martedì 31 dicembre 2013

BILANCIO LETTERARIO DEL 2013; I TOP, I FLOP, LE SORPRESE E LE CONFERME.

In fin dei conti la suddivisione della vita in anni non mi dispiace; è bello misurare il tempo, dividerlo in capitoli, e a ogni anno nuovo fare l’inventario di quello passato. Per me il 2013 è stato un anno buono sotto molti aspetti, ma visto che dell’esistenza del sottoscritto giustamente non vi può fregare di meno parlerò delle mie letture, che sono state molte (ma mai quanto vorrei) e quest’anno soprattutto nel segno del giallo e del romanzo vittoriano, anche per esigenze legate a questo blog.
C’è da dire che sono stato un poco pigro, ovvero mi sono limitato a continuare ad esplorare generi e autori che già conoscevo molto bene, ma ciononostante qualche  “fregatura” me la sono presa, almeno per quanto mi riguarda, visto che voi potrete aver amato i libri che a me non sono piaciuti e viceversa, come sempre il mio parere è soggettivo e opinabilissimo.
Ma essermi mosso su terreno amico ha portato tante soddisfazioni, magari alcune fin troppo prevedibili, ma avevo poca voglia di lasciare la via vecchia per la nuova…sono pigro, ve l’ho già detto.
Dunque, inizio col dire che il 2013 è stato un anno piuttosto “ricco” per gli amanti del giallo classico, grazie soprattutto a tre felici eventi editoriali; la riproposizione dei romanzi di Josephine Tey negli oscar Mondadori, la collana dei gialli Polillo a 6,90 con il corriere della sera e la straordinaria iniziativa della Newton nel riproporre tutta, ma proprio tutta, la saga di Arsene Lupin di Maurice Leblanc interamente ritradotta! Peccato solo che si sia optato per un unico, gigantesco volume (nella collana dei Mammut) di quasi tremila pagine, volume assai poco maneggevole per usare un eufemismo, cosa che sulle prime mi ha addirittura dissuaso dal comprarlo, io che sbavavo per una cosa simile! Ma per fortuna la mia fidanzata, che a volte mi conosce meglio di quanto mi conosca io stesso, me ne ha regalata una copia per natale, e da quel momento il libro è diventato un caro amico per il sottoscritto (sentirete parlare di Leblanc in questo blog d’ora in poi, ve lo garantisco…). In ogni caso, e segnatelo sul calendario perché non so quando riaccadrà, per Leblanc vi consiglio l’ebook , che costa solo 2,99 euro ed è ben più fruibile.

Dunque, cominciamo dai libri che ho preferito in questo 2013, con una bella top-ten. Non mi dilungo molto perché, a parte Simenon, Kipling e Verne, i romanzi sono stati tutti recensiti sul mio blog ;


1-                  JOSEPHINE TEY, IL RITORNO DELL’EREDE; un Thriller perfetto e inimitabile, estremamente appassionante ma anche  complesso e di alto livello letterario; a Josephine Tey va il mio “Oscar” 2013, in quanto è stata l’autrice che ho letto di più e che mi ha dato più soddisfazioni, visto che non la conoscevo quasi fino a pochi  mesi fa.

2-                  JESSICA MITFORD, FIGLIE E RIBELLI; Straordinario ritratto di una famiglia unica e irripetibile, di un’Inghilterra e di un’aristocrazia che non torneranno mai più, e soprattutto di una vita straordinaria, quella della “Pecora rossa” Jessica, comunista in una famiglia di “fascisti nati”.

3-                 GEORGES SIMENON, L’ANGIOLETTO; Stupendo, potentissimo affresco di una Parigi popolare tra le due guerre pressochè sconosciuta; in questo romanzo non poliziesco Simenon si fa continuatore della grande tradizione di Balzac, Maupassant e Zola; un capolavoro del novecento.

4-                 DODIE SMITH, HO UN CASTELLO NEL CUORE; dolcissimo, ironico e malinconico romanzo che, come Figlie e ribelli, racconta la vita quotidiana di una famiglia scombinata e bohemien (quindi assai poco British)  e gli amori delle due giovani rampolle Rosie e Cass. Un libro che concilia con la vita e col mondo.

5-                 FERGUS HUME, IL MISTERO DI UNA VETTURA PUBBLICA; un giallo vittoriano ambientato però in Australia, che oltre a essere estremamente piacevole e interessante con il suo intreccio tra Dickens e Collins è anche un affresco pressochè unico della Melbourne nel tardo ottocento. Imperdibile.

6-                 HERBERT ADAMS, UNA PAROLA DI OTTO LETTERE; Freschissimo, garbato e irresistibile giallo ultra-british, una lettura rilassante come una passeggiata in campagna, e altrettanto appagante.

7-                 LOUISA MAY ALCOTT, DIETRO LA MASCHERA; perturbante, serrato thriller vittoriano nato dall’insospettabile penna dell’autrice di piccole donne; il lato oscuro di Miss Alcott, estremamente suggestivo e affascinante.

8-                 EARL DERR BIGGERS, CHARLIE CHAN E LA CASA SENZA CHIAVI ; il romanzo delle Hawaii, della nostalgia di esse e del rimpianto per un paradiso che presto sarà perduto. Niente di eccezionale dal punto di vista dell’intreccio giallo, ma sembra di stare nell’arcipelago per tutta la durata del libro, e scusate se è poco.

9-                 RUDYARD KIPLING, I LIBRI DELLA GIUNGLA; sono un lettore di gialli per tre stagioni su 4 ma d’estate il vento caldo mi allontana dalle fredde canoniche Inglesi  per portarmi nei territori dell’avventura tra pirati, feroci cannibali e intrepidi esploratori. Quest’estate ho finalmente letto in versione non edulcorata i due libri della giungla; violentissimi, potenti, epici come un poema omerico. Altro che scrittore solo per ragazzi, il vecchio Kipling.

10-              JULES VERNE, I FIGLI DEL CAPITANO GRANT; Questo a dire il vero lo avevo già letto anni fa, ma che piacere rileggere questa grande avventura in una traduzione più recente e scoprire che è sempre bella, stupenda e irripetibile come alla prima lettura. Uno dei romanzi di Verne che vale veramente la pena di riscoprire.

I FLOP

Beh, come ho detto, muovendosi sul sicuro è difficile incappare in libri che non piacciono, ma qualche delusione c’è stata comunque.
Partiamo dalla più cocente, ovvero

-L’OSPITE, DI SARAH WATERS; La Waters è una giovane autrice Gallese che ha avuto la brillante idea di inserire in solidi romanzi vittoriani alla Collins elementi che nell’ottocento sarebbe stato impensabile narrare, come l’amore Saffico o il sadismo di cosiddetti “gentleman”. Di lei lo scorso anno avevo letto “Ladra” e nonostante qualche ridondanza nella parte centrale mi era piaciuto molto, con quegli intrigoni da feuilleton e la bella storia d’amore tra le due protagoniste; sapevo che questo “L’ospite” era un romanzo diverso sia per periodo storico che per tematiche, ma affascinato dalla trama gotica l’ho scelto come seconda lettura dell’autrice; e mi dispiace dire che, nonostante un inizio molto suggestivo che lasciava sperare grandi cose, la trama diventi di una cupezza estrema, monocorde e senza la minima luce; io sono un romantico che apprezza i finali lieti e la distinzione in buoni e cattivi, per cui il libro mi ha francamente annoiato e infastidito. Ma a molti altri, ovviamente, può piacere un sacco.

-UN LUNGO, FATALE INSEGUIMENTO D’AMORE, DI LOUISA MAY ALCOTT; Va bene le tinte fosche, va bene la passione, va bene l’amore ardente per un uomo sbagliato ma qui i toni sono davvero esagerati; in pratica si narra di una giovane donna inseguita per mari e monti da uno Stalker che vuole costringerla a rimanere con lui, con le buone o con le cattive; forse un personaggio simile era affascinante al tempo, ma ora mi è parso solo un laido e pericoloso maniaco col quale provare empatia è pressoché impossibile. Mettiamoci anche un finale da tragedia greca e il polpettone risulta veramente indigesto. No, cara Miss Alcott, ti ho amata alla follia in altre circostanze ma stavolta sono rimasto proprio deluso.

Terminiamo l’esigua rassegna dei flop con una provocazione, in quanto questo romanzo credo abbia deluso solo me;

LADY ANNA, DI ANTHONY TROLLOPE; intendiamoci, il romanzo è ben scritto e Trollope è un signor autore che merita ogni rispetto, ma questo suo primo libro che ho letto di lui mi ha profondamente tediato; sulle prima la storia della dolce Lady Anna che rifiuta un ottimo matrimonio (che peraltro risolverebbe una lunga e complicata causa) per sposare il povero sarto che ama è piacevole e anche avvincente, ma dopo trecento pagine di palpiti, indecisioni e sensi di colpa francamente uno evoca un Long John Silver di Stevensoniana memoria che irrompa nel romanzo e butti tutti a mare. Mi scusi, mister Trollope, ho già comprato “Orley farm” e spero che il nostro prossimo incontro sia più fruttuoso di questo.


Per il resto, tante sorprese e conferme; ho continuato a leggere Edgar Wallace, A.E.W. Mason, Patrick Quentin, John DIckson Carr e tanti altri giallisti, e a rileggere Agatha Christie perché almeno un paio di volte l’anno sento il bisogno assoluto di rituffarmi nelle sue opere, nel suo mondo meraviglioso. Poche sorprese, quindi, ma tante conferme.

Conclusa questa piccola (e, ripeto, opinabilissima) mia dissertazione, colgo l’occasione per fare a tutti voi TANTI AUGURI PER UN FELICE ANNO NUOVO!!!

domenica 22 dicembre 2013

PER UN NATALE TRA LACRIME E BRIVIDI; QUALCHE CONSIGLIO DI LETTURE NATALIZIE NON POLIZIESCHE, PER QUALCHE STRENNA DELL’ULTIMO MINUTO.


Se è vero che non si vive di solo pane, un lettore non vive certo solo di un solo genere; e se il giallo offre ottime letture natalizie, ovviamente la letteratura tout court ne offre moltissimi altre.

Naturalmente non vi starò a elencare tutti i libri sul Natale scritti, sarebbero troppi e molti di essi non li ho nemmeno letti; mi limito a citare i titoli che adoro e che per le feste, bene o male, vado sempre a rileggere o anche solo a sfogliare, per ritrovare frammenti di dolci ricordi, cosa che fa sempre piacere.

Vabbè, facciamo i banali e cominciamo da sua maestà Charles Dickens; ma non vi parlerò dell’arcinoto canto di natale perché tutti voi lo conoscete, ma scommetto che parecchi di coloro che amano il Christmas carol non sanno che in realtà Dickens di storie natalizie ne scrisse altre quattro, che si trovano raggruppati in un unico volume, intitolato appunto “Racconti di natale”, che si trova comodamente in varie edizioni, anche se io consiglio quella dei classici Mondadori che costa il giusto ed è ben tradotta.

Oltre al capodopera, nel volume sono contenuti anche i racconti “Le campane” , “Il grillo del focolare”, “Il patto col fantasma” e “La battaglia della vita”, tutti gradevoli esercizi di stile di un narratore di razza, storie patetiche, commoventi e spruzzate di soprannaturale. Intendiamoci, non è il Dickens più ispirato, ma l’autore era comunque un gran furbacchione che sapeva come toccare le corde giuste per far fremere ed emozionare il suo folto pubblico, quello di ieri come quello di oggi.

Rimaniamo in Inghilterra per celebrare l’opera di un autore per cui il Natale era sinonimo di brividi di altissima qualità. Montague Rhodes James, rettore di Cambridge e grandissimo scrittore, la sera della vigilia non mancava mai di regalare ai suoi studenti una storia dell’orrore, storie che rimangono ancora oggi superbi e insuperati esempi di Ghost- Stories; ancora oggi, nonostante li sappia a memoria, non riesco a rileggere “La mezzatinta”, “Il tesoro dell’abate Thomas”, “Il numero 13”, “Il conte Magnus” e altri capolavori senza sentirmi percorrere un brivido lungo la schiena. La grandezza di James era quella di suscitare l’orrore attraverso eventi quotidiani e banali, attraverso un crescendo inesorabile ma sempre venato di understatement tipicamente Inglese; infatti La mezzatinta, forse il più terrificante racconto di fantasmi mai scritto,  si sviluppa tutto in uno studio di un antiquario, dove due placidi e pacifici collezionisti scoprono un  dipinto che riproduce una spaventosa scena di molti anni prima.
 
Montague Rhodes James.
 

Tutte le sue storie sono raccolte in un volume nei grandi tascabili economici Newton, che DEVE essere letto dagli appassionati di storie del brivido.

 

Lasciamo la verde Inghilterra per approdare nella fredda e magica Scandinavia. Cominciamo dalla Svezia e dalla sua più grande autrice di sempre, Selma Lagerlof, uno dei grandi amori letterari del sottoscritto. Ovviamente vi consiglio qualsiasi libro la Lagerlof abbia scritto, ma per questo post a tema ve ne segnalo solamente due; innanzitutto  “Il libro di Natale” pubblicato lo scorso anno da Iperborea, un delizioso volumetto nel quale sono raccolti storie brevi provenienti da varie raccolte dell’autrice, alcuni mai tradotti prima in Italia; si comincia con un  bellissimo ricordo autobiografico dove si rievoca un lontano Natale a Morbacka, la residenza dove Selma crebbe e che poi la famiglia dovette vendere, e che l’autrice poi ricomprò con i soldi del premio Nobel e vivendoci fino alla morte. Poi si prosegue con storie di ogni tipo, da una bellissima versione della leggenda di Santa Lucia a episodi sull’infanzia di Gesù, fino ad arrivare allo straordinario “Il capodanno degli animali”, una delle tante leggende di cui è disseminato “Il viaggio meraviglioso di Nils Holgersson”.
 
 

Un libro che rimette in pace col mondo, che diverte ed emoziona, un regalo azzeccatissimo per persone sensibili alla magia del natale.

Una esemplare lettura Lagerlofiana per il capodanno è invece “Il carretto fantasma”, un libro della maturità dell’autrice e quindi pervaso di morale cattolica, che comunque non intacca la suggestione di una storia struggente e dolorosa, nella quale una giovane volontaria dell’esercito della salvezza di nome sorella Edith, morendo di tubercolosi, raccomanda alle sue sorelle la redenzione di David Holm, uomo orribile e meschino che passa il tempo ad ubriacarsi lasciando morire di fame la moglie e le figliolette, e che per giunta è indirettamente responsabile di aver contagiato sorella Edith ; Holm viene chiamato al capezzale della morente, ma in un gesto di viltà  e crudeltà estrema, non si reca da lei e anzi ne deride le azioni; per questo viene selvaggiamente picchiato dagli stessi compagni di bevute (disgraziati ma devoti alla buona Edith) e lasciato morente in un vicolo, non appena suona la mezzanotte del nuovo anno; qui, secondo una diffusa leggenda svedese, viene avvicinato dal carretto della morte, la vettura che raccoglie le anime dei defunti appena deceduta e che è guidata dal primo morto di ogni nuovo anno; quindi ora toccherebbe a Holm questo triste compito, ma quest’ultimo, resosi infine conto del male da lui perpetrato, chiede al precedente vetturale di prolungare il suo lavoro per porre riparo alle sue cattive azioni; il suo pentimento è così sincero che il vetturale accetta e Holm, ritornato in vita, potrà avere il tempo di redimersi e poi morire in pace con se stesso.
 
 

Da questo libro, disponibile nel catalogo di Robin editore, è stato tratto un meraviglioso film muto girato da Victor Sjostrom nel 1921, visionabile per intero e legalmente (in quanto fuori diritti) su Youtube, cercandolo col titolo “The phantom carriage”.

Se poi, restando in tema di capodanno, questa storia non vi avesse commosso abbastanza, potete sempre darvi il colpo di grazia con quella che è forse la storia strappacuore più struggente e spietata di sempre; sto parlando della Piccola fiammiferaia di Andersen, ovviamente.
 
 

Trasferiamoci  ora nella vicina Norvegia per parlare di un romanzo di uno degli scrittori che, nonostante alcuni libri sbagliati, resta uno dei più fervidi e immaginifici narratori contemporanei; sto parlando di Jostein Gaarder, autore del “Mondo di Sofia” e del capolavoro “L’ enigma del solitario” che tra le sue opere vanta anche un simpatico ed emozionante romanzo, dal titolo “Il viaggio di Elisabet”, edito da Teadue, che narra del viaggio immaginario di una bambina assieme a profeti e animali verso la terra santa; nel lungo tragitto dalla Norvegia alla Palestina la piccola farà tanti incontri straordinari, e quando giungerà a destinazione avrà un compito importante da svolgere, compito che solo lei potrà eseguire… il romanzo è particolare anche perché è strutturato come il calendario dell’avvento, nel senso che conta 24 capitoli che andrebbero letti al ritmo di uno al giorno, dal primo al ventiquattro dicembre, per vivere il viaggio assieme ad Elisabet. Un libro originale e simpatico, una bella fiaba per grandi e piccini.
 
 

Dopo un libro contemporaneo passiamo a un classicissimo, il libro di natale per eccellenza per generazioni di bambini di lingua Tedesca; il “Cristallo di rocca” di Stifter, bellissima e commovente (e a lieto fine) storia di Konrad e Sanna, fratello e sorella, che si perdono nella foresta nella notte della vigilia; le sequenze in cui il fratello maggiore accudisce e si prende cura della sorellina nella loro epica lotta contro il freddo e la neve sono pagine di altissima letteratura, che scaldano il cuore di chi le legge; per una notte di Natale ad alto tasso emotivo. Questo Cristallo di rocca è una delle novelle che formano la meravigliosa raccolta “Pietre colorate”, uno dei grandi libri dell’ottocento del quale consiglio la versione della Marsilio.
 
 

Ora ci trasferiamo nel nostro bel paese, perché una bellissima storia natalizia ce l’abbiamo fortunatamente anche noi, ed è una di quelle storie che una volta lette restano per sempre nel cuore; sto parlando della “Favola di natale” di Giovannino Guareschi, il famoso autore dell’impagabile saga di Don Camillo e Peppone.

Questa favola di Natale fu scritta da Guareschi mentre era internato in un lager nazista, dichiarando di essere stato ispirato da tre muse chiamate “Fame, freddo e nostalgia”; e proprio la grande nostalgia di Giovannino verso i suoi cari viene messa in scena, immaginando che nei tristi e freddi dintorni del lager vi sia un bosco fatato pieno di angeli, funghi parlanti e tante altre figure magiche, bosco che viene attraversato dalla madre e dal figlio dell’autore per andare a trovare il povero Giovannino prigioniero.

Una storia tenerissima e commovente, assolutamente da leggere cercando di non avere la vista troppo offuscata dai lucciconi; l’edizioni Rizzoli poi, che costa solo 7 euro ed è corredata dai disegni originali dell’autore, è una strenna natalizia davvero carina.
 
copertina originale di Guareschi.
 
 

Concludo la piccola rassegna di storie scaldacuore con un capolavoro a fumetti, “Paperino e la scavatrice” la più bella, divertente  e scatenata delle storie natalizie di Carl Barks, il creatore dell’universo dei paperi Disney e forse il più grande narratore di avventure del ventesimo secolo.

In questa storia troviamo l’epico duello tra Paperino e Zio Paperone che lottano per regalare per primi a Qui, Quo e Qua una scavatrice; i nipotini volevano solo una scavatrice giocattolo, ma i due zii non lo capiscono e pensano che vogliano una scavatrice VERA; prima che il vero Babbo Natale metta le cose a posto, i due paperi avranno tempo e modo di distruggere mezza città.
 
tavola tratta dalla storia
 
 

La più bella tra le belle storie natalizie di Barks, straordinaria.

 

Bene, il nostro piccolo viaggio nella letteratura natalizia è finito, e ora che veramente ci siamo, rinnovo a tutti voi TANTI, TANTI CARI AUGURI DI BUONE FESTE!!!!

 

domenica 15 dicembre 2013

GIALLI NATALIZI; MINI-GUIDA PER QUALCHE BUON DELITTO SOTTO L’ALBERO, E PER QUALCHE REGALINO A TEMA.



Diciamocelo, il Natale è un po’ come le tasse e l’influenza; anche se si decide di ignorarlo, ci raggiunge comunque. Quindi tutto quello che possiamo fare per sfuggire all’irreparabile è vivere la cosa nel miglior modo possibile.
Quello che faccio per sopravvivere a delle feste natalizie senza bambini ne nonni (le uniche figure che diano un senso alla ricorrenza) sono dei pranzi tranquilli e intimi coi miei genitori e la mia fidanzata, e poi non mi resta che chiudermi nel mio studio ancora più del solito (quando non sono al lavoro, che un infermiere non si ferma mai) con del tè caldo, dei biscotti al cioccolato e tanti buoni libri, molti dei quali gialli.
Ora, di tutti i generi letterari il poliziesco è quello che, approfittando delle ricorrenze con tanti bei parenti che si odiano da riunire e far ammazzare (più o meno ciò che succederebbe se si radunassero i miei, di parenti…) conta al suo attivo più storie sotto il vischio.
Però, è bene essere chiari su una cosa; non esistono i gialli di Natale. Anche se tutti i grandi, specialmente nell’epoca della golden-age, hanno ambientato quasi per contratto almeno una storia per le feste natalizie, questa è solo un’ambientazione accessoria e funzionale, come le spiagge affollate, le canoniche o i castelli diroccati. Il poliziesco vive di intrecci e suggestioni, non intende fornire lo spirito di un’epoca, anche se è poi è successo spesso, seppur  in maniera involontaria.
Fatto curioso, i migliori risultati delle “Christmas crime”, come con grande inventiva le ho denominate, sono racconti brevi e non romanzi. In particolare io ne amo moltissimo due, di due autori molto noti  ma non certo per questi lavori.
Uno di questi è sua maestà Agatha Christie; nessuno di faccia affascinare dal titolo del romanzo “Il natale di Poirot”, perché in realtà è uno dei libri più cupi, realistici e pessimisti della regina del giallo, dove un vecchio avido e quasi sadico invita dei parenti al cenone solo per tormentarli e umiliarli, e finisce meritatamente ammazzato. E anche il racconto “Una tragedia natalizia” è un puro poliziesco a enigma che poteva essere ambientato in un qualsiasi altro momento dell’anno.
 No, la magia del natale nella Christie la si può ritrovare in un suo raro libriccino a tema, “La stella di Betlemme”,  con deliziosi racconti e poesie nei quali si celebra la natività e il significato di essa, e soprattutto in un delizioso, raffinatissimo racconto che, carente dal punto di vista dell’intreccio poliziesco, è forse la migliore e più genuina testimonianza del vecchio natale inglese di quasi un secolo fa; perché nella “Avventura ( o il caso) del dolce di natale”  la Christie mette tutti i suoi ricordi dei Natali di quando era ragazza, con pudding, porridge e dolci con sorpresa; leggere questo racconto significa semplicemente passare una serata a tavola con dei distinti Inglesi ormai estinti, e il piacere è sommo.
Anche Georges Simenon, sulla carta non certo l’autore più credibile per una storia di buoni sentimenti, dimostra invece di essere un talento pressoché inesauribile e con “Un natale di Maigret” ci regala una splendida storia natalizia, uno dei racconti in assoluto più belli e commoventi, dove il “sentimento natalizio” arriva veramente al cuore come in Dickens.
Il racconto si svolge tutto  durante il giorno di Natale; di primo mattino Maigret riceve una telefonata e viene a sapere di una strana storia di un babbo natale molto curioso che entra in una casa, dopo aver rovistato ogni angolo, regala una bambola a una bambina inferma; comodamente seduto in poltrona accanto al telefono, mentre al signora Maigret prepara un delizioso pranzo, con l’aiuto dei suoi fidi aiutanti il bonario e umanissimo commissario verrà a capo di tutta la squallida storia, e la dolce signora Maigret avrà un regalo inaspettato; potrà prendersi cura per qualche tempo della piccola inferma.
Questi due racconti, e gli altri che mi appresto a presentare, sono contenuti in due splendide, essenziali antologie Polillo, denominate “Delitti di natale” e “Altri delitti di natale”, dove ci sono le storie brevi più belle e più rappresentative del Christmas crime classico. Ci sono anche altre antologie Sellerio e Newton di autori contemporanei Italiani, ma non potrei recensirle perché mi occupo solo di giallo classico.
Nelle antologie Polillo ci  sono altri meravigliosi racconti, come “La bambola del delfino” di Ellery Queen, celebre Short story in cui i due cugini Dannay e Lee ci regalano la memorabile sfida tra Ellery e Comius, un ladro astutissimo e imprendibile degno di Fantomas e Diabolik. Poi, nella preistoria del genere, un racconto importante e pluri-antologizzato è “Il tocco del fantasma” di Fergus Hume, dove in un tipicissimo castello scozzese fosco e lugubre un tranquillo natale tra gentleman viene turbato dal fantasma di una dama seicentesca morta di morte violenta; peccato che il fantasma sia fin troppo tangibile.. una storia esemplare e imitatissima.
Il grande John Dickson Carr ci delizia con un omicidio impossibile sotto il vischio in “Persone e cose sconosciute”,  mentre Nicholas Blake, pseudonimo del poeta e grande giallista Cecil Day Lewis, ci presenta un omicidio sulla neve con tanto di “sfida al lettore” e soluzione rimandata all’ultima pagina in appendice.
Concludo con la Polillo segnalando il celebre “La mattina del 25 dicembre” di Kitchin, conosciuto anche col titolo “conciato per le feste” in cui il povero e sfigatissimo Malcom Warren, squattrinato agente di cambio che vorrebbe solo vivere tranquillo e beato viene ancora una volta (come nel precedente La morte di mia zia) , inopinatamente catapultato in  mezzo a delitti e misteri, stavolta sotto l’albero. Appena uscito e ancora fresco di stampa è “Il canto di Natale” di Clifford Whitting, dove almeno nell’antefatto lo spirito natalizio dovrebbe ben intravedersi.
Passando al giallo Mondadori, nel suo vastissimo catalogo non mancano romanzi di autori minori o dimenticati che abbiano per ambientazione o tema il natale; uno dei romanzi più cupi e violenti dell’altrimenti leggero e rilassante Stuart Palmer è proprio “Natale con i tuoi…” nel quale una pacifica riunione di famiglia viene ben presto turbata da un efferato assassino.
Anche nell’Hard boiled c’è un piccolo romanzo di Henry Kane, autore di romanzi di violenza metropolitana, che si intitola “Un mistero per natale”, giallo numero 256, coi soliti investigatori e pupe che battagliano sotto il vischio.
L’amico Fabrizio Pancani della biblioteca San Giorgio di Pistoia mi segnala poi “Il segreto del bosco” di Wingfield, giallo mondadori n. 2311, che non conosco ma che pare interessante.
Concludo segnalando racconti brevi di alcuni maestri; come molti altri, anche Rex Stout ed Edgar Wallace non si esimono nel creare una piccola storia di natale, e infatti “Un natale di morte” e “Un regalo di natale” sono due piccoli, deliziosi e ironici esercizi di stile. E il sommo Chesterton mette in scena una esemplare riunione natalizia nel racconto “Le stelle volanti”, cronaca dell’ultimo, spettacolare furto del poi redento Flambeau.
Ah, se poi per Natale avete da fare e cercate invece il mistero di capodanno, un solo titolo ma obbligatorio; “Il segreto delle campane” della Sayers, capolavoro non solo di genere, il cui concerto di campane per salutare il nuovo anno meravigliosamente descritto dall’autrice vale da solo, come si suole dire, il prezzo del biglietto, anche se per molti (ma sbagliano) è un ineguagliabile saggio di noia.
Insomma, se siete interessati ai delitti sotto l’albero qualche dritta dovrei avervela data, anche per qualche regalo, per qualcuno dei vostri amici o se siete più furbi per voi stessi.
Buona lettura, e anche  se è ancora un po’ presto( ma ho anticipato il post per darvi il tempo per eventuali acquisti) tanti cari auguri di serene feste natalizie a tutti voi, per questo primo natale “insieme”.

venerdì 6 dicembre 2013

“BRIGHTON ROCK” DI GRAHAM GREENE; UNA ESEMPLARE RIFLESSIONE SUL PECCATO E LA REDENZIONE, MA ANCHE UN GRANDE THRILLER DI UN MAESTRO ASSOLUTO.


Sono felice, perché qualche piccolo miracolo editoriale, nonostante la grande crisi dell’editoria, può ancora accadere. E infatti ecco che una mattina guardi su IBS le novità Mondadori e scopri che, nella collana “oscar scrittori Moderni” è stato finalmente ripubblicato dopo decenni (in una nuova traduzione) un vero capolavoro, ossia “La roccia di Brighton” di Graham Greene, grandissimo e importante autore di molti titoli chiave della narrativa del secolo scorso.
 
 

Uno dei pochissimi scrittori che riusciva ad essere al tempo stesso profondo ed estremamente godibile ,e che ci ha lasciato titoli importanti classificati superficialmente (as usually) come Spy-stories alla Jean Bruce, che è un po’ come definire Simenon  un semplice giallista. E proprio con Simenon Graham Greene aveva molti punti di comune, sia stilistici (la grande leggibilità, il passo narrativo svelto) che biografici; anche Greene era un uomo bellissimo e magnetico, amante dei viaggi  e delle forti emozioni, tombeur du femmes e fedifrago, perfino agente segreto; uno di quei geni temerari che in fin dei conti tutti sognano di essere; ma ovviamente in certi casi il rovescio della medaglia è sempre presente, perché Greene era anche un uomo tormentato, disilluso e alcoolizzato e soprattutto, al contrario di Simenon, era un cattolico fervente e per questo tormentato dai suoi “Peccati”.

Libri di Greene che considero meravigliosi? Oh, ce ne sono parecchi; “Il terzo uomo” reso immortale da Orson Welles (perché dai, praticamente ha pilotato tutto di quel film, regia compresa), oppure il drammaticissimo “Il potere e la gloria”, o anche “Quinta colonna”, passando per i molti meravigliosi racconti  per finire al cinico e brillante “In viaggio con la zia” dove un tranquillo ex direttore di banca da poco in pensione desideroso solo di un tranquillo life-end viene sequestrato da una parente terribilmente eccentrica (resa alla grande sullo schermo dalla divina Maggie Smith) e portato a vivere tragicomiche avventure in giro per il mondo.

Uno scrittore poliedrico, tormentato e sfaccettato, il cui libro più bello a parere di chi scrive è senz’altro questo “Brighton rock”, che è una potente riflessione quasi Tolstojana sulla natura del male e l’ineluttabilità di esso, ma è anche  e soprattutto un grande thriller, splendidamente narrato e sempre sul filo del rasoio.

La storia, come si evince dal titolo, è ambientata tutta nella città costiera di Brighton, tuttora la Rimini dei Londinesi. La “Roccia di Brighton” del titolo non è un luogo, ma un dolce di zucchero caramellato appunto duro come una roccia (bleah) tipico di quelle parti.
il Brighton Rock (buon appetito..)
 

Inizia con un uomo terrorizzato, un certo Hale, che fugge terrorizzato da Londra per mimetizzarsi nel mare di gente della Brighton d’estate (la città costiera è ritratta però in modo incredibilmente tetro, non si respira decisamente aria di vacanze al mare) ricercato dal giovanissimo e spietato capo della banda che ha tradito, un ragazzo poco più che adolescente detto Pinkie, di grande carisma quanto spietato, che vuole uccidere Hale. Cosa che riuscirà a fare, ma Hale, prima di morire, si confida con la tranquilla e pacifica Ida Arnold, che una volta appreso della morte di Hale si improvviserà detective e giurerà di far catturare il giovanissimo malfattore.

Pinkie, però, ha commesso un errore; si è fatto vedere mentre seguiva Hale da Rose, una giovanissima e ingenua cameriera, che se fa due più due potrebbe denunciare il ragazzo. E cosa fa Pinkie per ovviare alla cosa? Va da Rose e le propone di sposarlo, perché per la legge Inglese una moglie non può denunciare il marito.

Da qui parte la storia, e i grandi conflitti dei personaggi; Pinkie, criminale assolutamente privo di morale ma paradossalmente cattolico osservante, che ha una fobia per il sesso e il contatto, pensa che per le sue azioni in terra potrà essere giudicato solo in cielo, e quindi può concedersi ogni sorta di nefandezze espiando poi le sue colpe nell’aldilà. E Rose, profondamente religiosa e ingenua, non vuole credere al male che alberga in Pinkie, e decide di andare con lui, di amarlo nonostante tutto, e di provare a farsi amare, per farlo ragionare con la forza del suo amore. Ida, invece, donna pratica ed energica ma non credente, vuole vendicare Hale e far arrestare Pinkie non per un qualche senso morale, ma per proteggere la società da un criminale.

Ovviamente, in una storia di malavita con un personaggio così desolatamente nero, le cose possono finire in un solo modo. Ma Greene è straordinario a non fare di Pinkie un Lucifero in mezzo a un mondo di cherubini, perché altri personaggi sono talvolta peggiori di lui, come gli avidi e gretti genitori di Rose, che in pratica gli vendono la figlia per centoventi sterline, oppure gli altri uomini della banda, viscidi e untuosi, che piuttosto che affrontare il determinato Pinkie decidono di tramare alle sue spalle.

Alla fine, in questa grande ed epica storia dei bassifondi, non ci saranno vincitori ne vinti, solo umiliati e offesi; e la più umiliata e offesa sarà proprio la povera Rose, che in un finale straziante riceverà l’ultimo insulto alla sua innocenza ancora viva nonostante tutto.

Insomma, “Brighton Rock” non è decisamente il romanzo per rilassarsi, ma per essere avvinti da una storia di destini incrociati supportata da una trama sempre ad alta tensione. E poi Pinkie e Rose, epici e romantici nonostante tutto, sono due personaggi straordinari, che restano scolpiti nella memoria. Io non vedo l’ora di rileggermelo in questa nuova traduzione (ero rimasto a quella Bompiani degli anni quaranta, accurata ma datata), perché considero questo uno dei più grandi romanzi, Inglesi e non, del ventesimo secolo.

Dal libro sono state tratte due versioni cinematografiche; un film molto bello del 1947 di Roy Boulting in cui Pinkie è interpretato da uno straordinario, giovanissimo Richard Attemborough, e Rose dalla dolcissima Carol Marsh , della quale mi innamorai a prima vista. Purtroppo il film è reperibile solo in Inglese, ma vale la pena di fare uno sforzo.
 

dal film del 1947


Inoltre, una diligente ma più anonima versione è stata diretta nel 2011 (i sottotitoli Italiani si trovano in rete) da Rowan Joffe  e interpretata da Sam Riley , Andrea Riseborough e soprattutto da Helen Mirren, che interpreta in modo superbo (pur differenziando fisicamente dal personaggio) Ida Arnold.
 
 
 locandina della versione del 2011
 
 
Insomma, vi consiglio di non perdervelo.

lunedì 2 dicembre 2013

"L'OMICIDIO E' UN AFFARE SERIO" , IL CINICO CAPOLAVORO DI FRANCIS ILES, OVVERO ANTHONY BERKELEY COX.


Se un libro come questo, nel 1932, fosse uscito in Italia, forse  sarebbe stato intitolato “La discesa agli inferi del dottor Arturo”,  e sarebbe stato melodrammatico, enfatico e sopra le righe.

Ma fortunatamente a scrivere questo libro ci ha pensato l’inglesissimo Anthony Berkeley, un autore dalla penna raffinata e taglientissima che ci ha regalato una vera pietra miliare, un romanzo importante per molti motivi.

 
Innanzitutto una premessa; i libri  di Berkeley sono di prima grandezza nella storia del genere, e l’appassionato di gialli non può non conoscere “Il caso dei cioccolatini avvelenati”, “Delitto ai piani alti”, “L’ultima tappa” o ancora “Caffè al veleno a Piccadilly”, tutte opere notevolissime; ma i capolavori assoluti della sua produzione li ha scritti con lo pseudonimo di Francis Iles, coi quali firmava quelle opere non propriamente “Whodunit”, come sono denominati i classici polizieschi a enigma.

In Italia di romanzi con la firma di Iles ne sono stati finora tradotti solo due su quattro (lacuna veramente imperdonabile) il libro recensito (titolo originale Malice aforethought)  e “Il sospetto”, dal quale Hitchcock trasse il memorabile film omonimo; ma il libro si differenzia dal film in più punti, specialmente, come molti sapranno, nel finale. Ma se Il sospetto è un romanzo il cui cinismo muta in una poetica e quasi struggente analisi della consapevolezza di una donna che si scopre innamorata di un assassino,  “Malice aforethought” è invece un distillato di veleno, una magistrale demistificazione di quella realtà rurale del villaggetto alla Saint Mary Mead reso famoso dalla Christie; e se Agatha, pur rendendolo teatro di faide, omicidi e storie terribili, non riesce a fare a meno di pensare che il villaggio inglese sia il migliore dei mondi possibili, Iles lo prende letteralmente a cannonate e lo sbriciola fino alle fondamenta.

Il romanzo è importante anche per un altro motivo; è una delle prime (e credo la più riuscita) delle cosiddette “Inverted story”, ossia un sottogenere del poliziesco (reso poi famosissimo dai film di Hitchcock) nel quale si sa già chi sia l’assassino e perché voglia commettere il delitto, e l’interesse della trama sta nel fatto che riesca o meno a compiere il suo intento criminoso, e se alla fine si salverà; la quintessenza del suspense.

In questo caso l’aspirante omicida è il dottor Arthur Bickleigh, un medico di condotta ultratrentenne piccolo, frustrato e continuamento vessato dalla terribile moglie Julia, di famiglia nobiliare decaduta, più anziana di lui e con una faccia da cavallo, che lo ha sposato senza mai amarlo solo per sottrarsi a una vita di stenti, ed è stata anch’essa sposata senza amore dal dottore che voleva solo innalzarsi nella scala sociale, godendo nello sposare una donna che se fosse stata benestante lo avrebbe sdegnato per il suo lignaggio superiore.

Un matrimonio grottesco e ridicolo, mai consumato in dieci anni, con lei frigida e scostante e lui che consuma squallide scappatelle con ragazze ingenue ed adoranti, che circuisce col suo fascino da patetica vittima di una donna crudele; un aspetto che rende il romanzo estremamente audace per l’epoca è l’abbondante erotismo che vi permea; i personaggi fanno l’amore spesso e volentieri, anche clandestinamente e in maniera squallida, come all’interno di una grotta.

Un giorno, dopo l’ennesima umiliazione davanti a tutti da parte della moglie, Bickleigh inizia a pensare di uccidere Julia. Pensiero che diventa certezza quando il dottore si innamora di Madeleine Cranmere, ricca ereditiera nubile, giovane e bella, che il dottore crede (a torto) una creatura di spirituale splendore, la donna che ha sempre sognato di possedere.

Ma il dottore, una volta presa la decisione, inizia a scivolare verso una lucida follia e desidera di sopprimere non solo la moglie, ma tutti coloro che cercano di offenderlo e di ostacolarlo; e il lettore, già tremendamente avvinto, inizia a chiedersi se il patetico personaggio riuscirà a diventare un nuovo Fantomas oppure resterà l’inetto omuncolo che era all’inizio della storia.

Il romanzo, che nella prima metà è soprattutto un’analisi minuziosa  della vita e della mentalità in un villaggio Inglese, diventa un serrato thriller e poi un procedural pieno di colpi di scena, con un finale beffardo e spiazzante degnissimo  dell’autore.

Insomma questo romanzo, comodamente disponibile nel catalogo Polillo, è un capolavoro assoluto che è riduttivo confinare nella letteratura di genere; “L’omicidio è un affare serio” è un vero gioiello della letteratura Inglese del ventesimo secolo, e come tale va considerato, e dovrebbe essere letto da tutti coloro che amano la letteratura anglosassone più raffinata e disincantata.