Bene,
non vedevo l’ora di parlare di Fredric Brown. Chi era? Un maledetto genio della
letteratura , poeta degli assurdi universi, cantore dei vagabondi nello spazio,
uno che può far passare la voglia di scrivere agli aspiranti scrittori, che
potrebbero sentirsi a disagio per
manifesta e palese inferiorità; maestro del racconto folgorante, ed emblema di
tutto un modo di concepire la letteratura fantastica Americana, quella delle
riviste che ospitavano racconti Fantascientifici, Horror, Thriller e Pulp, dove
si fecero le ossa e spesso rimasero assoluti
titani come Robert Bloch, Ray Bradbury, Richard Matheson, poeti dei racconti a
un cent la parola, che dovevano intrattenere un pubblico di bassa cultura avido
di emozioni ma che finirono per segnare e plasmare un’epoca, quella della
grande fantascienza, di serie capolavoro come “Ai confini della realtà”, della
potenza della fantasia. La favolosa, irripetibile America degli anni cinquanta,
dalla quale tutti discendiamo un po’. Tutto ciò che adesso vediamo al cinema e
in tv viene dall’opera di questi incredibili, talvolta patetici e assurdi,
maestri infaticabili della penna, Salgari d’oltreoceano che fabbricavano storie
meravigliose ora oggetto di culto e ospitate in collane per intenditori; forse
la critica è sempre snob verso questa gente, ma il pubblico no, il pubblico li
ha capiti fin da subito, e i loro figli, nipoti e pronipoti continuano ad
amarli come grandi classici inattaccabili dal tempo e dalle mode.
L'autore
Fredric
Brown era un sognatore, come detto un Salgariano, che non cantava di giungle o
di pirati ma di universi sconfinati, perché al suo genio il solo pianeta Terra
andava stretto; di giorno lavorava come correttore di bozze e di sera, con l’aiuto
dell’alcool, scriveva storie. Quando aveva voglia d’avventura, faceva lunghi
viaggi in pullmann per le vie degli States. Viene ricordato per la produzione
fantastica, ma fu anche un grande giallista, perché era di quei geni totali,
forse il vero, autentico erede in patria di Poe per la versatilità e folgorante
brevità dei suoi scritti, e come lui bevitore, attratto dalle donne, dagli
amori impossibili.
Ovviamente,
essendo un autore profondamente e veracemente Americano, non scrisse Whodunit
di scuola Inglese; i suoi romanzi e racconti sono più vicino ai thriller puri.
Il suo miglior lavoro nel genere è forse “The night of the Jabberworck” geniale
e allucinata vicenda scandita di derivazione Carrolliana, pubblicato da noi col
titolo di “Tutto in una notte” da Mondadori oppure come “Il visitatore che non
c’era” da Polillo. Ottimo anche “Screaming mimi”, ovvero “La statua che urla”
che ispirò anche uno dei primissimi film di Dario Argento.
Ma
il thriller firmato Brown a cui sono più affezionato per una serie di motivi è
senz’altro “Uno strano cliente” , romanzo del 1951 dal titolo originale "Death has many doors" pubblicato prima nella serie gialla Garzanti
(che pubblicò a suo tempo molti gialli dell’autore) e poi nei classici del
giallo Mondadori, che riprende l’ottima traduzione di Livio Cortesi della prima
edizione. Si tratta delle quinta avventura con la coppia di investigatori Am e
Ed Hunter, rispettivamente zio e nipote, che agiscono in una Chicago già
metropoli moderna, tentacolare e spietata.
Cover edizione originale e Garzanti, che vertono entrambe su una piccante scena madre....
Questa
volta, ai due efficienti, onesti detective, l’anzianotto e fatalista Am e il
giovane, piacente e scanzonato Ed,
capita nell’ufficio Sally Doerr, una ragazza dai capelli rossi e di
bell’aspetto, anche se “Niente di troppo notevole, ma poteva tenere il campo
fin quando non fosse arrivata una vera bellezza” molto giovane e spaurita, che sostiene di essere minacciata…dai
marziani (Strano, i marziani in Brown, ma pensa…) che a quanto pare la tormentano con telefonate minacciose
perseguitandola senza requie. Am decide di metterla alla porta, ma Ed, attratto
da quella rossa innocente e sensuale al tempo stesso, decide di starle vicino,
di proteggerla, e la invita a bere un drink. Sally si rivela ben lontana dallo stereotipo della “vergine
Americana” tutta casa e chiesa (evidentemente nelle metropoli dove nessuno
conosce nessuno, allora come adesso, i tabù e la morale erano ben più
elastici..), che lavora mantenendosi da sola in un appartamentino, beve drink e
fuma sigarette, e a 22 anni ha già avuto vari partner, anche di una sola sera.
Ben
presto i due giovani si intendono, e Sally ben presto propone a Ed di farle da
guardia del corpo installandosi nell’appartamento di lei, in quanto, stando a
quello che la ragazza ha raccontato, la visita extraterrestre potrebbe avere
luogo proprio quella notte. Lui ovviamente accetta, la serata d’estate è
caldissima come solo a Chicago, e non avrebbe dormito comunque, e anche se la
tensione sessuale tra i due è palpabile, lui da bravo ragazzo si apposta fuori
dalla porta di lei (il lavoro è lavoro…), mentre Sally, dopo essersi
completamente denudata (mi immagino i lettori degli anni cinquanta che
batticuore, e anche adesso…) si sdraia sul suo letto, forse desiderosa, come
dirà poi il cinico Am, che a Ed venisse la voglia di andare a far due
chiacchiere con lei.
In
effetti, nel bel mezzo della notte, Ed si affaccia, e si, la vede senza veli,
ma la ragazza presenta una strana rigidità e non respira; ben presto Ed si
rende conto che è deceduta. Il medico personale di Sally, dopo essere stato
avvertito, asserisce che la ragazza soffriva di gravi disturbi cardiaci, e
quello che è successo poteva accadere in ogni momento. Ben presto Ed viene
scagionato da ogni responsabilità e la morte sembra naturale, ma il giovane non
si da pace; non crede ai marziani, ma crede che qualcuno volesse fare del male a
Sally, anche se non riesce proprio a capire perché ci si dovesse accanire con
la povera, sempliciotta, inoffensiva Sally.
Ed
fa visita alla famiglia di Sally, e scopre che è stata adottata, assieme alla
sorella minore Dorothy, dai coniugi Stanton (parenti dei veri genitori delle
due ragazze, deceduti anni prima), che vivono fuori città assieme allo strambo
zio Ray, vecchia spugna seppur non privo di acume, e a un inquietante nipotino
che si diletta in sciocchi scherzi.
Il
tempo passa, e tutto pare tornare alla normalità, Ed stesso si convince pian
piano che Sally era nient’altro che una povera cardiopatica con manie di
persecuzione. Ma un giorno bussa alla porta degli Hunter una ragazza appena
ventenne che somiglia moltissimo a Sally; è ovviamente Dorothy, e anche lei ha
bisogno di protezione; per un presentimento non ben definito è convinta che
qualcuno voglia ucciderla quella notte. Ed, ormai in balia degli eventi,
accetta di fare da cavalier servente, ed esce con la ragazza, disinibita come
Sally ma più intelligente e più sensuale; dopo una cena, la ragazza insiste per
andare a fare un bagno fuori città; Ed la accompagna, raggiungono un lago
isolato, finiscono di bere una bottiglia di Whisky, vanno su di giri e si
baciano. Lui vorrebbe “concludere” subito, ma lei lo prega di attendere ancora,
ha estremo bisogno di tuffarsi nelle nere acque del lago, di rinfrescarsi; si
spoglia completamente (Brown insiste nel tenere alto il tasso erotico, e lo fa
con continue, raffinate e mai volgari
allusioni, senza scadere mai nella pornografia…almeno nella traduzione
Italiana, sia chiaro) e si getta in acqua, nuotando con decisione, e ben più
velocemente dell’impacciato Ed, verso una zattera che si trova al centro del
lago; peccato, però, che quella fantomatica zattera la veda solo Dorothy…
Basta,
inutile raccontare ancora, basta solo dire al mistero si aggiunge mistero, che
a una camera chiusa si aggiunge un delitto impossibile, per una vicenda sempre più assurda e
inquietante nella quale Fredric Brown si conferma un giallista di grandissimo
talento, nella tradizione di Carr, Talbot e Rawson. E se la spiegazione del
secondo delitto è forse “azzardatina” come nei Carr più spericolati, quella del
primo caso è assolutamente geniale e coerente.
In
ogni caso, questo “Uno strano cliente” ha dalla sua, oltre che i virtuosismi
dell’intreccio, anche una scrittura martellante e mai noiosa, personaggi veri e
umanissimi, dialoghi pieni di verve e, come sottolineato prima, è pervaso da un erotismo elegantissimo che
personalmente apprezzo purchè, appunto, resti elegante.
A
mio modesto parere, un vero capolavoro. In quanto a voi, fate come me; se
vedete su un giallo il nome Fredric Brown, prendetelo, se vi va male è un ottimo romanzo, se vi va
bene, come in questo caso, è un masterpiece.
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