Della
strepitosa iniziativa del Corriere della sera, che da qualche
settimana ci sta proponendo l'intero ciclo di Arsene Lupin, re dei
ladri gentiluomini (anche se non il capostipite..) nelle nuove
tradizioni integrali della Newton ho già parlato, e spero di avere
interessato qualcuno di voi, se non altro a prendersi l'ebook del
mammuth Newton (edizione alla quale si rifà la collana del Corriere)
a 4,99. Ma ormai, in Italia, chi li conosce più Leblanc e la sua
creatura? Su Wikipedia e siti specializzati poco o niente, nemmeno
qualche trama sommaria dei romanzi, insomma, un autore non tanto
sottovalutato quanto proprio obliato dal grande pubblico, anche se
Lupin lo conoscono tutti, ma solo per “merito” di un cartone
animato Giapponese che rielabora in modo assai Nipponico (sulla
qualità del prodotto non mi pronuncio, perché gli appassionati di
anime sono minacciosi e saltano alla gola) il personaggio.
Ma
cerchiamo di inquadrare meglio la sfocata materia. Maurice Leblanc
era un autore Francese, ma era Italiano, anzi Napoletano, da parte di
madre; raffinatezza, calore e creatività li aveva quindi nei geni.
L'autore
Iniziò
col pubblicare racconti realistici sullo stile di Maupassant, quando
nel 1905, per scommessa, pubblicò il racconto "L'arresto di
Arsene Lupin" dando poi vita a un ciclo unico nel suo genere,
conclusosi solo nel 1941con la morte dell'autore; come Sherlock
Holmes (che fu pubblicato da Conan Doyle fino al 1927), i romanzi con
Lupin continuavano ad avere successo pur appartenendo a un gusto
letterario di stampo ottocentesco decisamente superato, ed era un
lusso che in pratica si poteva permettere solo Leblanc; ormai la
narrativa del mistero, in un'epoca in cui la Christie e Simenon erano
già sulla breccia, aveva preso altre strade, ma il pubblico Francese
non tradì mai il suo grande narratore.
Si,
perchè Leblanc era (e rimane) davvero un grande. Però, tenete
conto, non era un giallista, no, Leblanc fu l'ultimo, e forse il più
grande, esponente di quel Feuilleton iniziato in Francia quasi un
secolo prima con Sue, narrativa popolare dalle tinte fosche e dai
molteplici colpi di scena ereditata poi da Paul Feval, Xavier de
Montepin, Souvestre e Allain col loro Fantomas, Gaston Leroux e molti
altri; Leblanc ne fu il compimento, il punto d'arrivo di un genere da
lui stesso tenuto in vita oltre il suo ciclo naturale. Questo perchè
Leblanc, ammiratore di Conan Doyle, seppe portare nella narrativa
popolare Francese, abbastanza pesante e oggi faticosamente leggibile,
la leggerezza della prosa Anglosassone, togliendo esasperazione e
melodramma in favore di agilità e umorismo. Per questo ha varcato in
carrozza la soglia del secolo ventunesimo, mentre il lutulento
Fantomas è rimasto ormai irrimediabilmente impantanato.
Ma,
diciamocelo, il folle e truce Fantomas e il raffinato e gioioso Lupin
non si sarebbero rimasti molto simpatici; Lupin non uccide, non
terrorizza, e ruba solo a chi sa che, nonostante il furto subito,
continuerà lo stesso a mangiare il suo caviale quotidiano. Un
novello Robin Hood, se non fosse per il fatto che di dare ai poveri
non ci pensa nemmeno un po, a parte qualche significativa eccezione.
Lupin si fa beffe delle sue vittime, dei poliziotti che indefessi
cercano di catturarlo rimanendo col solito pugno di mosche in mano
(tra i suoi avversari abbiamo anche una parodia di SH, ovvero Herlock
Sholmes). Galante e seducente, flirta con tutte le donne che gli
capitano a tiro, talvolta in modo niente affatto casto.
Il
ciclo delle avventure del ladro gentiluomo si può sommariamente
dividere in due categorie; le storie (principalmente i racconti
brevi) di gusto più British, e le storie (romanzi come La contessa
di Cagliostro, La scheggia d'obice, L'isola delle trenta bare) di
stampo decisamente più continentale.
A
questo secondo gruppo appartiene senz'altro "Arsene Lupin e la
contessa di Cagliostro" testo del 1924 che riassume appieno la
parte "verace" della saga del ladro gentiluomo.
Cover dell'edizione uscita 2 settimane fa in edicola.
Questo
romanzo si può senz’altro definire come il “Ritratto del ladro
da giovane” un vero e proprio bildungsroman criminale dove il
ventenne Arsene, gentleman cambrioleur già dotato ma ancora grezzo e
inesperto che al tempo dei fatti narrati si faceva chiamare Raoul
D’andresy, si imbatte per la prima volta in avversari degni del suo
nome e soprattutto nella donna che lo renderà uomo in ogni senso,
una vera e propria Afrodite sensuale e perversa come solo una Dea può
essere; Josephine Balsamo, alias Contessa di Cagliostro, dalle
origini misteriose (e mai del tutto chiarite da Leblanc, che si
dimostra maestro di ambiguità), che alcuni credono essere la
reincarnazione di una donna vissuta oltre due secoli prima dei fatti,
se non proprio la stessa donna riuscita a mantenersi in vita, oltre
che giovane e bella, grazie chissà a quale artificio, magari
risalente al suo sinistro antenato. Lupin, a un certo punto, da alla
stessa contessa una spiegazione razionale sul mistero della sua età,
e la donna non conferma e non smentisce.
Aldilà
della trama, molto avvincente ma ormai inflazionata da innumerevoli
tentativi di imitazione, di un tesoro nascosto in qualche ignoto
anfratto e conteso tra due bande, quella capeggiata dalla stessa
Josephine e quella formata da cosiddetti “nobiluomini” e
capeggiata dal fosco Beaumagnan, legato alla Balsamo da un rapporto
di odio profondo e straripante passione.
Ma
Beaumagnan, più che un cattivo tout court, è in fondo solo una
delle tante, patetiche vittime di Josephine; nessuno, infatti, può
resistere al fascino, al tempo stesso angelico e demoniaco, della
contessa; Arsene Lupin se ne innamora perdutamente, dimenticando per
lei, in modo assolutamente meschino (ma forse, se a vent’anni
avessi avuto una come la Balsamo tra le mani, nemmeno io sarei stato
irreprensibile..), la dolce Clarisse d’Etigues, figlia di uno dei
seguaci di Beaumagnan, da Lupin sedotta e abbandonata senza troppi
patemi. Sarà la pervicacia dell’amore di Clarisse, più forte di
tutto e tutti, a trarre il giovane Lupin dal baratro di una passione
folle e totalizzante, per un romanzo che senza una sola descrizione
esplicita riesce comunque a tracimare di un erotismo decadente e
raffinato. E quando il finale dell’opera, volutamente aperto per
lasciare spazio a seguiti, vedrà Lupin- Ulisse sfuggire a Calipso e
riunirsi alfine alla sua Clarisse- Penelope, l’ombra della Contessa
sarà ben lungi dall’essersi dissolta.
Per
quanto mi riguarda, questo splendido romanzo rappresenta il canto del
cigno e il punto d’arrivo del feuilleton, genere che cesserà di
esistere (lasciando perdere romanzacci di qualità infima scritti da
chissà chi) con Leblanc; la Francia era pronta per altre espressioni
artistiche, Simenon si sarebbe presto affermato, così come i grandi
Noir adulti e disillusi scritti da Prevert e diretti da Carnè, e poi
ci sarebbe stata una guerra dopo la quale i Francesi non avrebbero
più avuto voglia di Feuilleton ma di realismo, di passione politica,
e poi di Nouvelle Vague. Ma mentre molte cose passano, Leblanc rimane
e rimarrà, assurto ormai a mito, a classico senza tempo. Ed è
giusto che sia così, e che iniziative come quelle del corriere,
necessarie e meritorie, lo sottolineino.
Non ho letto nulla di questo autore; conosco Lupin solo in virtù della serie tv, vista da bambina, nei prolifici anni 70. Ho cercato la versione EBook dei Mammut e costa 6,99 €. Aspetterò ancora un po', perché spesso li mettono in offerta.
RispondiEliminaMai vista la serie TV, purtroppo non la ripropongono nemmeno sui canali satellitari. Comunque sappi che con 6,99 ti prendi tutto il corpus, quattromila pagine scritte fitte, quindi secondo me ci puoi stare ;)
RispondiElimina