Non è mia abitudine commentare su questo blog due libri consecutivi di uno stesso autore, semplicemente perché non è mia abitudine leggerne. A me piace fare il girotondo degli autori che più amo inframmezzandoli a nuove scoperte, per cui succede che tra un bis e l’altro dello stesso scrittore passino almeno dieci o venti altri libri.
Stavolta però, con la Sayers, ho sentito il bisogno del “repetita iuvant” immediato; un po’ perché avevo trascurato troppo la scrittrice, un po’ perché “Lord Peter e l’altro” è il più bel romanzo letto negli ultimi mesi (a parte Dombey e Figlio di Dickens, che però sto assumendo a piccole dosi), ho subito optato per la lettura di un altro suo libro, e ho scelto “Gli occhi verdi del gatto”, il secondo romanzo con protagonista Peter Wimsey, sia perché è uno dei libri del cuore del mio mentore Sayersiano Yue Lung sia perché introduce alcuni dei personaggi che torneranno nella continuity delle avventure di Lord Peter, come sua sorella Mary, l’Hon. Freddy Aburthnot, il principe del foro Impey Biggs e altri; inoltre è in questo libro che inizia, seppur molto blandamente, l’idillio tra Mary e l’ispettore Parker, ispettore di polizia grande amico di Lord Peter.
si, caro yue, è proprio la tua , te l'ho fregata.
Insomma, un romanzo importante per molti motivi, che però, forse perché ero partito con aspettative altissime, pur essendomi piaciuto non mi ha entusiasmato come credevo.
Innanzitutto, è un libro che, nonostante sia scritto benissimo e con tocchi di Humour davvero deliziosi per tutta la sua durata, non ha la struttura Dickensiana e l’originalità stilistica di Lord Peter e l’altro. E’ un libro più lineare, anche perché si svolge quasi tutto nella tenuta dei Wimsey chiamata Riddlesdale, nello Yorkshire, che non permette all’autrice grandi palcoscenici per miriadi di personaggi come un’ambientazione Londinese.
E soprattutto è la presa sul lettore che sulle prime difetta; si inizia con un processo un poco lunghetto (ma qui sono io che non amo i procedural, la Sayers non ha colpe), poi si prosegue con un minuziosissimo esame della scena del crimine, poi bisogna prendere confidenza coi personaggi, molti dei quali snob terribilmente calati nel loro ruolo; insomma, almeno per le prime novanta pagine il libro non sembra decollare o meglio, a parte le belle descrizioni e i momenti di Humour davvero brillanti, pare un giallo a enigma un po’ freddo e schematico. Ma quando la storia decolla ( dalla visita alla fattoria Grimethorpe attorno a pagina 90) decolla davvero, e vola felicemente fino alla fine.
Questa la trama; Lord Gerald Wimsey, duca di Denver e fratello maggiore di Lord Peter, è formalmente accusato di aver ucciso il fidanzato della sorellina Mary, un equivoco giovanotto di bella presenza e dal passato misterioso di nome Denis Catchcart; Lord Gerald appare come principale sospettato perché poche ore prima aveva avuto una lite col futuro cognato talmente aspra da spingerlo a gettarlo fuori di casa e porre il veto al suo rapporto con Lady Mary, e poi perché è stato trovato vicino al cadavere, durante la scoperta di esso nel bel mezzo della notte. Il mistero appare subito molto complicato; omicidio o suicidio? Perché un gentiluomo come Lord Peter dovrebbe aver perso la testa in modo tale da ucciderlo? E se non è stato lui, è stata forse la stessa Lady Mary? O magari uno degli ospiti di Riddlesdale?
Una amletica Dorothy Sayers
A rispondere a tutte queste domande riuscirà, con l’aiuto dell’ispettore Parker e del formidabile valletto Bunter , Lord Peter Wimsey, che oltre a risolvere il mistero contribuirà a mantenere intatto l’onore di molti personaggi della vicenda, sia uomini che donne.
I punti di forza del romanzo sono molti; innanzitutto dopo le prime fatidiche 90 pagine lo scenario si fa mosso, abbonda l’azione e il ritmo è sempre più serrato, e ci sono sequenza davvero riuscite e irresistibili, iniziando dalla burrascosa visita di Lord Peter in una fattoria dove un uomo rozzo e brutale tiene praticamente prigioniera la giovane e bellissima moglie, amara riflessione dell’autrice sulla triste condizione della donna (specialmente nelle campagne), per continuare con l’incursione di Lord Peter in una specie di club di simpatizzanti comunisti duri e puri (che l’autrice mette ferocemente alla berlina, con un’arguzia davvero impareggiabile) e proseguendo con la tragicomica disavventura di Lord Peter che rischia di affondare nelle sabbie mobili di una palude, salvato poi in extremis soprattutto grazie all’opera del fedele Bunter, che nemmeno in mezzo al fango infido perde il suo aplomb e si rammarica che il vestito di sua signoria possa uscire malconcio da quella traversia; proprio Bunter, che in Lord Peter e l’altro fa solo due anonime comparsate, è uno dei punti di forza del libro, essendo a sua volta un segugio formidabile che arriva a informazioni preziose soprattutto circuendo coi suoi modi affascinanti giovani e ingenue cameriere e sartine, un personaggio davvero simpatico e riuscito, che a volte ruba la scena allo stesso Lord Peter.
E anche le numerose scenette comiche (l’ubriacatura collettiva finale è FA-VO-LO-SA) e le facezie di Wimsey alla fine risultano ben scritte e simpatiche, e non irritanti come dice John Curran nei quaderni segreti di Agatha Christie.
Anche il finale, nella sua apparente semplicità, risulta convincente e coerente; niente di troppo irresistibile, ma un plot poliziesco di tutto rispetto, questo è sicuro.
Però un buon intreccio e alcune sequenze memorabili, non me ne vogliano i fan dell’opera, non sono sufficienti a fare un capolavoro; di questo titolo può a parer mio fregiarsi con pieno merito Lord Peter e l’altro, questo “Clouds of Witness” è “solo” un ottimo romanzo poliziesco che riesce a stare allo stesso livello di molti dei migliori gialli della gloriosa Golden Age ( uscì nel 1927, un anno d’oro), che però non arriva a creare una commedia umana Londinese del novecento, non arriva a essere qualcosa che va oltre come il precedente romanzo dell’autrice recensito su questi lidi.
A quando il prossimo Sayers? Presto, ma non subito.
PS ; se interessati, prendete solo l'edizione del giallo Mondadori con il gatto in copertina con tradotta dalla Griffini, visto che la precedente risulta incompleta.
Ciao Omar. Volevo chiederti una cosa, che non ha nulla a che vedere con questo(bel) post. A breve sarò a Milano, conosci qualche libreria dell'usato dove posso reperire libri gialli Mondadori? Grazie!
RispondiEliminaCiao Giuseppe, purtroppo a Milano non torno dai tempi di una gita scolastica delle elementari, mi dispiace! se passavi per Firenze ti davo un mucchio di dritte e ti facevo pure da guida ma per Milano purtroppo non posso aiutarti. Comunque se qualche Milanese legge questo post e può dare informazioni, è il benvenuto!
RispondiEliminaCiao Omar, hai letto il mio post nel tuo articolo su Agatha?
RispondiEliminaCiao FIlippo, scusa ma non avevo ricontrollato i commenti recenti; ho appena letto e apprezzato il tuo post, in fondo è proprio questo che cerco, del bel sano dibattito tra appassionati. Ora sono al lavoro (turno di notte), quando ho più tempo ti rispondo con calma.
RispondiEliminaNei primi tre libri della Sayers (Il cadavere sconosciuto, Gli occhi verdi del gatto e Per morte innaturale) la parte , per così dire "tecnica" dell' investigazione -dove viene analizzata la scena del crimine- risulta in effetti molto minuziosa e un po' lunghetta: in questo libro specialmente, con tutte quelle orme vicino al cadavere stavo per diventare scemo! Ma poi sono stato catturato dalla storia ed anche il finale -per quanto semplice- l'ho trovato commovente, e quasi romantico. Senza contare -e lo so che mi ripeto Omar- che Peter risulta più umano e fallibile nei primi romanzi rispetto agli ultimi, dove diventa quasi un superuomo, ricettacolo di ogni conoscenza e virtù.
RispondiEliminaAnche in Veleno Mortale la prima parte vira sul procedural (con un processo lunghetto) , quindi, se mi posso permettere, il prossimo libro che ti consiglio di leggere è "The Unpleasantness at the Bellona Club": il primo capitolo è altissima letteratura, di una potenza incredibile. Senza contare che compare per la prima volta Marjorie Phelps, un artista bohémien amica di Peter (e interesse amoroso, prima di Harriet Vane) che tornerà anche in Veleno Mortale.
Purtroppo il superomismo dei detective andava di pari passo con la narrativa gialla; anche Poirot nei primissimi libri dei primi anni venti era più umano, simpatico e credibile, poi è andato verso il superuomo e in alcuni casi (Poirot e la salma, Sfida a Poirot) risulta quasi antipatico. L'unico che partì pomposissimo e si è sgonfiato fino a diventare quasi umano fu Ellery Queen, ma era un'eccezione; gli anni trenta erano quelli dei pomposi, poco da fare.
RispondiEliminaPer quanto riguarda il prossimo Sayers che leggerò (Si, te lo puoi permettere di consigliarmi, ma che non diventi un'abitudine, non vorrei ti prendessi troppe libertà :D ) Anch'io volevo il Bellona club, semplicemente perché voglio un Sayers più breve e diretto, per giudicarla sulla distanza breve; e sinceramente anche il tuo beneplacito mi ci fa definitivamente orientare.