In questi giorni,
chissà perché, ho la tendenza di ergermi a paladino di opere generalmente giudicate
minori o poco riuscite dei grandi autori del poliziesco. Dopo la rivalutazione
de “L’ultima avventura di Philo Vance” di Van Dine, passo a un’appassionata
difesa di quello che è uno dei libri più calpestati e maltrattati di Zia
Agatha, ovvero “Poirot e i quattro”, che ho riletto nella versione ritradotta da Ombretta Giumelli uscita nei classici del giallo numero 530 (dalla prossima edizione al vedremo finalmente anche negli oscar?) , libro giudicato “Orribile” da Barnard nel suo
opinabilissimo saggio “L’arte dell’inganno” e comunque giudicato men che
mediocre da molti specialisti dell’opera della Christie. Io, che non sono un
critico e non ho pretese di esserlo, ammetto che “The big four” possa forse essere
l’opera più scombiccherata, puerile e squilibrata dell’autrice, ma di gran
lunga anche la sua più divertente e spensierata; e oltretutto contiene elementi
importantissimi per la pur tenue continuity della Saga di Poirot e il fido
Hastings, visto che si situa idealmente tra “Aiuto Poirot” e “L’assassinio di
Roger Ackroyd; all’inizio infatti troviamo Hastings che torna in Inghilterra
dall’Argentina, dove si è sposato e ha messo su famiglia con la sua “cenerentola”,
conosciuta proprio nel secondo romanzo con protagonista il detective Belga e la
sua spalla ideale, e si conclude con Poirot che, stremato dopo la lunga
battaglia coi terribili Quattro, esterna il desiderio di mettersi a coltivare
zucche in qualche paesino sperduto, e proprio così lo ritroviamo all’inizio del
Roger Ackroyd.
Infatti il
romanzo, uscito nel 1927 dopo il fondamentale “L’assassinio di Roger Ackroyd”
ma in realtà scritto prima di esso ricucendo alla meglio quattro racconti a se
stanti in un momento di stanca creativa (che coincise con la famosissima
vicenda della sparizione della Christie), è come detto un’opera poco organica e
sbilanciata, con continui cambi di scenari e personaggi e votata all’azione
pura; infatti qui, nonostante qualche enigma tipicamente giallo non manchi
(essi forse erano il nucleo dei 4 racconti originari) siamo in piena Spy story,
con un Poirot James Bond ante litteram
che si batte contro una specie di Spectre fondata da quattro elementi
pericolosissimi che assieme aspirano
nientemeno che al dominio del mondo; un cinese che trama nell’ombra
(erano gli anni di Fu-Manchu), un miliardario americano che rappresenta il
potere dei soldi (erano gli anni ruggenti degli States), una scienziata Francese
tra Madame Curie e Satanik e infine un personaggio misterioso, dotato di grande
ferocia e illimitate capacità di trasformista, chiamato “Il distruttore”, ossia
l’esecutore materiale dei crimini dei quattro, il nemico che Poirot e Hastings
si troveranno più spesso a fronteggiare direttamente, in una continua sfida sul
filo del rasoio.
Ma il romanzo, che
spazia dall’Inghilterra alla Francia per concludersi sulle Dolomiti (!), è
soprattutto il romanzo dell’amicizia tra Poirot e Hastings, novelli
moschettieri pronti a dare la vita l’uno per l’altro; e in molte occasioni tale
reciproca fedeltà sarà messa alla prova, visto che la battaglia coi quattro si
protrae per quasi un anno, tra continui botta e risposta fatti soprattutto di
sconfitte, visto che Poirot, prima di trionfare, subirà molte e cocenti disfatte,
soprattutto dal diabolico e geniale distruttore. Ma questa amicizia forte e
sincera ha un che di ottocentesco che scalda il cuore proprio per la sua
ingenuità; dopo questo episodio l’autrice si guarderà bene dall’essere più così
zuccherosa, e a parer mio è un peccato.
E una cosa che fa
dell’opera un capitolo a se stante è il ritmo assolutamente frenetico e senza
pause della narrazione, roba da far impallidire il Wallace più scatenato.
Incredibile come un libro come questo sia coevo al geniale ma staticissimo
Roger Ackroyd, a conferma del poliedrico talento della regina assoluta del
giallo. Certo, ci sono altri romanzi dell’autrice che hanno un ritmo spigliato
(Avversario segreto, L’uomo vestito di marrone, Perché non l’hanno chiesto a
Evans?, Il mondo è in pericolo) ma niente di lontanamente paragonabile a questo
adorabile action, che tra l’altro dispone di un arsenale praticamente
illimitato di colpi di teatro, agnizioni, travestimenti, identità segrete e
altri ammennicoli divertenti che poi la Golden Age col suo rigore,
rappresentata proprio dalla stessa Agatha, spazzerà via; quindi proprio per questo
quasi tutti i lettori sono portati a considerare “Poirot e i quattro” come un
peccato di gioventù inspiegabile e perdonabile a fatica, non riuscendo a
scorgerne le grandi qualità di intrattenimento, del puro godimento che esso
regala, di come leggendo possiamo tornare ragazzi, credere nei buoni che
sconfiggono i cattivi e nell’amicizia vera e sincera; e se una persona leggendo
si indigna e considera il tutto una
stupidaggine enorme beh, questo è un problema suo, non certo di Agatha
Christie.
Salve, innanzitutto Le faccio i complimenti per il bellissimo blog, scoperto l'altro giorno grazie al blog del Giallo Mondadori: mi piace molto il tono degli articoli, seri, godibili e con un pizzico di ironia :) E complimenti anche per il bellissimo articolo apologetico! Mi piacerebbe sapere una sua opinione per quanto riguarda l'episodio "Poirot e i quattro" con David Suchet trasmesso una settimana fa. Ha avuto occasione di vederlo? Grazie sin d'ora per la risposta. Alberto
RispondiEliminaSalve Alberto, grazie mille per le lodi immeritate al mio blog! Guardi, per quanto riguarda il film purtroppo me lo sono perso, ma per fortuna ha registrato un mio amico e me lo farà avere a breve. Ma per quanto riguarda il telefilm di Poirot devo dire che sono un fan delle prime stagioni con gli episodi brevi, molto godibili e simpatici anche se poco fedeli alle storie originali, mentre negli ultimi anni i film tv con cast di richiamo e grandi mezzi mi hanno lasciato piuttosto freddo, perché spesso e volentieri viene tradito lo spirito dell'autrice, e in certi casi addirittura travisato disastrosamente, si veda l'orribile trasposizione di Assassinio sull'Orient Express, con Poirot in preda a una crisi religiosa (sic) e un tono enfatico che è totalmente estraneo alla Christie. In ogni caso alcuni titoli delle ultime stagioni mi sono piaciuti molto (tragedia in tre atti, Macabro quiz) per cui vedrò con piacere anche questa tredicesima e ultima stagione, non fosse altro per "Sipario" dove a quanto pare Suchet si è superato nel rendere il Poirot vecchio e sofferente del romanzo.
RispondiEliminaLo confesso, nemmeno a me "Poirot e i quattro" entusiasma granché pur non arrivando a deterstarlo, forse per la citata mancanza di organicità, però la chiave di lettura proposta da questo articolo è molto interessante. Forse rileggendolo con occhi meno implacabili e con puro spirito di divertimento, credo che risulterebbe una lettura gradevole, uno schiaccia-pensieri di classe, direi. Grazie ancora per il bell'articolo
RispondiEliminaGrazie mille a lei per aver gradito!! anzi, e questo vale per tutti coloro che leggono, datemi pure del tu!!
RispondiEliminaComunque lo sbaglio che secondo me si fa leggendo questo romanzo non è tanto quello di trovarlo più o meno riuscito in se stesso( tutte le opere possono piacere o non piacere, giustamente, ognuno di noi ha una sensibilità diversa) ma quello di paragonarlo sempre ai capolavori dell'autrice, il dire "A confronto di.... è orribile", che secondo me porta a equivoci che possono spiazzare.
Sono d'accordo. Eventuali confronti (con i capolavori) volti automaticamente a mettere in luce negativa il romanzo in questione non fanno altro che accrescere il disinteresse, quel sentimento di repulsione automatico, nei confronti dello stesso, purtroppo. E a quel punto, basta anche solo un giudizio di quel tipo (appunto un confronto), che il libro si ritrova già "al buio". E' bene rimanere nel campo del dicibile, ossia se, considerata l'opera in generale, essa ha suscitato interesse nella lettura, coinvolgimento, emozioni, per poi cercare di ricostruire, ecco questo si può fare, un quadro intero dell'intera produzione dell'autrice, ma solo dopo aver tenuto ben in mente tutti i romanzi. In fondo il lavoro mentale di un lettore sta anche in questo: nel non soffermarsi semplicemente a fare con confronti con i "must" dell'autrice in questione ma nel cercare di dare giusto collocamento ad ogni singola opera. Almeno io tendo a fare così con ogni giallo. :)
EliminaCerto, il tuo è un ragionamento più che giusto; anche perché secondo me bisogna anche considerare il periodo di stesura di un'opera; di solito un autore ha un periodo iniziale di rodaggio, una parte di carriera intermedia nella quale di solito sforna i titoli migliori e poi nell'ultima parte di solito si ha un calo dovuto all'età; per cui un Christie del 1922 non può essere giudicato come un Christie del 1939 o del 1968, perché è l'autore che è diverso, che è cambiato col tempo. Per cui l'unica cosa sensata da fare è valutare ogni opera una ad una, tenendo conto di molti fattori e variabili.
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RispondiEliminaEh , i racconti della Allingham mi appresto a leggerli proprio ora ora! d'altra parte Agatha è irraggiungibile, mi accontenterei fossero godibili almeno un quarto dei primi racconto brevi della regina del giallo. In ogni caso è vero, Agatha era molto poliedrica, e la sua forza era proprio quella, riuscire alla grande in tutte le varianti del poliziesco.
RispondiEliminaNon ho letto "Poirot e i quattro" (sono ancora un novellino della Christie) , ma da tempo ho imparato a prendere con le pinze definizioni del tipo "questo è un romanzo minore" oppure "un opera non completamente riuscita", perché sovente questo tipo di libri sono quelli che alla fine mi restano più cari! Basti pensare a due dei miei preferiti ovvero "L'uomo vestito di marrone" e "Avversario segreto": sono due storie con trame piuttosto blande e sciocchine, ma l'umorismo della Christie e il brio dei personaggi sono ai massimi livelli, rendendoli due libri a mio parere piacevolissimi. E prendiamo un altra opera piuttosto snobbata e considerata "minore": Poirot e la salma. La Christie -almeno nei gialli- non ha mai brillato per quanto riguarda lo scavo psicologico dei personaggi, ma in quest'opera (rovinata da un Poirot più arido e inumano del solito) ci presenta uno studio di caratteri incredibilmente accurato e complesso, che lo rendono uno dei libri più belli e ben scritti dell'autrice. Stessa cosa per i romanzi senza investigatori fissi: spesso sono etichettati come "di serie b" rispetto a quelli con l'omino belga, ma non per me. A mio parere, un libro come "Crooked House" (E' un problema) è un piccolo capolavoro, che non ha niente da invidiare agli altri più famosi!
RispondiEliminaInsomma, tutto è soggettivo ma nel mio caso, Dame Agatha mi ha sorpreso più spesso in quei romanzi considerati minori piuttosto che in quelli più famosi e osannati.
Yue, se tu sei un novellino della Christie io sono una pastorella tirolese. Comunque Avversario segreto è assolutamente adorabile e l'ho letto due volte, mentre "L'uomo vestito di marrone" credo di averlo letto in una traduzione non adeguata, così come "Un messaggio dagli spiriti" e altre opere che mi hanno lasciato freddo ma che devo rileggere in una nuova traduzione, per poterle almeno giudicare per come meritano. Etichettare poi i romanzi senza personaggi fissi come minori è follia pura; basterebbe il solo Dieci piccoli indiani a far passare certe voglie, ma anche "E' un problema", "LE due verità" , "Perché non l'hanno chiesto a Evans" e soprattutto "Nella mia fine è il mio principio" sono opere di altissimo livello.
RispondiEliminaPer quanto riguarda "Poirot e la salma" La Christie in effetti ammise che Poirot non c'entrava un tubo con la vicenda, e infatti nella versione teatrale che ne trasse il piccolo Belga opportunamente sparì.
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RispondiEliminaCredo che ai racconti della Allingham dedicherò un post su questo blog, spero presto.
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