Wilkie Collins è uno degli autori di storie poliziesche e misteriose più grandi in assoluto, anzi forse, a ben vedere, il più grande di tutti.
Come diceva anche Jorge Luis Borges (uno che di gialli ne capiva moltissimo) , La pietra di luna e La donna in bianco sono i due migliori mystery mai scritti, e credo ci sia poco da opinare a questa affermazione; forse la donna in bianco non è ascrivibile al genere poliziesco essendo più un fosco melodramma gotico, ma La pietra di luna è un poliziesco da manuale con tanto di maggiordomo, detective e residenza di campagna; in pratica i canoni della Golden-age quasi cinquant'anni prima, però con il triplo della lunghezza (è un romanzo sulle 600 pagine) che complica e arricchisce ulteriormente la trama, accrescendo però anche il divertimento del lettore, che vorrebbe veramente che il romanzo non finisse mai. E Moonstone resta un capolavoro ineguagliato o ineguagliabile (Thomas Stearns Eliot docet,tanto per gradire), ma curiosamente non figura quasi mai nella top-ten degli appassionati, che erroneamente considerano il genere poliziesco solo da Conan Doyle in avanti; e così facendo il lettore si autopunisce privandosi di almeno tre capolavori assoluti di prima di Holmes, ossia questa Pietra di luna, Il mistero delle due cugine di A.K. Green e L'affaire Lerouge di Gaboriau.
Il grosso della produzione di Collins tradotta in Italia consiste nella pubblicazione dei suoi grandi romanzi, avvenuta in tempi recentissimi (decennio scorso) nella gloriosa ma decaduta collana “Le Porte” della Fazi, che fino a pochi anni fa proponeva splendidi capolavori del passato in edizioni di prestigio ritradotte integralmente (e non di rado inedite) e curatissime; tutto il meglio di Collins, di Hardy, della Braddon e tanti altri; e purtroppo tutto è finito e i romanzi migliori sono ormai fuori catalogo, e siccome quando erano disponibili ero uno squattrinato universitario me li sono persi quasi tutti. Disdetta.
In ogni caso Collins scrisse anche parecchi racconti, alcuni dei quali editi qualche anno fa dalla Sellerio (altra casa editrice decaduta mica poco, che ultimamente oltre a proporre gli inediti dei soliti noti non rischia un centesimo sugli autori anglosassoni) in comode e piacevolissime raccoltine; a dire il vero ne ho letti pochi, e solo recentemente ho scoperto questa piccola ma purissima gemma, ovvero il racconto “la casina nera” (The black cottage) pubblicato negli anni sessanta con questo titolo dalle edizioni Paoline e poi dalla Sellerio,col più pertinente titolo “il cottage nero”, nella raccolta “il truffatore truffato”.
Questo racconto è si molto breve, ma in 20-30 pagine ha tutto quello che deve avere un grande thriller; una sensazione crescente di angoscia, un'eroina pura come un giglio in grave pericolo, una gestione da manuale del suspense e uno scioglimento pertinente e soddisfacente.
La storia è semplice; la giovane e virtuosa Elizabeth, che vive col vecchio padre in un piccolo cottage lontano da tutto e da tutti in mezzo alla brughiera, rimane sola perchè suo padre deve recarsi in città a valutare un lavoro. Poco dopo la partenza del genitore, riceve la visita della signora Knifton, un'amica molto buona e simpatica ma sciocca e capricciosa, che le lascia in consegna una grossa somma di denaro perchè ha paura, in quanto viziata, di spenderne troppo in città dove si sta recando col marito.
Subito dopo però, quando la ragazza non ha ancora nascosto il denaro, arrivano due loschi figuri a domandare del padre; lei li fa entrare e ingenuamente dice loro che il padre rientrerà solo l'indomani; loro sogghignano e se ne vanno. Avranno notato il borsello pieno di denaro appoggiato sulla credenza? si. E per Elizabeth, barricata in casa con la sola compagnia della gattina Polly, comincia un incubo lungo tutta una notte.
Ora, il lettore sa che sta leggendo un autore vittoriano e che all'epoca i finali tristi non erano contemplati e quindi si immagina che alla fine la fanciulla in un modo o nell'altro si salverà, ma in ogni caso l'autore è tanto bravo da trasformare lo stesso la nostra spina dorsale in un pezzo di ghiaccio, a trepidare per la fanciulla, a darle della sciocchina perchè, per non farsi vedere paurosa, non si è rifugiata nella non lontana fattoria dei Knifton; in pratica, il mondo attorno a noi svanisce e veniamo trasportati nel cottage dalle pareti di pietra nera e ci troviamo a vivere la terribile avventura di Elizabeth, e questa credo sia la più grande emozione che un autore possa farci provare. Ma deve essere un autore geniale; deve essere Wilkie Collins, tanto per intenderci.
E anche nel finale godremo come pazzi quando la ragazza, oltre a essere sana e salva, troverà anche un buonissimo partito che si innamora di lei attratto dal suo coraggio; perchè nell'ottocento la virtù veniva ricompensata largamente, mica come ora che è quasi controproducente.
Più che altro, la cosa che ho trovato adorabile di questo racconto è che la protagonista - che si trova assediata dai due ladri che vogliono entrarle in casa per rubarle i soldi - pensa per prima cosa a mettere in salvo il suo gattino spaventato (lo porta delicatamente nella sua camera e lo nasconde sotto le coperte), e poi si prepara a fronteggiare i due malviventi. Un comportamento che la stessa protagonista definisce un po' assurdo, ma sono sicuro che in molti (me compreso) avrebbero fatto la stessa cosa!XD
RispondiEliminaGià al tempo forse il gatto era già un simbolo di focolare domestico e di tranquilità (pensiamo ai micetti di cui si circonda la Beth di piccole donne), e Collins che per giocare coi gusti e e preferenze del pubblico non era secondo a nessuno, probabilmente inserì questo elemento proprio per contrapporre la brutalità dei due aguzzini una tranquilla immagine di pace domestica. In ogni caso non solo nasconde il gattino come prima cosa, ma al momento della fuga torna pure indietro a prenderla perchè la sente miagolare impaurita!
RispondiEliminaDi Collins ho letto solo 'La pietra di luna' che ho apprezzato molto. La sua amicizia con Charles Dickens è romanzata nel libro DROOD di Dan Simmons, che ho trovato molto interessante.
RispondiEliminaA quel che si sa l'amicizia tra Dickens e COllins era veramente molto forte, anche a livello artistico; infatti gli ultimi lavori di Dickens presentano trama molto "alla COllins", mentre invece Collins non riuscì mai a creare personaggi dello spessore di quelli di DIckens. Non conoscevo qusto Droord, grazie per la dritta.
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