C’è da qualche anno in Inghilterra, sui canali BBC, un
telefilm meraviglioso, per chi scrive il più bel telefilm degli ultimi tempi,
con buona pace del tanto celebrato “Downton abbey” che dopo la prima, splendida stagione si è
involuto fino a diventare niente di più di una sontuosa telenovela.
Il telefilm in questione, che sto seguendo in lingua
originale con sottotitoli Italiani resi
disponibili da quegli angeli di Subsfactory, si intitola “Call the midwife” che
in Italiano si traduce appunto in Chiamate la levatrice; questa serie è tratta da una trilogia di
libri tra il romanzo, il saggio e il memoriale della ex-levatrice e infermiera
professionale Jennifer Worth, morta purtroppo nel 2011 proprio quando il
successo del telefilm ha portato la sua fama a livelli planetari…Italia esclusa
almeno fino ad adesso, visto che il libro è uscito solo da una decina di giorni
e il telefilm, ahimè, nonostante sia già alla terza stagione e abbia vinto
numerosi premi, nelle nostre reti non è ancora arrivato. Beh, spero che l’uscita
del libro sia da apripista per la proposizione della serie in Italia, ma per
fortuna c’è internet e di questi tempi è possibile seguire una serie nonostante
i nostri media la snobbino colpevolmente; anzi, un pò li giustifico, visto che
una serie drammatica ma non melodrammatica, rigorosa e con poche concessioni
alla spettacolarità forse non ha presa sul nostro pubblico, che preferisce le
fiction- santino della Rai e i
Carabinieri da operetta di Mediaset.
In ogni caso, almeno il primo libro della trilogia
della Worth, pubblicato nel 2002, è finalmente arrivato anche qua grazie alla
Sellerio, che negli ultimi tempi sembra essersi scossa dal torpore della
continua riproposizione di gialli-noir contemporanei Italiani e Spagnoli per
proporre qualcosa di veramente valido, vedi “Orley Farm” di Trollope e questo “Chiamate
la levatrice”.
Questa strana opera autobiografica documentaristica e
rigorosa ma che comunque concede all’affabulazione quanto basta per rendere il
tutto una lettura assai godibile rappresenta, attraverso l’esperienza diretta della narratrice, due grandi
affreschi; quello dell’evoluzione della pratica ostetrica dal secondo
dopoguerra in poi e quello dell’ East-end Londinese dei quartieri popolari e
pittoreschi (termine elegante per non dire degradati) attorno ai vecchi Docks,
ossia i porti sul Tamigi che ora non esistono più, negli anni cinquanta del
secolo scorso, quando questo mondo ancora intatto stava però per mutare, fino a
scomparire del tutto; ora l’East end è irriconoscibile rispetto a quello narrato dalla Worth, e il libro
diventa quindi una testimonianza di incalcolabile importanza.
l'autrice da giovane
Il libro, però, è anche la splendida, quasi avventurosa
epopea del convento-ospedale “Nonnatus House”, dove l’ordine delle suore di San
Raimondo Nonnato (chiamato così in Latino perché nacque col Cesareo) praticava
l’arte della levatrice fin dalla metà dell’ottocento, in modo da garantire
anche alle famiglie povere un’assistenza ostetrica adeguata, e salvando
letteralmente migliaia e migliaia di vite di madri e bambini.Dopo la seconda
guerra mondiale, il servizio sanitario Inglese affiancò alle esperte suore
anche delle infermiere laiche, per garantire una copertura adeguata di un
territorio brulicante di persone che non conoscevano nemmeno il significato del
termine “contraccezione” e dove una donna poteva avere anche ventiquattro figli
(!) .Fin dalle prime pagine, assieme a una giovanissima e spaesata Jennifer
entriamo nella singolare atmosfera del convento, conosciamo le suore (la
vecchia e svampita Sister Monica Joan, che per anni ha diretto tutte le
attività ma che cominca a cedere alla demenza senile rendendo la vita talvolta
impossibile anche alle consorelle, la rude e sboccata ma efficientissima Sister
Evangelina, la dolce Sister Julienne, la riflessiva e ancora giovane e bella
Sister Bernadette) e le infermiere più anziane, che in realtà sono solo due; la
bionda e civetta Beatrix detta Trixie, che
si da arie da vamp ma in realtà è di saldissimi principi, e la dolce Cinthya,
pacata e remissiva. Con Jennifer arriva
anche la formidabile Camilla detta Chummy, un donnone di quasi un metro e
novanta dalla incredibile goffaggine, che però per la sua bontà e tenerezza
finisce per essere aiutata e benvoluta dalle colleghe e da tutto il quartiere.
Il team delle levatrici nel telefilm; Trixie, Chummy, Jenny e Cynthia
Dopo una prima parte di accurate descrizioni degli
ambienti e delle numerose pratiche legate alla professione di levatrice (con
dettagli anche crudi che sulle prime possono impressionare i lettori più
sensibili) la narrazione si fa più
mirata e intima; si analizzano ad uno ad uno i personaggi del nonnatus house e
le loro storie, per passare poi alle vicende degli assistiti, con storie a
volte grottesche, a volte drammatiche e altre volte terribili, come quelle di
Mary, giovanissima prostituta alla quale viene tolto il figlio illegittimo e
che per questo impazzirà arrivando a rapire dalla culla i bambini di altre
donne, o la triste storia di Mrs. Jenkins, una vecchia dall’aspetto ripugnante
che non fa che seguire le levatrici per informarsi sui parti; sulle prime
Jennifer ne è infastidita e tratta la donna con malcelata antipatia, poi col
tempo viene a conoscenza della sua terribile storia, fatta di indigenza, di
ospizi, di figli morti di stenti, e dopo un sereno bagno di umiltà fa di tutto
per aiutare la povera donna ad avere almeno una vecchiaia serena.
Insomma, volendo fare il più facile e banale dei
paragoni, un libro che sulle prime pare un saggio legato alla professione di
levatrice diventa un caleidoscopio di storie dal sapore Dickensiano (ecco, l’ho
detto) il mondo dei bassifondi che il grande autore ha reso celebre aggiornato
un secolo dopo. E il lettore, chiudendo il volume, capisce di aver compiuto un
viaggio inaspettato e irripetibile nel cuore oscuro di una Londra che ormai non
esiste più; l’autrice stessa infatti indica il rapido declino e la fine delle
Docklands grazie a due semplici fattori; la chiusura dei grandi porti fluviali
per lo scarico merci (che dava lavoro e sostentamento a tutti gli abitanti) e
la pillola contraccettiva, che pose fine alle famiglie esageratamente numerose
(i parti mensili scesero in poco tempo da sessanta a cinque) e alla conseguente
sovrappopolazione. Un mondo che, seppur duro, spietato, crudele e quasi
invivibile dal punto di vista igienico-sanitario l’autrice non può fare a meno
di ricordare con malcelato affetto, non tanto per una semplice mitizzazione
della propria gioventù quanto per lo smisurato orgoglio di aver fatto parte di
un sistema che permise di partorire dignitosamente a una quantità
impressionante di madri, un’impresa davvero ciclopica portata avanti da un
pugno di donne eccezionali con un coraggio, una determinazione e soprattutto un
ENTUSIASMO che al giorno d’oggi, in questi tempi di sospetto e disillusione, è
difficile anche pensare; chi ha ancora dubbi sulla parità dei sessi dovrebbe
proprio leggersi questo libro, ma è inutile pensare che possa farlo perché chi
ha pregiudizi simili è un imbecille e gli imbecilli non leggono libri,
specialmente come questo.
Un’altra cosa che colpisce è la rara obiettività dell’autrice;
non fa elegie o peana a niente e a nessuno, a seconda dei casi elogia o critica
duramente sia il sistema sanitario e giudiziario Inglese che lo stesso operato
del Nonnatus house. Non ci sono sconti per nessuno, sia per gli encomi che per
i biasimi. Vorrei trovare questa obiettività anche oggigiorno, lo vorrei
davvero.
Insomma, sperando che presto il telefilm sia trasmesso
sulle nostre reti, non mi resta che consigliarvi caldamente la lettura di
questo testo straordinario, forse uno degli ultimi grandi affreschi “in presa
diretta” di una Londra popolare che, nel bene e nel male, per due secoli è
stata e continua ad essere immortalata (a ragione) come la vera capitale del
mondo occidentale.
Ciao Omar,
RispondiEliminami scuserai se ti chiedo un favore (che non ha nulla a che fare con l'articolo, sempre comunque interessante). Ho bisogno giusto di qualche informazione sulla gestione del blog con blogspot. Come posso contattarti?
Intanto grazie
Stefano
Ciao Stefano,
RispondiEliminaMi farà molto piacere darti i consigli che chiedo (sempre che ne sia capace ovviamente) ma siccome, date recenti esperienze spiacevoli, ho un po di remore a scrivere qua il mio indirizzo email dove possono leggerlo tutti, chiedimi pure quello che vuoi sapere anche qua sul topic, non mi offendo se i commenti "divagano" dal tema.
Ciao Omar, grazie. Volevo solo avere qualche consiglio tecnico. Data la mia scarsa pratica, ad esempio vorrei sapere come rendere il blog facilmente trovabile sui motori di ricerca (il tuo è al primo risultato scrivendone il nome), come proteggerlo con copyright etc; insomma chiederti quali sono stati i tuoi accorgimenti quando hai aperto questo blog (dato che potrei aprirne uno io a breve).
RispondiEliminaGrazie e scusa l'intrusione!
Beh sinceramente non so se posso darti una risposa esauriente; nel senso che ho aperto il blog senza pensare a nient'altro che creare un mio piccolo spazio senza pretese, e alla mia "diffusione" ha contribuito soprattutto la mia perseveranza nel postare e la pubblicità che ha fatto un mio amico e follower, che ha anche lui un blog e mi ha per così dire "presentato agli amici", cosa che potrei fare io a mia volta col tuo, ad esempio. Quindi si viaggia sul passaparola, e aggiungo anche trovano un titolo al blog originale e accattivante come (scusa l'immodestia) ho fatto io; prima di intitolarlo "assassini e gentiluomini" ho guardato se il titolo non fosse già presente o fossero troppo usati titoli similari. Comunque te parti, che poi se sei bravo e interessi ingrani col tempo (non che io abbia legioni di ammiratori eh, ma i blog di gialli sono pochi e se sono validi un tu pubblico di nicchia, non numeroso ma affeziionato, finisci per fartelo...e con la tua competenza in materia avresti sicuro successo).
RispondiEliminaPer il discorso del Copyright, non so davvero cosa dirti, non ci ho mai nemmeno pensato; alla fine scrivo per divertimento, se mi copiano pazienza, non ci perdo il sonno. L'unica cosa che ti consiglio caldamente è, se devi riportare immagini o brani di altri libri, di specificare sempre la fonte, perchè in caso contrario potresti anche avere delle noie e dover rimuovere i contenuti.
Per l'aspetto grafico, creare un blog è facilissimo, basta seguire passo passo le istruzioni (se ci sono riuscito io, ti garantisco che ci possono riuscire tutti).
Resto a disposizione per chiarimenti ulteriori, buona serata.
Grazie mille Omar, molto gentile. Siccome il materiale che metterò a disposizione fa parte delle mie due tesi universitarie (almeno in parte), meglio che trovi il modo di proteggerlo. In ogni caso, quando aprirà, ti metterò il link, se hai voglia di darci un occhio. Grazie e buona serata ;-)
RispondiEliminaPer tornare un attimino in topic, in questi giorni lo sto leggendo (Chiamate la levatrice) e mi sta piacendo moltissimo! Fra le novità letterarie di quest'anno è sicuramente una delle più interessanti. E poi adoro Chummy!
RispondiEliminaBene, mi fa piacere che tu lo abbia preso! e se ti sta piacendo la prima parte più tecnica e "introduttiva", via via che il libro abbandonerà gli aspetti professionali per trasformarsi in un viaggio tragicomico (più tragico che comico, ma ci sono comunque momenti esilaranti) nei bassifondi della Londra del tempo sono sicuro che lo adorerai.
RispondiEliminaPreso sul Kindle!! Ho cominciato a guardare il telefilm grazie a un tuo consiglio e non potevo perdermi il libro!
RispondiEliminaMi fa tanto piacere Anna! il telefilm come lo trovi? io sono in pari con la terza stagione ed è sempre ottimo, ancora al livello della prima stagione, cosa abbastanza rara.
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