A cominciare dal Blog del giallo Mondadori, l’autore contemporaneo del quale si caldeggia più spesso un nuovo romanzo ancora inedito è senz’altro il Francese d’Alsazia Paul Halter, classe 1956.
Questo perché Halter è colui che riesce a mantenere viva la grande tradizione del giallo classico, con enigmi molto complicati uniti a una impeccabile atmosfera gotica per rendere il tutto più stuzzicante e divertente. Una ricetta che ha reso immortale John DIckson Carr, ma anche il suo “padrino” Chesterton, e poi Rawson, Talbot e altri ancora.
Malgrado sia ancora relativamente giovane, Halter ha sfornato una trentina di romanzi, molti dei quali osannati dai migliori Blogger nostrani, tanto che forse l’autore, forse perché attualmente gioca da solo il suo campionato (chi riesce oggi a ricreare atmosfere Carriane riuscendo credibile? Nessuno, che io sappia) ha finito per essere fin troppo celebrato, quasi fosse veramente il nuovo Carr, cosa di cui ho sempre dubitato.
In ogni caso, quando persone competenti in materia si espongono con fervore, la lettura è quantomeno raccomandabile, per cui da qualche mese ho cercato i libri di Halter in tutte le bancarelle, e ne ho già recuparati una decina.
Di questi, finora ne ho letti tre, tutti a distanza piuttosto ravvicinata, cosa non usuale per il sottoscritto, che preferisce alternare autori e generi. I libri che ho letto sono stati, nell’ordine, “La quarta porta”, da molti considerato il suo capolavoro, “Il demone di Dartmoor” recentemente uscito in edicola, e “La maledizione di Barbarossa”, il primissimo romanzo dell’autore.
Dunque, innanzitutto veniamo ai pregi: L’autore ha una leggibilità a dir poco invidiabile, ed essendo i suoi libri relativamente brevi, anche un lettore non incallito può riuscire tranquillamente a leggerli in una sola sera, cosa meravigliosa visto che l’atmosfera non viene spezzata da una giornata di lavoro e di fastidi tra una sera e l’altra. Sono libri scritti in modo lieve e accattivante (e tradotti splendidamente da Igor Longo, il migliore sulla piazza), nei quali ci si immerge senza fatica, cosa che non mi accade quasi mai con quel Carr al quale l’autore viene così spesso paragonato; ora, per finire l’Automa ho passato una notte in bianco (iniziare quel libro a un’ora tarda è pericolosissimo) ma la maggiore parte dei libri di Carr, seppur geniali, sono anche impegnativi, vanno seguiti con attenzione e sicuramente è impresa ardua leggerli in una sola sera. Per questo forse Halter somiglia stilisticamente più a Chesterton, in quanto i suoi romanzi sono delle vere fiabe per adulti come quelle del sommo creatore di padre Brown; Carr produceva delle sontuose architetture goticheggianti, mentre questi tre romanzi di Halter ( preciso però che ho letto solo questi, e quindi quello che sto asserendo vale solo per questi tre titoli, e se il resto della sua produzione è di tipo diverso ci sta che stia prendendo una cantonata solenne) mi sono parsi più somiglianti a racconti Chestertoniani come “Il giardino segreto”, “L’uomo invisibile”, “I due fantastici amici”, “Gli alberi dell’orgoglio”, vere e proprie fiabe nere dove il delitto matura in un mondo ovattato che presenta in se echi di soffusa e sfuggente poesia.
I difetti? Che, almeno in questi suoi primi libri ( il primo, il secondo e il nono) l’autore ci vuole dar da bere delle cose assolutamente inverosimili, che Carr e la Christie avrebbero senz’altro scartato con indignazione, e a leggerle si sarebbero magari arrabbiati parecchio.
Ma cerchiamo di vedere questi romanzi uno ad uno;
La quarta porta, titolo come detto assai celebrato, è il classico titolo che ti ammalia e ti sfinisce, come un lungo giro sulla più vorticosa delle montagne russe; alla fine sei estremamente divertito e soddisfatto, ma ti gira anche parecchio la testa.
Non mi provo nemmeno a riassumere il contenuto dell’opera; un insieme complicatissimo di camere chiuse, fantasmi, delitti impossibili, richiami al mito di Harry Houdini, false identità, colpi di scena sempre più sensazionali…. “La quartieme port” ti cattura fin dalla prima riga e ti strapazza senza pietà fino all’ultima, quando dopo l’ultimo sussulto ti chiedi sconcertato “Ma come è possibile una cosa simile?” la risposta è; chi se ne importa! è stata un’esperienza divertentissima, e urge una rilettura attenta del romanzo, e senza avere il cuore il gola per lo svolgersi degli eventi magari riesco a dipanare tutta l’aggrovigliata matassa.
Dopo questo sfolgorante quanto sconcertante primo incontro con Halter, è stata la volta de “Le diable du Dartmoor”, romanzo del 1991 uscito nel Giallo lo scorso Gennaio. Comprato e letto la stessa sera, mi è piaciuto, anche se non c’è davvero confronto con La quarta porta; qui abbiamo “solo” una divertente e intrigante fiaba nera, ambientata in quella brughiera Inglese che a un Conandolyano come il sottoscritto evoca solo belle sensazioni.
Qui abbiamo una classica storia di delitti impossibili commessi a lunga distanza temporale l’uno dall’altro, attribuiti dalla fantasia popolare (l’autore, molto intelligentemente, ambienta i suoi libri nei primi decenni del secolo scorso, epoca dei suoi grandi predecessori della quale può sfruttare atmosfere e suggestioni) a un terribile demone che imperversa nella brughiera. Ovviamente l’omicida è una persona in carne ed ossa, e pian piano si giungerà alla soluzione del complesso mistero, che a me ha soddisfatto non poco, a parte un particolare inaccettabile che commenterò in seguito.
Il mio terzo incontro con Halter è stato il suo libro d’esordio “La maledizione di Barbarossa” da noi uscito soltanto nel 2010 e reperito l’altro giorno a una fiera di beneficenza.
Questo libro a dire il vero è stato abbastanza criticato, quando non impietosamente stroncato, un pò su tutti i blog e i siti specializzati; è stato detto che è un’opera che mostra tutte le ingenuità di un libro d’esordio, che è troppo tenue e impalpabile…il sottoscritto evidentemente ne capisce il giusto, perché io questo romanzo l’ho trovato bellissimo, e lo promuovo a pieni voti tranne che in un particolare, un errore alquanto grave ma non tanto da ridimensionare l’opera.
Ma andiamo con ordine; il libro è ambientato quasi interamente nell’Alsazia dell’autore, terra che ora posso dire di conoscere un poco, vista la maestria con cui Halter ce ne parla. Il protagonista è un trentenne che da adolescente, assieme a suo fratello Jean e agli amici Francois e Marie (anch’essi fratelli), ha avuto una dolorosa esperienza, quella di veder morire di morte violenta una loro amica Tedesca che era venuta da quelle parti a passare le vacanze estive, la giovanissima e sensuale Eva Muller, che fin dal suo arrivo (si mostra completamente nuda uscendo dal fiume nel quale era immersa per lenire il caldo torrido) sconvolge la delicata psiche dei tre ragazzini. Il quartetto accoglie subito la nuova arrivata, si fanno giochi e scherzi strani, fino a irridere la maledizione del noto sovrano Federico Barbarossa, il cui fantasma ormai da un millennio uccide senza pietà coloro che recano offesa alla città da lui tanto amata, maledizione tramandata dagli adulti del posto con estrema serietà. E come tanti prima di lei anche la giovane e sfrontata Eva, in un torrido pomeriggio, viene trovata con una spada conficcata nella schiena e gli occhi strappati dalle orbite.Un delitto impossibile, inspiegabile, che presenta mille punti oscuri. A far luce su di esso e a dare finalmente la pace ai protagonisti di quel dramma sarà, come negli altri due libri precedentemente descritti, il dottor Twist, allampanato e pomposo criminologo- investigatore Scozzese che Halter ha creato su modelli classici; se oggi si preferisce rappresentare il detective umano e fallibile alla Maigret, con il dottor Twist si ritorna ai grandi onniscenti della golden age, e meno male visto che gli investigatori troppo complessati mi annoiano alquanto.
Veniamo ora ai due difetti marchiani presenti nelle ultime due opere sopra descritte (ne La quarta porta non ho trovato cadute di tono degne di nota) . Non posso spoilerare, ma chi ha letto i libri capirà; nel Demone di Dartmoor uno degli omicidi non è assolutamente credibile, perché ci sono situazioni in cui l’istinto di conservazione prevale sempre, e la paura di cadere nel vuoto sarà sempre più forte di ogni altra cosa.
E nella Maledizione di Barbarossa, ho trovato del tutto inammissibile l’episodio dello zaino; un peso simile non potrebbe portarlo nessuno, nemmeno un uomo nel pieno delle forze, figuriamoci un… insomma, chi conosce il romanzo ha capito, si tratta davvero di un qualcosa di grave, e capisco che molti abbiano storto il naso; ma io siccome non sono un purista e leggo i gialli soprattutto per divertirmi ed evadere dalla realtà, con questo e gli altri libri di Halter l’intento è stato raggiunto egregiamente; pazienza se non tutto quadra, pazienza se Carr e la Christie sono e resteranno di un altro pianeta, quello lo sapevo già; quel che in Halter commuove e fa stare bene è il beneficiare di un divertimento puro, di tornare quei ragazzi che tanto amavano sognare ed emozionarsi. Halter è uno di quegli scrittori che per un paio d’ore riescono a rapirti, ad allontanare le beghe del vivere quotidiano, e di questo dobbiamo essere gratissimi a questo affabulatore straordinario.
E ora mi resta solo da decidere con quale libro continuare la scoperta dell’autore; nella mia libreria mi aspettano “Nebbia rossa” , “La tela di Penelope”, “Cento anni prima”, "Il cerchio invisibile",“Fiamme di Sangue” e “La settima ipotesi”... sono buoni titoli? Halteriani, fatevi sentire.
Di Helter, confesso, non ho letto nulla. Non so perché, ma le varie volte che mi ci sono imbattuta (per esempio ho visto alcuni suoi libri nella bancarella vicino casa) ho sempre desistito. Ne ho sentito parlare con toni più o meno entusiastici e in un angolino della mia mente ho sempre pensato che avrei dovuto rimediare a questa lacuna. La prossima volta che lo ritroverò alla bancarellina sotto casa mi sa che lo prenderò.
RispondiEliminaE' un autore che mi incuriosisce, ma temo non sia propriamente nelle mie corde. E tutti gli elogi sperticati che ho letto nei più importanti blog dedicati al giallo mi spaventano un po'.
RispondiEliminaSecondo me, Carla e Yue, è uno di quegli autori di cui dovete beccare il libro giusto, quello che risponde ai vostri gusti. Esistono gli Halter molto complessi e gli Halter più "leggeri" dove non si sommano misteri su misteri e la narrazione scorre via più rilassata; se siete patiti delle camere chiuse e dei super-enigmi, La quarta porta è il libro che fa per voi, se invece amate atmosfere e suggestioni e misteri di buon livello ma senza essere rompicapi, Il demone di Dartmoor sarebbe perfetto, e anche La maledizione di Barbarossa, libro per me davvero incantevole (e pensa che invece è stato stroncato da molti). Però è comunque un autore da provare, e anche se gli elogi troppo sperticati intimidiscono anche me, credo che in essi ci sia sempre un fondo di verità; se non è il capolavoro assoluto che dicono in molti, in ogni caso sarà quasi sicuramente un buon/ottimo libro; e questi tre Halter che ho letto mi hanno comunque molto soddisfatto. Io se fossi in voi lo leggerei senza esitare.
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