Come molti sanno, Conan Doyle non fu solo Sherlock
Holmes, anzi, fosse dipeso da lui il canone Holmesiano sarebbe assai più
ridotto. L’autore prediligeva scrivere altro, soprattutto romanzi storici come
il bellissimo ciclo di sir Nigel Loring (Le cinque rose, conosciuto anche come
la Compagnia bianca) ritenuto dall’autore, forse giustamente, il suo capolavoro, oppure la serie del
professor Challenger, lo scienziato-esploratore dai modi bruschi e dalla barba
come quella di un Assiro, che annovera titoli notevoli come “Il mondo perduto”
vero e proprio Jurassik Park dell’epoca, e anche molte opere tra fantascienza e
horror, perlopiù narrativa breve con dei racconti che sono dei gioiellini. Il
mondo Conandoyliano alternativo a SH lo scoprii da adolescente, e con sommo
diletto, grazie al meraviglioso cofanetto Newton che conteneva quasi tutta la
produzione orririfica e di scienze-fiction, e ormai dieci anni fa integrai il
poco che ancora mi mancava con la ormai irripetibile collana “Sherlock Holmes e
Co.- tutti i capolavori di Conan Doyle” Edita in edicola dalla Fabbri, che
presentava opere ormai introvabili come “Rodney Stone”, “La tragedia del
Korosko” e appunto “Il mistero di Cloomber” che
esamineremo in questa occasione.
Questo “The
mystery of Cloomber” fu scritto dall’autore nel 1889, tra “Uno studio in rosso”
e “Il segno dei quattro” i due primi romanzi Holmesiani. Un periodo di fervente
creativita nel quale l’autore non era ancora prigioniero della sua immortale
creatura e cercava ancora la sua strada di narratore.
E, bisogna ammetterlo subito, la strada per Cloomber
non era certo la migliore tra quelle intraprese dall’autore. Il romanzo, fin dalle prime righe, presenta
un pesante debito non solo di atmosfere ma anche di struttura (tutta la storia
è narrata attraverso testimonianze, lettere, diari..) con “The Moonstone” di
Wilkie Collins, il rivoluzionario capolavoro che cambiò per sempre il modo di
concepire le storie del mistero. Non deve certo stupire che il giovane Doyle
fosse rimasto oltremodo affascinato dal romanzo, è certo stato un destino
comune di tutti i Vittoriani alfabetizzati. E se con questo Cloomber volle
imitarlo un poco goffamente, non gliene si farà certo una colpa, anche perché
il breve (appena 130 pagine) romanzo mantiene quella leggibilità quasi
miracolosa che tutte le opere dell’autore, anche le meno riuscite, possiedono.
Non una pagina di noia in questo romanzo, anzi, per qualche misteriosa ragione
Doyle glissa su alcuni aspetti della trama (vedi la doppia storia sentimentale)
che avrebbero mandato in solluchero i suoi contemporanei, e che avrebbero dato
al testo maggior spessore e coerenza.
La storia, si vedrà, è del tutto assurda e piena di
coincidenze forzatissime; siamo in Scozia, in una landa desolata sul mare
d’Irlanda, una zona talmente fosca e minacciosa che al confronto Dartmoor e le
sue brughiere sono radiose e incantevoli. Qui, un professore di Sanscrito di
mezza età con un figlio e una figlia
ventenni e in bolletta perenne di nome John Hunter West viene invitato da un parente ricco a occuparsi
di una sua tenuta, che confina col fosco maniero di Cloomber, che si dice sia
stregato.
Qualche settimana dopo che i West si sono felicemente
installati nella contea il sinistro
castello viene preso in affitto dallo stravagante, inquietante generale
Heatherstone, un pluridecorato militare in pensione che però da anni vive come
braccato, trascinando la sua famiglia (moglie e figlio e figlia ventenni;
indovinate cosa succede non appena questi ultimi conoscono i figli del
professor West, loro coetanei? vi do un indizio, i ragazzi sono forti e
premurosi e le fanciulle entrambe belle e buonissime) in luoghi sempre più
remoti e inaccessibili, montando la guardia ogni notte temendo un pericolo
imminente, un qualcosa di tanto tremendo da non riuscire neppure a parlarne.
Il giovane West per settimane resta con il fondato
dubbio che il generale in fondo non sia del tutto pazzo, ma ecco che un brutto
giorno arrivano nella zona tre sinistri Indiani, colti ed eruditi (per la gioia
del professore di Sanscrito) ma con intenzioni poco chiare…
Rapidamente si arriva alla conclusione
della fosca vicenda (che Doyle, e questo è l'aspetto migliore del libro, lascia parzialmente nel mistero, con alcuni interrogativi non spiegati appieno, la cui risposta è lasciata alla fantasia del lettore), la quale ha origini remote abbastanza scopiazzate dalla Pietra di
luna, ma se in quest’ultimo libro la vicenda, seppur poco credibile in alcuni
punti, non varca mai la soglia del soprannaturale, Doyle scomoda senza troppo
batticuore magia Indiana e misteri della giungla nera, distruggendo ogni
pretesa di verosimiglianza ma divertendo assai quel lettore che prende il romanzo per ciò che è; Il mistero
di Cloomber non è infatti niente più che una bizzarra, assurda, ma in fondo
amabile fantasia vittoriana di un autore che, libero dai lacci di Holmes, non
badava più a contenersi risultando in alcuni piunti incoerente e goffo ma che,
come Wallace, Leblanc e pochissimi altri, manda in estasi il pubblico
bendisposto proprio per queste adorabili bizzarrie.
Il
romanzo si trova in libreria per i tipi della nuova editrice Berti nella bella collana "Il lama nero" che comprende anche testi di Chesterton, Leblanc e Buchan, ma costicchia, magari conviene cercare in
qualche reimanders l’edizione dlla Fabbri, con elegante copertine rigida.
Ciao,
RispondiEliminaso che Doyle ha scritto ben di più che tutto ciò che riguarda Holmes e che anzi voleva liberarsi del suo stesso personaggio, ma per qualche strano motivo ho sempre letto solo i romanzi che avevano Sherlock, che adoro, come protagonista. Leggendo questo tuo post, mi è venuta voglia di allargare la mia Doyle - cultura.
Veronica
Ciao Omar
RispondiEliminaDa Doyleiano ho letto il testo l altr anno proprio nella bella snella ed economica edizione che hai consigliato.
Concordo in tutto. Atmosfere particolari...mare scrosci onde e tempeste...e il sempre piacevolissimo narrare in prima persona di ACD. Si legge in tre giorni. Doyle é garanzia di piacere di lettura...indipendentemente da trame o periodi.
Ciao Veronica, benvenuta sul blog!
RispondiEliminaSinceramente trovo la produzione di Doyle extra-Holmes piacevole quanto e talvolta più di quella col grande detective, il che tutto dire visto che SH per me è sacro. Questo Mistero di Cloomber non è tra le sue cose migliori, ti consiglio caldamente di leggere prima il ciclo di Challenger, quello di Sir Nigel Loring (tieni conto però che non conosco le tue preferenze riguardo ai singoli generi letterari) e i racconti del soprannaturale, che si trovano in un elegante volume dal titolo "Il vampiro del Sussex e altri racconti" edito per gli oscar Mondadori. Altrimenti su Ebay credo si trovi ancora il cofanetto newton con "tutti i racconti e i romanzi fantastici e dell'orrore" oppure i vecchi volumi della collana Fabbri. Purtroppo in libreria si trova poco, bisogna affidarsi al mercato dell'usato, ma una volta che questi volumi si hanno tra le mani, la grande lettura è assicurata.
Giordano; mi fa piacere che il romanzo ti sia piaciuto! sai, per onor di cronaca dovevo evidenziare anche i difetti dell'opera, ma comunque leggerla è un vero piacere, e se ci si diverte le pecche passano in secondo piano! ;)
Ti ringrazio per i consigli ne farò tesoro. Sono una lettrice accanita, per cui l'unico genere che non mi piace è quello dei "libri scritti male" e con Doyle è difficile che corra questo rischio... magari il soprannaturale non è proprio nelle mie corde, per cui credo che inizierò da qualcosa di diverso.
EliminaPer trovare i libri so a chi rivolgermi, anche per quelli che sembrano introvabili.
Grazie ancora dei consigli, continuerò a seguirti.
Grazie a te, sempre a disposizione.
RispondiEliminaGrazie anche da parte mia
RispondiEliminaPrego Niki! ;)
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