Cari amici, eccoci di nuovo qua, pronti per una nuova
stagione.
Come promesso nella sezione “novità” dello scorso Aprile da ora in poi mi
occuperò anche di film polizieschi e thrilling. Strano che non lo abbia fatto
prima, con tutte le pellicole a tema che mi sono divorato, ma che volete,
l’ispirazione è una dea capricciosa.
Esordisco in campo cinematografico con quello che, a
parere di chi scrive, è forse il film più sottovalutato della storia del cinema
thriller, per ironia della sorte diretto da colui che del genere è la garanzia,
il marchio di fabbrica, l’icona, il maestro Alfred Hitchcock.
Ma io lo so, sapete, perché questo “The wrong man”
(Ossia l’uomo sbagliato, titolo forse poco suggestivo ma comunque molto più
pertinente del banalotto titolo Italiano) non se lo fila nessuno o quasi, sia
esso il pubblico (e fin qui lo posso capire, non tutti possono essere degli
esperti) ma soprattutto la critica, anche quella più golosamente cinefila, che
non lo pone mai, ma proprio mai, tra le opere Hitchcockiane più significative;
perché è un film dimesso, spoglio e a tratti forse noioso. Lasciamone per un
momento da parte i pregi, guardiamone solo i difetti, intollerabili per
l’Hitchcockiano medio; il ritmo lento e per nulla avvolgente, l’atmosfera
realistica con glamour sottozero, personaggi comuni e senza nessun appeal, e
soprattutto non si ride mai; il film giusto per essere epurato e nascosto,
infatti non ne esiste, a che so, una versione in dvd (forse è esistita in
passato, ma non adesso), io ho sempre la mia antica vhs della De Agostini;
eppure, però, anche solo per essere un film del 1956, periodo di massimo
fulgore creativo del maestro, qualche tentativo di rivalutazione lo
meriterebbe.
Vi basti questo, in ogni caso; senza “The wrong man” quasi
sicuramente non ci sarebbe stato Psycho per come lo conosciamo. L’inizio della
svolta verso il realismo nell’opera Hitchcockiana viene proprio da qua. Come in
Psycho, abbiamo protagonisti del ceto medio-basso, persone vinte dalla vita,
senza nessuna peculiarità, lontani anni luce dagli eroi vincenti e dalle bionde
ricche e affascinanti raccontati tante (troppe) volte dal regista Londinese.
inquietante immagine dell'angoscia in cui vive la coppia.
ATTENZIONE; SPOILER!
Il protagonista Emmanuel Ballestrero (un Henry Fonda
letteralmente superlativo e credibilissimo)è infatti un musicista di un
esclusivo Night di New York, un impiego non troppo remunerativo ma che gli
permette di andare avanti assieme alla sensibile, dolce moglie Rose (Vera
Miles, la mancata musa Hitchcockiana) e ai due figli. La loro vita scorre
tranquilla e abbastanza serena, ma un brutto giorno al protagonista capita di
essere identificato come l’autore di alcune rapine avvenute tempo prima, e
questo da più di un testimone; lui ovviamente è innocente, ma il colpevole gli
somiglia moltissimo. Cosa dovrebbe succedere adesso, visto che è una pellicola
di Hitchcock? Certo, il protagonista, come nel “Pensionante”, o “Il club dei
trentanove”, o “Giovane e innocente”, o ancora “Sabotatori” con uno stratagemma
si darà alla fuga, seminerà i poliziotti, incontrerà una bella bionda dapprima
scontrosa e poi innamorata che lo aiuterà a scagionarsi e così via; invece no,
il mite e remissivo Ballestrero finirà in cella senza opporre resistenza
alcuna, e ne uscirà solo perché parenti e amici racimolano i soldi per la
cauzione. Ma non è finita; c’è il processo, la reputazione rovinata, gli
avvocati da pagare con soldi presi in prestito, tutto sapendo di essere
innocente. E a un certo punto Rose, l’adorata moglie, inizia a dare segni di
squilibrio mentale, tendenza sempre più inquietante e sinistra che culmina in
una scena che per me è la più agghiacciante di tutta la filmografia
Hitchcockiana; a un certo punto Rose emette una risata isterica, sgradevole,
nella quale emerge tutta la sua disperazione assieme ai prodromi della
follia; al confronto scene come quella della doccia in Psycho, o gli uccelli che
aggrediscono i bambini nell’omonima pellicola del 1963, sono robetta da asilo.
Vera Miles
E il film va avanti, lento, verboso, tra aule di
tribunale, case proletarie e l’istituto di igiene mentale dove ormai vive Rose.
Si cercano testimoni che possano scagionare l’imputato, ma senza fortuna. Al
processo tutto sembra mettersi al peggio, fortuna che un giurato si rivela
inadatto al suo compito, e tutto viene aggiornato a nuova data, con una giuria
più affidabile. Quando tutto sembra compromesso, il vero colpevole entra di
colpo in scena e quasi subito si fa beccare come un pollo mentre tenta una
rapina a un drug store, quasi come se il regista avesse deciso di aver giocato fin troppo con
la pazienza dello spettatore; quindi ci si incanala rapidamente verso un
apparente lieto fine, con il vero ladro che viene catturato e Ballestrero
rilasciato con tante scuse, ma tutto
questo non ci da nessuna consolazione, anzi, nella scena in cui il protagonista
incrocia in aula il vero colpevole e con voce tremante di rabbia e sdegno gli
dice “Per colpa tua mia moglie è impazzita” notizia accolta con estrema
indifferenza dall’arrogante criminale, ci sentiamo ancora più male, perchè il
colpevole sarà giudicato per i suoi reati ufficiali ma non per avere rovinato
forse irrimediabilmente la vita e l’armonia di una coppia ancora giovane e con
del futuro davanti; alla fine della storia, quindi, l’innocente ingiustamente
accusato non trova avventura e amore, trova solo le macerie di una vecchia vita
felice, ed è qui che si capisce che il regista per le grandi platee, stufo del
mondo da lui stesso creato, ha voluto narrarci una parabola Evangelica di
stampo quasi Bressoniano, e soprattutto ha voluto dimostrarci il suo talento
puro, visto che nessun altro suo film, tranne forse il successivo “Vertigo”
raggiunge simili livelli di intollerabile pathos.
Nell’ultima scena Ballestrero, ormai libero, corre da
Rose a comunicargli la bella notizia, ma la donna non muove un muscolo, è
completamente atona. Poi compare una didascalia, che vorrebbe essere
rassicurante, che ci dice che Rose si rimetterà entro due anni e che poi tutta
la famigliola vivrà felice e contenta, ma noi non ci crediamo, questa cosa
vogliamo vederla, non leggerla in una didascalia da film muto. Ma niente, non
ci sarà data questa gioia, l’incubo non è destinato a dissolversi, Ballestrero
non ricorderà le sue disavventure con fare ironico dopo una notte d’amore con
la bionda di turno. Tutto è notte e nebbia, la metropoli tentacolare che
avvolge, stritola e avvolge ancora, una visione desolata e senza speranza. Non
ve lo aspettavate, vero, dal regista di Caccia al ladro, La finestra sul
cortile, Rebecca e Intrigo Internazionale, vero? Eppure “The wrong man” è tutto
questo, e molto di più. Un autentico capolavoro, che tutti, non solo i patiti
di Hitchcock dovrebbero vedere. Io nel frattempo mi visiono di nuovo la mia vhs,
sperando che prima o poi qualcuno si decida a rieditarlo in DVD; forse una
versione c'è già stata, ma non risulta attualmente disponibile, e sarebbe tempo
di rivederlo nei negozi.
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