Proseguo
il mio percorso "alternativo" sulla letteratura poliziesca parlando
di fumetti. Quello della nona arte è un linguaggio che nel corso del tempo si è
notevolmente evoluto e arricchito, se non in qualità, in tematiche; ormai il
fumetto Italiano e mondiale presenta infinite serie, infiniti personaggi che
rappresentano tutti i generi.
Prendiamo
la casa editrice Bonelli, che per quanto riguarda i comics in Italia fa la
parte del leone assieme alla Panini. Una volta aveva solo 4 o 5 personaggi
(Tex, Zagor, Il piccolo Ranger, Il comandante Mark...) ora ne ha decine. Il primo
"eroe" di una serie poliziesca fu Nick Raider, dagli anni ottanta
fino al 2006; ora il personaggio di punta per il giallo è Julia, una detective
in gonnella somigliante a Audrey Hepburn, fumetto molto addentro alla realtà di
oggi, e per me noioso e senza sussulti come i telefilm preserali.
Ma
di fumetto contemporaneo non parlo, perchè non lo seguo. Io sono legato ai
fumetti di una volta, conosciuti e amati grazie ai miei genitori, e sono legato
affettivamente soprattutto alle vecchie storie Disney, a Tex e a Zagor; serie
dove poteva avvenire di tutto, specialmente un tempo dove il fumetto era più
libero perchè i lettori accettavano ogni deviazione narrativa con piacere,
consci che il divertimento veniva prima di tutto, mentre adesso, specialmente
su Tex, una storia con elementi soprannaturali o comunque alternativi al puro
Western sono un evento perchè ci si preoccupa troppo della verosimiglianza.
Ma
ripeto, lasciam perdere il serioso fumetto odierno, e concentriamoci sul
vecchio Tex, quando lo scriveva il suo creatore Giovanni Luigi Bonelli, e lo
disegnava il grande Aurelio Galleppini. La serie poi venne continuata, dopo
l'abbandono per motivi anagrafici di Bonelli, da altri autori tra cui Claudio
Nizzi, che prima di sbarcare su Tex, e anche adesso che ha lasciato la serie, è
uno scrittore di gialli; grazie a questa sua vena, abbiamo avuto per un certo
periodo delle ottime storie in salsa mystery di Tex, anche se al poliziesco indulgeva ben volentieri già
Bonelli, che amava sia scrittori neri come Mickey Spillane che giallisti come
Edgar Wallace.

Fin
dagli albori della saga Texiana, infatti, abbiamo storie con l'elemento misterioso molto spiccato. Nel primo
periodo della serie, infatti, apparve veramente di tutto; alieni, dinosauri, scienziati
pazzi, mummie Azteche risorte, civiltà misteriose nascoste tra i monti, altre
rimaste ferme all'epoca dei conquistadores, e soprattutto l'infernale
negromante Mefisto, nemico numero uno di Tex, dapprima spia e doppiogiochista e
poi, grazie alle arti magiche che padroneggia, sempre più temibile stregone;
quindi qualche storia del mistero, per quanto inverosimile, era davvero il meno.
Ma
prima di tutto va inquatrato il tipo di narrativa poliziesca che presentava
Bonelli; non creava infatti gialli veri e propri, che sarebbero stonati in una
serie comunque Western, ma amava proporre questa classica situazione; un
cattivo dalla doppia identità molto intelligente e spietato a capo di una banda che, per non farsi
riconoscere dai suoi stessi sgherri, camuffava il suo aspetto. Ovviamente poi
questo cattivo risultava essere puntualmente uno dei personaggi più simpatici e
insospettabili, che anzi durante la storia spesso diventa "alleato"
di Tex.
Il
primo caso di "cattivo camuffato" si ha nel numero 4 della serie
gigante (come saprete Tex dapprima uscì in formato a striscia e poi venne
raccolto in fascicoli formato libretto che sono quelli che tutti possiedono, e
per comodità citerò questi anzichè il formato originario) dove a fare il doppio
gioco è Stern, di giorno innocuo paralitico sulla sedia a rotelle dall'aria
irreprensibile, ma che poi diventa un losco figuro con occhiali neri e barba
posticcia, per nulla invalido, che comanda una terribile banda composta sia da
occidentali che da terribili cinesi torturatori (Erano gli anni di Fu Manchu e
del pericolo giallo) . La storia si intitola "La banda del rosso", ed
è una delle migliori tra le prime avventure.
Nella
storia immediatamente successiva (numero 5) abbiamo invece la prima Dark Lady
in gonnella, la splendida "Satania", bellissima quanto perfida
capobanda con servitori malesi e un feroce Orango come cane da guardia (vi
viene in mente un certo racconto di Poe?); a proposito del mitico Orango Gombo,
l'aggressione di quest'ultimo a Tex e Carson è una degli episodi più
terrificanti e affascinanti della saga.
Satania..e Cora Gray (fonte immagini; sito "baci e spari").
In
ogni caso, fin da questa storia emerge il limite di Bonelli come
giallista; Satania, che indossa una
maschera vagamente piratesca, è una sventola mai vista prima, e in tutto il
circondario chi è l'unica donna bella
come lei? la ballerina e chanteuse Cora Gray, che Galleppini modellò sulle
sublimi fattezze di Rita Hayworth. Quindi, chi ci celerà sotto la maschera di
Satania? insomma, individuare il colpevole non era certo difficile, ma di
fronte a storie tanto scatenate e palpitanti, chi se ne importa?
Dopo
Satania, per avere un altro figuro con barba posticcia bisogna attendere il
numero 23, anche se Frank Mulligan non è un avversario memorabile. Ben più
impresso nella memoria dei lettori è senz'altro il temibile "Coyote
nero", un pericoloso antagonista (appare nei numeri 29 e 30) che travestendosi da stregone in barba
bianca e tunica soggiogherà una tribù di fino ad allora pacifici Piutes,
impiegandoli nelle sue malefatte. Ovviamente sotto la maschera del Coyote nero,
che per poco non riesce a fare la pelle a Tex, si cela l'individuo in apparenza
più innocuo del paese.


Tre
numeri dopo, 32 e 33, abbiamo la storia più genuinamente poliziesca di Bonelli,
ossia "L'uomo dalle quattro dita", storia a enigma con poca azione e
con un colpevole non del tutto scontato, furbissimo e subdolo ( e sempre a capo
di una banda, e sempre con barba finta e occhiali neri) , e che usando un trucco preso pari pari dalla
"Traccia del serpente" di Rex Stout, non riesce per un soffio a
eliminare Tex; per la precisione ci prova con un bicchiere di whisky
avvelenato, morte certa dalla quale il ranger si salverà per uno dei suoi
proverbiali colpi di fortuna; il bicchiere gli viene tolto di mano da un
ubriacone, che beve tutto d'un fiato e cade a terra morto. Vabbè.

Ma
il capolavoro del mistero di Bonelli, quello più spettacolare, l'apoteosi
dell'assassino mascherato, lo abbiamo nei numeri 45 e 46; la spettacolare
storia "La voce misteriosa" (o La valle della paura) parla infatti non più di un capobanda, ma
di un enorme scimmione che gira per la prateria con un cavallo nero a tagliare
la testa ai poveri malcapitati che incontra; per tutti un demone, per Tex un
assassino in carne e ossa, che cerca di capire chi si cela sotto il
travestimento integrale (non più una semplice barba finta) dello scimmione assassino. Vi sembra assurda? magari si,
ma questa storia è uno spettacolo assoluto, di suspense e di atmosfera, e con
un finale terribile ma anche patetico; potrei recitarla a memoria, avessi un
euro per ogni volta che l'ho letta vivrei di rendita per anni, credo.
Sfortunati i bambini che crescono senza averla letta, anche se si
risparmieranno qualche incubo (oddio, sempre meglio delle immagini dell'isis al
tg della sera, non vi pare?).

spettacolare cover di Galep con lo scimmione assassino.
Dopo
questa storia memorabile, per un po la vena mystery di Bonelli si appanna,
anche se la qualità generale delle storie cresce. nel corso degli anni,
comunque, Bonelli non abbandonerà mai, fino alla fine della sua avventura con
Tex, la tematica del capobanda camuffato, sempre evolvendola; le ultime grandi
storie con cattivi in maschera sono “Chinatown” (numeri 109-113) dove agiscono
i cinesi capeggiati dal terribile "Drago", la cui identità fu per me,
la prima volta che la lessi, uno shock notevole, poi la misteriosa
"Maschera di ferro" che capeggia una banda di Afroamericani nella storia
"Il clan dei cubani" (numeri 229-232) e per finire la terribile setta
di fanatici religiosi che appare in una delle avventure più crudeli e
disturbanti della saga (numeri 248-249) , nella quale i capi in maschera sono
più di uno, ma stavolta non fanno sorridere per ingenuità come nelle prime
storie, fanno davvero paura.
Dopo
un periodo dove nelle sceneggiature a Bonelli padre si alternava Bonelli
figlio, ossia Sergio (che scriveva sotto lo pseudonimo di Guido Nolitta, e
aveva un approccio più realistico e crepuscolare verso il ranger), arrivò come
detto Claudio Nizzi, un fumettista dalla vena mystery piuttosto spiccata oltre
che, naturalmente, un gran senso dell'avventura; iniziò alla grande con storie
memorabili, ma la sua vena si esaurì. Lentamente ma inesorabilmente, dalla seconda
metà degli anni novanta in poi, e le sue ultime storie Texiane, compreso il
deludentissimo ritorno di Mefisto, sono ampiamente sotto la sufficienza.
Ma
concentriamoci sul primo periodo, il migliore. Già dalla sua primissima storia
(numeri 273-274) intitolata "Un
diabolico intrigo" si ha un enigma giallo con tutti i crismi. Il
poliziesco Nizziano molto diverso da
quello di Bonelli, Nizzi infatti ci regala delle vere e proprie storie gialle
in salsa Western, con un ampio ventaglio di possibili colpevoli e soluzioni
talora davvero soprendenti. Le due storie gialle più belle in assoluto
dell'autore sono senz'altro "I delitti del lago ghiacciato" (numeri
285-287) dove gli enigmi da svelare sono molteplici, e soprattutto la splendida
"La locanda dei fantasmi", contenuta nei numeri 301 e 302, dove si
riaffronta il tema del killer seriale, con una soluzione ingegnosa e dolorosa.
Notevolissime,
per suspense e atmosfera, sono anche "La nave perduta" (nn.328-330) e
"La miniera del terrore" (nn.
336-338) dove l'elemento poliziesco è marginale ma comunque importante.
Dopo
queste storie, oltre trecento numeri fa, il giallo si è visto col contagocce; a
parte una storia, la buona "Orrore" di Michele Medda, che si rifà al
tema di Jack the Ripper (numeri 409-410) l'elemento poliziesco, dirottato in
altre serie a tema, svanisce da Tex, o comunque trattato assai marginalmente.
Inutile
illudersi, i tempi dei cattivi in maschera o con le barbe finte sono finiti per
sempre, la narrativa odierna, compresa quella a fumetti, è malata di
verosimiglianza, di "adultità". E a noi romantici non resta altro che
godere come pazzi rileggendoci i capolavori del grande Bonelli, uno a cui gli
autori odierni, quello poco ma sicuro, a malapena sono degni di lustrare le
scarpe.