giovedì 17 aprile 2014

LA MIA PERSONALE TOP- TEN GIALLISTICA.


 
 
Per festeggiare il primo compleanno di questo blog, cedo alla tentazione di molti blogger e specialisti, ossia quella di fare una top ten dei miei gialli preferiti(ovviamente tra quelli che ho letto finora, chissà quanti bellissimi polizieschi ancora mi sto perdendo) ; so che vivevate anche senza, oppure che non siate minimamente d’accordo con questa lista, ma in ogni caso eccola qua. Mi sono imposto una sola regola; non più di un libro per autore, è giusto che tutti i grandi siano citati, e anche così tanti sono rimasti purtroppo fuori.

Si inizia con;

 

10-IL MISTERO DI UNA VETTURA PUBBLICA, DI FERGUS HUME (The mystery of a hansom cab, Australia 1886)
 
 

 Fergus Hume è uno dei miei innamoramenti giallistici più recenti; letto distrattamente da ragazzino nei GEN, riprendendolo da adulto ho percepito quell’amabile derivazione feuilletonistica che fa di Hume uno degli autori del mistero più gustosi di sempre; se da ragazzino trovavo questo aspetto assai melenso, ora che sono invecchiato e alle storie di pirati e di esploratori nella giungla ho sostituito i gialli nella quieta campagna Inglese (non che di tanto in tanto non abbia voglia di clangori di spade, specialmente in estate..) lo trovo pienamente nelle mie corde.

Purtroppo da noi Hume è arrivato poco e male, forse perché non era un giallista ma un autore sensational tra Wilkie Collins e la Braddon; si può dire che questo “The Mystery of a Hansom Cab” sia il solo libro giunto a noi in edizione integrale, e solo negli anni novanta grazie agli acquerelli della Giunti; in ogni caso, anche nei paesi Anglosassoni questo giallo ambientato a Melbourne (ma Hume era Neozelandese) è il più noto dell’autore, che all’epoca superò nelle vendite anche i romanzi con Sherlock Holmes; e davvero questo splendido giallo a tinte fosche che si svolge in una Londra rovesciata dove per Natale fa quaranta gradi all’ombra avvince, diverte ed emoziona. Un romanzo perfetto per rappresentare il proto-giallo vittoriano, che merita di essere tramandato generazione dopo generazione.

 
9- MISS PYM, DI JOSEPHINE TEY (Miss Pym disposes, Inghilterra 1946)

 



La Tey ha scritto solo otto romanzi polizieschi, ma bastano e avanzano per mettere in crisi colui che deve sceglierne il migliore. Mai mi sono trovato così in difficoltà, e così, come per altri casi in questa classifica, ho optato per un romanzo più classicamente giallo; quindi via a malincuore Il ritorno dell’erede che è un thriller, via La figlia del tempo che è una ricostruzione storica, via Sabbie che cantano e Un’accusa imbarazzante che sono soprattutto romanzi di costume, via i belli ma non eccezionali L’uomo in coda ed E’ caduta una stella, ne rimangono solamente due, La strana scomparsa di Leslie e Miss Pym; e se era facile, grazie all’accattivante intreccio e alla sorpresona finale, preferire il primo, ho inveceoptato convinto per il meno accessibile dei due, ovvero quel Miss Pym che forse sarà piaciuto solo a me, ma che reputo il suo capolavoro assoluto. E perché? Semplice, perché è il romanzo della Tey più tipicamente alla Agatha Christie, sia nello svolgimento che nel beffardo finale, con un colpo da maestra che ribalta le nostre comunque non saldissime convinzioni su come siano andate le cose.

 

8 -  COME IN UNO SPECCHIO, DI HELEN McCLOY (Through a glass darkly, USA 1950)
 



 
Ci sono gialli classici, e ci sono romanzi di suspense che però non rinunciano a una robusta dose di Whodunit; perché se l’incredibile vicenda di Faustina Crayle e del suo segreto sconvolgente sta a metà tra il noir e l’horror, l’autrice inserisce una robustissima trama gialla che riesce a rendere credibile l’incredibile con una perizia  degna di  Carr e Chesterton.  Un romanzo talmente bello e perfetto che doveva per forza rimanere un exploit isolato nella carriera altalenante dell’autrice, ma che da solo vale un’intera letteratura. Da non iniziare di notte, per non rischiare di passarla insonni per la troppa smania di sapere come andrà a finire, metti il caso che il giorno dopo vi dobbiate svegliare presto…

 

7- LA CASA DELLA FRECCIA, DI A.E.W. MASON (The house of the arrow, Inghilterra 1924)
 
 

 Mason fu un autore estremamente poliedrico, che spaziò dall’avventura al feuilleton fino al poliziesco con estrema disinvoltura; anche se il suo libro giallo più celebrato è il pur bellissimo “Delitto a Villa Rose”, il grande colpo di scena che rese leggendario questo romanzo ormai è decisamente inflazionato e prevedibile; molto meglio tuffarsi in “The house of the arrow”,  meraviglioso romanzo d’atmosfera d’ambientazione Francese, ovvero la città di Digione, vera protagonista aggiunta del romanzo. E poi il contrasto tra le due protagoniste, la biondina angelica e indifesa e la bruna dagli occhi foschi e dal passato misterioso, un intreccio complesso splendidamente risolto, la tonitruante e gigionesca figura di Hanaud ne fanno un romanzo davvero unico e indimenticabile. Da leggere, mi raccomando, nella traduzione della Griffini, nel classico del giallo numero 457.

 
6- IL SEGNO DEI QUATTRO, DI ARTHUR CONAN DOYLE (The sign of four, Inghilterra 1890)



 Lo ammetto, ero uno strenuo e quasi fanatico difensore di Conan Doyle, ma rileggendo la sua opera in tempi recenti mi sono accorto che, pur trovandola sempre di un’amabilità unica, mostra davvero i segni del tempo, e non posso non ammettere che sia stata superata. Restano i ricordi meravigliosi di ore indescrivibilmente beate di lunghe domeniche d’inverno sprofondato nel letto a leggere i volumi Newton con tutto il canone di Sherlock Holmes, ricordi tra i più belli degli anni spensierati (lo so, non ho avuto una vita densa di eventi) e non potevo davvero esimermi dall’includere un Conan Doyle nella mia personalissima top ten.

Dei quattro romanzi con Holmes, ho scelto il più divertente, il più fantasioso e avvincente, quello che mi ha fatto più sognare; credo che nessuno che lo legga nel giusto spirito possa non rimanere rapito dalla bella avventura mozzafiato e profumata d’oriente in una Londra notturna e misteriosa veramente oltre ogni elogio. E poi, che bella la love story tra Watson e Mary Morstan…

 

5- IL CERCHIO ROSSO, DI EDGAR WALLACE (The crimson circle, Inghilterra 1925)
 
 

 Scegliere un solo titolo tra i tantissimi disponibili nella sterminata bibliografia Wallaciana è impresa meno ardua di quello che sembra; innanzitutto si tolgono i romanzi troppo simili e stereotipati ( quindi via metà dei titoli) poi si tolgono quelli solo simpatici e carini e di capolavori non ne restano moltissimi, ma questi pochi oh, come sono belli; Il mago, Il mistero delle tre querce, L’arciere fantasma, La regina dei ladri, Il pugnale di vetro… ce ne sono eccome. Ma nessuno è bello e perfetto come “The crimson circle”, giallo-thriller serrato e avvincentissimo che non lascia davvero un attimo di respiro, ascesa e caduta di un genio del male che da solo, grazie alla potente e misteriosa confraternita criminale da lui creata, riesce a tenere sotto scacco tutta Scotland Yard; ci vorrà un giovane ardimentoso e innamorato e una ragazza “perduta” per infliggere scacco matto a questo Shakesperiano genio del male. Un libro che non si dimentica, una vera pietra miliare, non a caso romanzo preferito, tra tantissimi, del suo stesso autore.

 

4- LA FINE DEI GREENE, DI S.S VAN DINE (The Greene murder case, USA 1928)
 
 

 Ricordo ancora la prima volta che lo lessi; fu il mio primo romanzo poliziesco che non fosse della Christie, Conan Doyle o Wallace, e mi folgorò senza riserve, anche nell’antiquata traduzione di Enrico Piceni, inclusa nel mitico Omnibus rosso con le prime avventure di Philo Vance, preso in Biblioteca un caldo giorno di tante estati fa. Tra i cinque romanzi presenti nel volumone, iniziai non so perché proprio con The  Greene murder case, e non me ne sono mai pentito.

Forse è il romanzo con l’atmosfera più cupa e opprimente di tutta la storia del poliziesco, atmosfera ottenuta coi minimi mezzi, giocando non sugli effetti da sensational novel ma sulle psicologie dei personaggi; ambientato quasi tutto in una vecchia casa di New York, la battaglia serrata e a suo modo epica tra Vance e un diabolico assassino che sta sterminando i bizzarri membri di una strana e tarata  (oggi diremmo disfunzionale) famiglia patrizia  Americana è un qualcosa di unico nella storia del poliziesco. Un romanzo adulto, erudito, profondo, con un colpevole difficilissimo da individuare, ancor più che un mero romanzo poliziesco un vero capolavoro della letteratura Statunitense del novecento.

 

3- L’AUTOMA, DI JOHN DICKSON CARR (The crooked hinge, Usa/Inghilterra 1938)
 
 

 Ora, Carr è un grandissimo, di cui ancora non ho letto tutto ma che comunque riesce a stupirmi ed emozionarmi come forse nessun altro. Anche se continuo a preferirgli la Christie per una genialità raggiunta con mezzi meno roboanti e più credibili, Carr è l’autore più funambolico e spericolato di sempre (e qualche volta ha forse preteso troppo da se stesso) e tanti suoi romanzi mi hanno letteralmente annientato oltre a divertirmi con le loro ambientazioni favolose (Cupi castelli, musei delle cere, torri diroccate, il Bayou di New Orleans..). In ogni caso, quando si è trattato di scegliere il suo capodopera, non ho avuto alcun dubbio e ho puntato su “The crooked hinge”. Certo, anche Il terrore che mormora, La corte delle streghe, Il mostro del plenilunio e Le tre bare sono dei capolavori, ma nessuno mi ha coinvolto ed emozionato come L’automa, che riuscì a farmi dimenticare che era ora di cena, cosa assai difficile come sa  chi mi conosce bene.

Perché qui, oltre ad avere un intreccio di rara potenza emotiva, abbiamo anche una grande capacità di dosare i molti ingredienti; L’automa è da questo punto di vista un capolavoro dell’arte del narrare una storia gialla, con continue aggiunte e cambi di registro che arricchiscono il testo senza ridondare. Fin dal leggendario inizio con due uomini che asseriscono di essere la stessa persona, poi con gli echi della tragedia del Titanic, la magia nera, la rievocazione dei meravigliosi automi settecenteschi come quello di Von Kempelen, un mistero sempre più coinvolgente che sfocia in un finalone da antologia…insomma, un vero monumento all’ingegno, la perfetta manifestazione del genio Carriano.

 

2-  LA PAROLA ALLA DIFESA, DI AGATHA CHRISTIE (Sad Cypress, Inghilterra 1940)
 
 

 Ad ascoltare il cuore, dovevo rappresentare la Christie con Dieci piccoli Indiani; in fondo è forse il suo romanzo più sensazionale, quello a cui sono più legato affettivamente, quello più noto in assoluto; ma poi ho riflettuto e non l’ho incluso perché in fin dei conti non è un giallo classico, anzi è uno dei pochi libri atipici dell’autrice; infatti, pur nella grande sorpresa finale, il romanzo è ascriviible al Thriller, al suspense, non certo al poliziesco classico; non c’è un detective, non ci sono indagini se non sommarie, e soprattutto l’incubo non si dissolve nel finale, e la verità la si viene a sapere per puro caso. No, in fin dei conti questo romanzo non può rappresentare al meglio la divina. E allora, quale scegliere? Poirot a Styles Court? Bellissimo, ma ancora acerbo. L’assassinio di Roger Ackroyd? No, si regge troppo sulla sorpresa finale. Orient Express? Macchè, atipico anche questo. No, ho voluto optare per un’opera che rappresentasse il Christie- Style al centouno per cento, il suo giallo perfetto, e tra tutti credo che “La parola alla difesa” sia il libro che meglio racchiuda tutte le peculiarità dell’autrice, tutti quei fattori ce l’hanno resa grande e superiore a tutti gli altri che si sono cimentati nello stesso genere.

Innanzitutto è una storia superbamente narrata (Ma, attenzione, va assolutamente letta nella traduzione integrale di Grazia Griffini ristampata nell’ultima edizione degli oscar con le rose in copertina!!) con una prima parte in soggettiva, coi vari protagonisti che vivono, amano, odiano e agiscono in modo tale da scatenare una spirale di morte e di terrore. Poi c’è un Poirot straordinario, libero da quell’Hastings che, pur essendo divertente, lo rende troppo macchietta, mentre se è da solo Poirot in qualche modo limita i suoi atteggiamenti eccentrici e diventa assai più credibile. Poi la perfetta ambientazione tra campagna  bucolica e aule di tribunale, la scoperta del colpevole, il complesso movente, la straordinaria competenza dell’autrice sui veleni e sulla botanica; tutto reso al meglio. Insomma, oltre che un capolavoro, questo è per me il romanzo più emblematico della grande Agatha.

 

1-     LA PIETRA DI LUNA, DI WILKIE COLLINS (The Moonstone, Inghilterra 1868)
 
 

 Perché, quale altro romanzo poteva essere al primo posto, scusate? Mi viene da ridere quando leggo le classifiche, anche di grandi autori come Carr, e non lo vedo incluso; eppure non c’è gara o discussione che tenga, questo è il romanzo poliziesco più grande e imponente mai realizzato, un’opera di grande spessore letterario che per seicento e passa pagine non ha nemmeno un cedimento, e che soprattutto è un meccanismo poliziesco perfetto. C’è una domanda a cui rispondere; chi ha rubato il meraviglioso diamante chiamato “La pietra di luna” dalla magione di Lady Verinder? E da qui parte un ineguagliato e ineguagliabile intreccio in cui non manca veramente niente; indizi, false piste, passioni inconfessate, maggiordomi impettiti, dometiche impiccione, equivoci, colpevoli insospettabili, un detective di prima grandezza…lo disse Thomas Eliot che questo è e rimarrà  il più grande romanzo giallo di sempre; se non volete credere a me, credete almeno a lui….

 
Concludo la rassegna con un pensiero per gli assenti; avrei voluto tanto includere anche “La lampada di Dio” di Ellery Queen, “Lord Peter e l’altro” di Dorothy Sayers, “La scala a chiocciola” sia della Rinehart che di Ethel Lina White,” La doppia morte dell’ispettore Belot” di Aveline, “La notte ha mille occhi” di Cornell Woolrich o anche “Il mistero della camera gialla” di Gaston Leroux, straordinario ma che comincia a mostrare un poco i suoi anni. Ma d’altra parte più di dieci non ce ne stavano.

 

7 commenti:

  1. Che bella classifica! Non li ho letti tutti e sicuramente avrei fatto una faticaccia a scegliere "soli" 10 titoli tra i tanti che mi piacciono. Basti pensare che tra solo quelli della Christie non saprei decidermi tra alcuni titoli; ho un debole per Endless night e sono affezionata a Assassinio sull'Orient Express che rileggo ogni volta con somma goduria per gli indizi sparpagliati qua e là come le briciole di Pollicino, e adoro "Parola alla difesa"... insomma, non avrei mai saputo redarre una lista altrettanto bella come la tua.

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  2. Ti ringrazio molto, ma ti assicuro che anche per me è stata una fatica non da poco; ho cercato di scegliere, per la Christie ma non solo, il romanzo sia più rappresentativo che più godibile, un binomio non semplicissimo. E le rinunce sono state dolorose, ancora mi arrovello su due o tre titoli che vorrei cambiare...

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  3. Mi piace moltissimo questa tua classifica, soprattutto perché hai scelto romanzi usciti in un periodo che va dalla fine dell'ottocento fino alla metà del novecento (quindi si va dalle origini fino alla fine della Golden Age -più o meno-). Ahimè, dei titoli da te citati ne ho letti 4 su 10, ma conto di rimediare al più presto perché sono opere che mi hanno sempre incuriosito.

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  4. Che tra l'altro li hai tutti, quindi non li leggi perchè sei pigro! :)

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  5. Scherzi a parte, il periodo temporale copre forse troppo tempo, ma d'altra parte La pietra di luna è opera troppo importante, non tanto perché è un libro bellissimo ma per quanto ha plasmato, più di ogni altro proto-poliziesco, tutti i cliché e gli ingredienti del genere; opera capitale, ma anche un precursore perfetto.

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  6. A me è piaciuto molto il taglio che hai dato a questa lista: non figurano titoli conclamati e applauditi troppe volte e in troppe sedi, e nonostante il fatto che ce ne siano di conosciuti e plurinominati anche da altri essendo titoli "da sottolineare", emerge un dato rilevante: che la lista è "tua", e questo secondo è da apprezzare moltissimo. Sei riuscito, nel limite del possibile ma con grande maestria, a stilare una lista che conciliasse il tuo gusto al gusto "dei più, all'universale", anche se con quest'ultima parola bisogna andare sempre molti cauti. Inserire "quel" Carr è azzarditissimo (anche se questa non è la parola giusta) ma quando di mezzo ci sono le sensazioni ricevute a fine lettura, il gusto assume quel manto di sacralità che gli conviene da sempre per sua natura. Tutto si completa con "La pietra di luna" (di Collins, per ampliare gli orizzonti, se non l'hai letto, ti consiglio "Armadale, trama complicata ma gran libro), capolavoro. Si nota moltissimo la passione durevole per questo genere, una serie di frammenti che ricomposti risaltano come delle molteplici sfumature. Tutto ciò è un arricchimento prezioso per gli amanti del giallo e non. Continua così e ancora auguri per l'anniversario! :)

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