giusto lasciare tra le spire dell’oblio; una volta individuati e letti, i romanzi verranno poi recensiti per come meritano. Con questo “buon proposito” (ma post di diverso argomento non mancheranno, ci mancherebbe) inizio un nuovo corso per questo blog dopo qualche mese un poco stagnante dovuto principalmente a molti impegni concomitanti, ma anche a un calo di ispirazione.

In questo 2014 ho già recensito tre palmine dimenticate; il capolavoro “Una voce dalle tenebre” di Eden Phillpotts, il bellissimo “La dama di compagnia” di Marie belloc Lowndes” e l’affascinante ma anomalo “Il terrore nel castello” del Tedesco Rudolf Stratz.

Stavolta è il turno di un autore abbastanza famoso, onorato anche dell’attenzione della Polillo che gli ha dedicato ben 3 bassotti; sto parlando dello scienziato e romanziere Alfred Walter Stewart, conosciuto dagli appassionati del poliziesco con lo pseudonimo di J.J. Connington. Di questo celebrato scrittore qualche anno fa avevo letto, sempre edito da Polillo, “Un caso con nove soluzioni” uscito per Mondadori col titolo “Il segreto di una notte” e mi parve uno dei gialli più raffinati e soprattutto adulti che avessi mai letto; una struttura narrativa robustissima, particolari parecchio scabrosi lasciati intendere senza troppi giri di parole e soprattutto una soluzione del tutto convincente.



l'autore
 
 
Dopo questo capolavoro, ho preso in mano questo “Talismano dei Dangerfield”, opera più giovanile dell’autore targata 1926, con aspettative abbastanza alte; le quali non sono state del tutto disattese, ma certo è che ogni confronto tra i due libri è abbastanza improponibile, in quanto questo Talismano è un’opera molto più distesa, rilassata, senza morti e senza arresti.

Siamo da qualche parte sulla costa Inglese, in un bellissimo maniero con proprietari adeguati ad esso, e un gruppo di amici e conoscenti (una bella banda di scrocconi, per come la vedo io) vi sta passando l’estate ospite dell’austera e titolata famiglia Dangerfield.
 
Solita copertina meravigliosa di Abbey
 

Dopo una parecchio sommaria (ma credo purtroppo dovuta ai vistosi tagli operati dal traduttore Berto Cerlenchi) presentazione della varia umanità presente al castello, l’autore ci informa che la famiglia possiede un cimelio di rara bellezza, un bracciale tempestato di pietre preziosissime noto appunto come “Il talismano dei Danfgerfield”, che vale 50000 Sterline dell’epoca ma che il vecchio Rowland Dangerfield (Rollo nell’edizione Italiana…) non vuole assolutamente vendere per ragioni affettive. Strano è che lasci questo prezioso in una teca senza nessun allarme, e senza nemmeno preoccuparsi di chiuedere la porta, in quanto sembra che, ogni volta che il talismano viene rubato da mano ignota,  dopo al massimo una settimana esso ritorna al legittimo proprietario. Gli ospiti, tra cui un Americano che vorrebbe acquistare il talismano, sono perplessi e quasi inorriditi per il pressappochismo del signore del maniero, ma Rowland è irremovibile nella sua cieca fiducia verso la provvidenza.

Poi, ovviamente, una sera il talismano viene rubato davvero, e da qui parte una complicata girandola di accuse e controaccuse tra i vari ospiti dei Dangerfield, che porterà a equivoci, depistamenti e accuse infamanti (si insinua perfino che una delle ragazze ospiti dei Dangerfield, che la sera prima aveva perso forte al gioco, si sia procurata dei soldi da uno dei ricconi presenti attraverso il metodo più antico del mondo), il tutto senza esclusione di colpi. Ma questo mistero, e altri misteri legati alla dimora dei Dangerfield, saranno svelati dal giovane ingegnere Westhanger e dalla sciocca e sventata ma in fondo angelica Renata, i due protagonisti meno anonimi e funzionali della vicenda.

Come detto, niente delitti e niente investigatori (se non gli stessi ospiti di Dangerfield che giocano a fare gli Sherlock Holmes fino a riuscirvi), forse per questo il romanzo non è più stato riproposto dal 1932, a parte una ristampa ma nella disastrosa collana dei “capolavori del giallo Mondadori”, che usciva negli anni cinquanta e nella quale si sforbiciavano senza criterio i testi per far entrare più pubblicità possibile tra le pagine, per cui evitate tutti i titoli di quest’ultima collana e ricercatevi le Palmine, molto più curate e complete, con l’unica pecca dei nomi Italianizzati ai quali però si fa presto l’abitudine.

 Un romanzo lento, avvolgente e e rilassato da leggere come un problema enigmistico, i quanto non mancherà nemmeno un tesoro da scoprire all’interno del castello con tanto di sciarade e problemi scacchistici ( e qui l’amico Fabio Lotti potrebe essere interessato), anche se poi l’importanza degli scacchi risulta molto più marginale del previsto.

Un romanzo che sarà praticamente impossibile vedere ristampato, troppo fuori dal tempo e soprattutto troppo compassato, adesso il pubblico ha bisogno di un minimo di emozioni forti. Forse la Polillo potrebbe proporci questo come quarto Connigton, sarebbe una divertente vacanza in un giallo più ludico e meno serioso; mai dire mai.

2 commenti:

  1. Hai altri libri da consigliarmi sul tipo di questo?

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  2. GIalli incruenti con caccia al tesoro? prova con L'ultima avventura di Philo Vance di Van DIne, oppure con "Il sigillo grigio" di Packard.

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