Per
il secondo mese consecutivo mi riesce di commentare un GM mentre è ancora
fresco di stampa a far bella mostra di se nelle edicole; non vi abituate troppo
bene, perché non so se riuscirò a tenere il ritmo per molto.
Lo
attendevo con piacere questo “Nightmare” , perché questo romanzo, a leggerne la
sinossi, mi pareva rientrasse a pieno in quel genere del “Female suspense” di
cui ho parlato nel numero scorso. E così è stato, ma solo parzialmente, come
solo parzialmente il libro mi è piaciuto.
Parliamo
appunto del riassunto in quarta di copertina; se non lo avete già letto non
fatelo, perché in esso in pratica si svela tutto quello che poi sarà il
romanzo, nel bene e nel male.
Partiamo
dai pregi; è senz’altro un romanzo
scritto (e tradotto) molto bene; l’autrice sapeva bene come si costruisce una
trama intrigante e avvolgente, e come gestire la suspense in modo egregio.
Si
parte piano, con una ragazza, la giovane Americana Patricia Carroll,
allegramente a zonzo senza meta per il Galles, per puro piacere turistico.
Durante il viaggio Pat soccorre un bello sconosciuto rimasto in panne, che si
rivela essere uno scrittore di successo che in mezz’ora si innamora cotto della
bella e disinibita ragazza. I due progettano di incontrarsi di li a qualche
giorno a Newcastle, perché lei vuole prima terminare il tour del Galles che ha
intrapreso e soprattutto deve rendere visita all’anziana zia del suo ex-promesso
sposo Stephen, morto tragicamente un anno prima. Una visita di circostanza
noiosa che la giovane vuole fare più
che altro per un vago e recondito senso di colpa, ma quando raggiungerà la
sinistra magione dell’anziana Mrs. Trefoile, inizierà per lei il “Nightmare”
del titolo, un incubo angosciante che travolge la sventurata Pat e mette a dura
prova i nervi di noi lettori.
Questi,
insomma, gli indubbi pregi, ma la medaglia ha, ahimè, un rovescio, ossia che
questo romanzo è talmente stracolmo di tutti i cliches della letteratura
Neogotica Vittoriana che essi tracimano letteralmente dalle pagine. Ora, per
tanti classici del genere si può dire che siano prevedibili perché inflazionati
da mille tentativi d’imitazione, ma questo libro fu scritto nel 1963 e già
all’epoca, quindi, si trattava di un’operazione nostalgia.
Praticamente,
mentre leggevo, già anticipavo ad alta voce tutto quello che sarebbe successo
nel libro, e anche i personaggi sono scontatissimi; la vecchia pazza fanatica
religiosa, i domestici devoti ma solo perché tenuti in scacco dalla loro
padrona con un ricatto, un ritardato mentale che bene o male ha la funzione di
fare da tramite tra la segregata e brutalizzata Patricia e colui che verrà a
soccorrerla (chi sarà il principe azzurro che soccorre la bella tenuta
rinchiusa dall’orchessa? Non c’è nemmeno bisogno di dirlo, suppongo..) insomma,
una cosa già vista e stravista che finisce per togliere al lettore il piacere
della sorpresa, la gioia di leggere un qualcosa di minimamente imprevedibile e
originale.
E
poi a me il libro non è piaciuto molto perché non sopporto le storie di donne
tenute prigioniere; va bene la donna minacciata da un pericolo oscuro, va bene
la ragazza in fuga, ma le violenze domestiche non mi attirano davvero; ma
questi sono gusti personali, e la mia opinione in questo caso è puramente
soggettiva, se a voi la trama intriga fate benissimo a leggere questo romanzo, che
per me è già finito nella corposa pila dei libri che non rileggerò, ma a
qualcun altro potrebbe piacere e anche molto; quindi, alla fine di tutto questo
panegirico, non lo sconsiglio e non lo consiglio, mi sento indeciso a dare un
giudizio definitivo su un’opera che in fondo è forse povera di idee ma di
indubbia qualità letteraria. Fate voi.
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