martedì 30 dicembre 2014

BILANCIO LETTERARIO E TOP- TEN PER L'ANNO 2014


 

Anche per quest’anno, rubando vergognosamente l’idea alla impagabile titolare del blog “L’oeil de lucien” , stilerò una top ten delle opere che ho preferito in questo anno solare. Questo per me è stato un anno frenetico e faticoso specie nella  seconda metà, per cui non ho certo letto tutti i libri che avrei voluto. Le preferenze sono andate ai gialli, non solo per attitudine ma anche perché mi sono potuto permettere testi abbastanza brevi, da terminare in 1-2 sere; i romanzoni amo leggerli nei periodi di vacanza, quando posso affrontarli con tutto il tempo libero che voglio, senza abbandonarli per giorni e giorni.

 

Per quanto riguarda il giallo, quest’anno credo di aver fatto un discreto salto di qualità, ossia sono passato dall’essere un appassionato volonteroso ma poco organizzato a essere un collezionista che sceglie testi mirati, di autori anche di nicchia. Ho scoperto splendidi titoli irristampati dagli anni trenta, e ho ridimensionato più di un autore considerato “sacro”. Ho scoperto con grande piacere le opere di Paul Halter, e ho approfondito l’opera di due grandissimi come Austin Freeman e Berkeley.

 
Ma vediamo la mia top-ten 2014 per i polizieschi (li trovate tutti recensiti nel corso dell’anno)

 

10-ARSENICO, di Richard Austin Freeman; L’indagine scientifica rigorosa, il passato doloroso che riemerge, uno scioglimento amaro quasi da hard-boiled; veramente imperdibile.

 

9- L’OMICIDIO DI GERALDINE FOSTER, di Anthony Abbott; Un giallo che pur ispirandosi all’opera di Van Dine risulta ben più fresco e coinvolgente di tanti libri di quest’ultimo, con un’indagine impeccabile ma dai risvolti inquietanti e amari, e con un finale quasi da film horror. Una delle migliori opere prime di sempre.

 

8-IL TERRORE NEL CASTELLO, di Rudolph Stratz; una delle palmine ingiustamente dimenticate, non un vero giallo, ma piuttosto un gotico alla Wilkie Collins in salsa teutonica. Immerso in una atmosfera irreale, ipnotico e visionario, un classico che sarebbe ora di riportare in libreria.

 

7-LA MALEDIZIONE DI BARBAROSSA, di Paul Halter; leggo in rete che molti hanno trovato questa opera prima giovanile dell’autore Alsaziano acerba e ingenua…io invece l’ho trovata una fiaba nera assolutamente incantevole, e se il meccanismo poliziesco zoppica, ci si diverte moltissimo ugualmente.

 

6-LA DAMA DI COMPAGNIA, di Marie Belloc Lowndes; Un capolavoro assoluto dell’inverted story, la palmina  numero 8 risulta ancora freschissima e assolutamente coinvolgente; sinceramente non so spiegarmi il perché debba marcire dal 1930 negli archivi della Mondadori.

5-L’ULTIMA CARTA, di john Dickson Carr; quest’anno ho riletto circa una decina di libri dell’autore, e se qualche titolo acquista spessore a ogni nuova lettura, alcuni ( i romanzi storici) mi hanno lasciato decisamente perplesso. Ma tra tutti ho deciso di premiare questa splendia avventura con Bencolin, dai toni orrorifici e grandguignoleschi, che risulta una delizia anche in una traduzione approssimativa.

 

4-I FIORI DI SATANA, di Paul Halter; Onirico, folle, allucinato viaggio nella psiche umana nel capolavoro assoluto di Halter, in più forte di una trama poliziesca convincente che non si sgretola nel finale come in molti casi. Assolutamente da non perdere.

 

3-L’OCCHIO DI OSIRIDE, di Richard Austin Freeman; Le suggestioni dell’antico Egitto, una raffinata e sublime storia d’amore, le passeggiate per la Londra Edoardiana di Thorndyke e dei suoi amici; leggerlo finalmente in edizione integrale è stato meraviglioso. Un caposaldo.

 

2-LORD PETER E L’ALTRO, di Dorothy Sayers; più che un poliziesco, una testimonianza imperdibile di una certa Londra, di un microcosmo ormai perduto; altissima letteratura del novecento, punto e basta. Con in più un finale ad altissimo tasso emotivo degno di Simenon.

 

1-    UNA VOCE DALLE TENEBRE, di Eden Phillpotts. Mi raccomando, continuiamo a non ristampare questo capolavoro, priviamo i lettori di una storia da cardiopalma con personaggi delicati e atmosfere bucoliche, priviamoli di un romanzo sensazionale, di un capolavoro senza se e senza ma. Vi prego, se  trovate in una bancarella o a qualche fiera del libro la palmina numero 70 prendetela, fatela vostra, sarà un tesoro nella vostra biblioteca di gialli.
 
 

 

Per quanto riguarda i libri non polizieschi, le letture indimenticabili di quest’anno sono state “Chiamate la levatrice” di Jennifer Worth, “Tito di Gormenghast” di Peake e alcune opere di George Eliot, su tutte “La bella storia di SIlas Marner”, un capolavoro da pelle d’oca.

 
Concludo con tanti calorosi auguri per un FELICISSIMO ANNO NUOVO!!

lunedì 22 dicembre 2014

GIALLI INVERNALI... PER FESTE "D' ATMOSFERA"


 

Lo scorso anno, in prossimità del natale, mi divertii a fare un elenco di gialli natalizi, o almeno ambientati durante le festività, che esigere buoni sentimenti Dickensiani da un poliziesco è forse pretendere troppo.

Ma purtroppo i gialli classici sul tema sono più o meno gli stessi dell’anno scorso, dico “più o meno” perché ho scovato altri due polizieschi della golden age di ambientazione natalizia che lo scorso anno non conoscevo ancora, ovvero “Il canto di natale” di Clifford Whitting uscito giusto un anno fa nei Bassotti, che però ancora non ho letto, e soprattutto “Delitto imperiale” di Georgette Heyer, letto qualche giorno fa, un classicissimo poliziesco sotto il vischio molto ispirato, come tematiche e stile, alle opere della Christie, ma comunque con una sua grazia. Ambientato a Lexham Mayor, residenza che più tipicamente Inglese non si può, e con la solita famiglia di vipere pronte a mordersi che rivaleggia coi Lee di “Il natale di Poirot” e, come nel  libro della Christie, con un capofamiglia arido e meschino puntualmente assassinato, il romanzo si legge con piacere anche se in fondo è abbastanza scontato e prevedibile, forse la Heyer dava il meglio in atmosfere più romantiche che non descrivendo un microcosmo di gente che si detesta e che, soprattutto, odia il Natale e i buoni sentimenti a esso associati.

 

Ma per quest’anno, esauriti i consigli natalizi, vorrei tentarvi con gialli che comunque si svolgono in un’atmosfera invernale, con città e villaggi spazzati dal vento freddo e imbiancati dalla neve, o con tetre magioni dove si aggirano fantasmi o gravano maledizioni, tutte simpatiche cosette che si godono al meglio in inverno. E anche se per adesso il freddo e la neve non si sono visti nemmeno sulle alpi, almeno immaginiamoceli viaggiando con la fantasia.

 

Tanto per non sbagliarci, cominciamo da sua maestà Agatha Christie. La divina, si sa, prediligeva atmosfere decisamente più esotiche e colorate, ma sapeva dare il meglio in ogni condizione climatica.

Da antologia, infatti, l’ambientazione de “Un messaggio dagli spiriti”, romanzo del 1931 che magari non è il massimo come intreccio ma contiene uno degli inizi più suggestivi dell’autrice, con quella meravigliosa seduta spiritica in una casa di un villaggio isolato per la troppa neve; e poi l’idea di ambientare la vicenda nel Dartmoor reso leggendario da Conan Doyle col suo Mastino dei Baskerville, ne fa un libro veramente simpatico.

E poi, come dimenticare l’ Orient Express stretto in una morsa di neve in mezzo ai Balcani, mentre al suo interno si consuma il fosco dramma che tutti noi giallofili conosciamo a menadito? Per questo, anche se ormai la trama la sapete a memoria, vale la pena di rileggere “Murder in the orient express” ; per la suggestione di un treno fermo in mezzo a cumuli di neve.

Ma, ancora più che della Christie, il giallista da leggere in inverno è senz’altro John DIckson Carr, il maestro insuperato delle trame gotiche e orrorifiche. C’è solo l’imbarazzo della scelta; preferite aggirarvi nelle paurose magioni de “Il cantuccio della strega” o “La casa stregata” oppure nella Londra sferzata dalla pioggia fredda nell’appena recensito “Terrore che mormora” ? o altrimenti vi aspetta l’innevata White Priory col suo lago ghiacciato nel delizioso “Assassinio all’abbazia” uno dei Carr decisamente più “gelidi”..o ancora molto adatti a una sera d’inverno sarebbero i tetri ed evocativi romanzi con protagonista Monsieur Bencolin; dal “Mostro del plenilunio” a “L’arte di uccidere” fino a “L’ultima carta”, i brividi sono assicurati.

Se invece siete in cerca di un libro magari non immediato ma che è senz’altro un capolavoro della letteratura Inglese allora prendetevi senza esitazioni “Il segreto delle campane” di Dorothy Sayers; solo le prime 100 pagine, dove si rappresenta dettagliatamente un concerto di campane di capodanno, sono da antologia (sempre che interessi l’argomento, altrimenti…) ma anche l’ambientazione nelle paludi dei Fens durante un rigido inverno è di estrema suggestione; bello sempre, un must attorno a capodanno.

Una lettura simpatica ma decisamente meno impeccabile di quelle finora citate è senz’altro “Sotto la neve” di Jefferson Farjeon, un autore che non ho ancora capito se amo o detesto, ma che comunque non mi lascia mai indifferente; anche in questo romanzo, con una seconda parte abbastanza sgangherata e involuta, si ha però un inizio assolutamente fantastico (come sempre in Farjeon) con un treno che rimane bloccato per la troppa neve in piena campagna, e con un gruppo di viaggiatori che decide, stanchi di aspettare, di raggiungere a piedi la stazione più vicina, ma finiscono per perdersi e giungere in strana una villa isolata, piombando a capofitto in una serie di situazioni sempre più inquietanti e grottesche al tempo stesso…. Le premesse sono mantenute solo in parte, ma il libro è divertente.

Un altro ottimo poliziesco sul tema è senz’altro “La soglia della paura” penultimo romanzo di Anthony Abbott, dove un Thatcher Colt ormai in pensione e altri ospiti vengono bloccati da una bufera di neve in una villa dove si consumano inquietanti delitti in un’atmosfera quasi soprannaturale; forse il più suggestivo e “pirotecnico” tra i romanzi dell’autore, oltre che il suo più classico e gradevole, una vera delizia dall’inizio alla fine.

E poi, come non citare anche il primo romanzo della premiata ditta Patrick Quentin a firma Jonathan Stagge, ovvero “E i cani abbaiano”? ambientato in un’ America molto British, si regge su un’ambientazione invernale splendidamente evocata, e la caccia alla volpe nell’aria gelida del mattino che culminerà nella scoperta di una cadavere senza testa è memorabile. Forse il romanzo più bello a firma Stagge, assieme a “Una dolce, vecchia canzone di morte” ristampato nello speciale di Dicembre dello scorso anno.

Ma il titolo che ho serbato per ultimo, e che ho finito di leggere un’oretta fa con enorme soddisfazione, è l’incantevole “La casa dei pini fruscianti” di Anna Katherine Greene, edito negli anni novanta in edizione integrale dalla compagnia del giallo Newton, e adesso disponibile in ebook.

Basta solo l’inizio a rendere il libro indimenticabile; abbiamo un gentiluomo della vecchia America, Elwood Ranelagh, che sta tornando (a cavallo, siamo nel 1910) verso casa, ma viene costretto da una bufera di neve a far sosta nel circolo di campagna di sua proprietà, che viene usato solo in estate.

Entrando, scopre che nell’edificio è già presente qualcuno, e nascondendosi vede, illuminata dalla luce di un candeliere, il volto stravolto di colei che ama perdutamente, e poi scopre, mentre la fanciulla si è dileguata nel freddo della notte, il cadavere della donna che avrebbe dovuto sposare e della quale non era più innamorato. In quel mentre arriva, inopinatamente, la polizia…

Insomma, più che un giallo classico un fosco drammone di un’autrice che fu il ponte ideale tra il mistery vittoriano alla Wilkie Collins e i “se solo avessi saputo…” di Mary Roberts RInehart, che pur essendo inevitabilmente datato avvince e diverte tutti coloro che accettano di lasciarsi sedurre dalle atmosfere retrò che l’autrice incarnava alla perfezione.

 

Insomma, qualche dritta interessante per suggestive letture sotto l’albero penso di avervela data, spero abbiate apprezzato; colgo inoltre l’occasione per fare a tutti i miei lettori TANTI CARISSIMI AUGURI DI BUONE FESTE!!!

 

venerdì 19 dicembre 2014

UN FANTASTICO REGALO DI NATALE...SEPPUR IN EXTREMIS

Mancano davvero pochissimi giorni al natale, ma per caso non avete ancora deciso quale regalo fare a voi stessi o a un vostro amico giallofilo?
Ecco un consiglio, seppur forse tardivo, per gli acquisti, ovvero la recentissima riproposta negli oscar Mondadori  di TUTTO IL TEATRO DI AGATHA CHRISTIE, in una elegante veste grafica composta di due volumi in cofanetto (per un totale di quasi 1400 pagine!) nella quale tutte le commedie sono state ritradotte da Edoardo Erba. Io non la prenderò perchè comunque nella precedente edizione in 4 volumi (adesso esaurita) il corpus era integrale e tradotto splendidamente dalla Brinis e dalla Griffini, ma per chi non lo avesse l'acquisto è davvero obbligatorio, sia per il valore dell'opera che per il fatto che, come successo per la precedente edizione , potrebbe finire esaurita nel giro di poco tempo, un viziaccio che ha la Mondadori.





Tra l'altro vi informo in "anteprima" che sto portando avanti un articolo che esamina le commedie della Christie originali, ossia non tratte da suoi precedenti romanzi; rileggerle è gradevolissimo, sono gioielli di teatro puro, e alcune tengono testa alla commedia per eccellenza di Agatha, quella Mousetrap che è rappresentata ininterrottamente dal 1952, ormai divenuta una vera e propria icona British.

Il cofanetto costa 25 euro, ma fino a fine mese alla Feltrinelli lo trovate scontato del 15%.

Buona lettura.

mercoledì 17 dicembre 2014

"IL TERRORE CHE MORMORA" DI JOHN DICKSON CARR.


 
Secondo la mia modesta opinione, un poliziesco perfetto è un’amalgama di tre fattori, di tre ingredienti;

1-     Un enigma originale e una soluzione complicata anche se non troppo arzigogolata.

2-     Uno scavo psicologico approfondito dei personaggi coinvolti nella vicenda

3-     Infine, la capacità di tenere il lettore avvinto, incatenato alla poltrona, facendogli maledire qualsivoglia interruzione, fondendo abilità narrativa con leggerezza della scrittura, e creando soprattutto quell’atmosfera di curiosità mista a sottile disagio che rende unico e memorabile un poliziesco.

 

Lo so, sono abbastanza severo, perché i romanzi che presentano queste caratteristiche in contemporanea, chiamiamoli romanzi “ideali” sono pochissimi. Gli stessi maestri del genere raramente presentano un romanzo ideale; la Christie spesso offriva nei suoi romanzi un enigma di prim’ordine, ma non sempre era avvincente, e spesso i personaggi erano unidimensionali, appena funzionali alla vicenda. La Sayers offre personaggi approfonditi e memorabili, ma manca troppo spesso di leggerezza. Rex Stout e Simenon sono estremamente piacevoli alla lettura, ma i loro casi polizieschi abbastanza prevedibili. O ancora Cornell Woolrich, il maestro dell’adrenalina pura ma dalle trame, se si guarda bene, abbastanza sgangherate.

Insomma, è difficile trovare romanzi ideali. Capiamoci, non sto parlando dei “soliti” capolavori del genere, ma di romanzi che fondano assieme i tre fattori suddetti.

Per chi scrive,  il primo e il più grande tra questi è “La pietra di luna” di Collins, poi possiamo considerare tali “Come in uno specchio” di Helen MacCloy, “Dieci piccoli Indiani” ed “E’ un problema”  di Agatha Christie, “Un’accusa imbarazzante” di Josephine Tey, o ancora “Il cerchio rosso” di Edgar Wallace.

A questo ristretto club (se poi vi vengono in mente altri titoli, suggeriteli pure) appartiene anche il grande John Dickson Carr, autore che amo e leggo spesso pur non idolatrandolo come fanno in molti. A Carr “rimprovero” (uso le virgolette perché il suo valore è incontestabile), enigmi a volte fin troppo complicati che appesantiscono un testo già eccellente che con meno misteri filerebbe assai più spedito, oppure trame estremamente avvincenti ma del tutto assurde (molti dei romanzi storici, nei quali talvolta si sconfina anche nel fantastico, con salti temporali tra epoche diverse assai suggestivi ma che a me non sono mai piaciuti; l’ultimissimo romanzo, “Il mistero di Muriel”, è poi talmente inverosimile da essere quasi involontariamente comico) che mettono a dura prova la sospensione di incredulità del lettore di polizieschi, che è disposto a concedere qualche “deroga” ma non troppo; il purista dell’enigma perfetto esige verosimiglianza.

Ma in due occasioni almeno secondo me Carr sforna il romanzo perfetto; prima nel 1938 col meraviglioso “L’automa” e poi, pochi anni dopo, nel 1946, con “Il terrore che mormora”, forse appena un gradino sotto a The Crooked Hinge  ma sempre un capolavoro assoluto che a ogni rilettura (sono alla terza) assume nuovo spessore, nuova linfa.
 
 

Si, perché questo "He who wisphers" è un libro originale, eccitante tanto è avvincente, con personaggi splendidamente vivi e con risvolti di grande umanità, quasi doloroso a tratti. Ci sono coincidenze di troppo e qualche passaggio forzato, ma sono gocce in un mare di meraviglie.

La storia, come sempre in Carr, è difficile da raccontare, anche solo da riassumere. Inizia in una sera di pioggia, in una Londra che ancora si sta riprendendo dal disastroso conflitto mondiale appena terminato, nella sala privata di un ristorante. Qui due giovani, lo storico e reduce di gueraa Miles Hammond e la bella e determinata Barbara Morell ascoltano da un anziano professore Francese il racconto di un omicidio terribile, agghiacciante e con risvolti soprannaturali, accaduto in Francia poco prima dello scoppio della guerra. Di questo delitto, archiviato come suicidio quando è impossibile che esso lo sia, è sospettata una giovane e bellissima bibliotecaria, appena rientrata in Inghilterra…. Per i due giovani, aiutati da un Gideon Fell in forma splendida, è l’inizio di una vicenda che, come in un vortice a spirale, li trascina dentro a un incubo terribile, dal quale sarà difficile uscire, visto che i pericoli sono dappertutto, pericoli sia visibili che invisibili.
 
un'edizione Oscar dello scorso decennio; il classico del giallo ha la stessa copertina.
 

No, non mi sento di aggiungere di più, questo è davvero un libro da scoprire pagina dopo pagina, un capolavoro assoluto tra l’altro comodamente disponibile in libreria nei bassotti Polillo, nella stessa traduzione della Francavilla già presentata nei classici del giallo nel 2001.

Per un natale da brividi, per tre ore indimenticabili in compagnia di un grandissimo autore, per un romanzo veramente ideale, fate in modo di farlo arrivare sotto il vostro albero addobbato, in un bel pacchettino colorato, magari in giallo.

mercoledì 10 dicembre 2014

"PER MORTE INNATURALE" (O SINCOPE), DI DOROTHY SAYERS.


 

Tra tanti dubbi, l’unica certezza è che Dorothy Sayers sia stata una scrittrice unica e irripetibile. Prima  non c’era mai stata nessuna come lei e nemmeno dopo, con buona pace dell’appena scomparsa P.D. James e di Elizabeth George che, pur con alcuni lavori pregevoli al loro attivo, invano hanno tentato di replicarne la grandezza.

E’ un’autrice in ogni caso che non può e non deve lasciare indifferenti; amata fino all’idolatria da alcuni, irrisa e stroncata senza alcuna pietà da altri, poche sono state tra i critici le vie di mezzo; io che non sono nessuno voglio cercare di collocarmi in questo limbo, perché  anche se la Sayers mi piace, e molto, sono ben lungi dall’essere un suo fan incondizionato come lo sono per la Christie, Conan Doyle e Wallace.

Sono al mio terzo incontro con l’autrice; il primo, “Lord Peter e l’altro”, è stata una delle più belle letture di quest’anno (poi vedrete la classifica intorno a San Silvestro) il secondo, “Gli occhi verdi del gatto” attualmente in edicola nello splendido ultimo speciale del giallo, un piacevolissimo giallo goticheggiante e avventuroso e questa mia terza lettura, “Per morte innaturale”, romanzo del 1926 che cronologicamente è il terzo della saga di Lord Peter, è un oggetto decisamente complesso, che per alcuni aspetti ho apprezzato moltissimo ma mi ha lasciato perplesso per altri.
 
cover dell'unica versione integrale, tradotta dalla Griffini.
 

Un romanzo che, come sempre nella Sayers, travalica il genere, e finisce di essere molto di più che una semplice “storia a enigma”, come se creare un buon enigma fosse una cosa semplice. Infatti questo si può considerare un vero trattato sociologico sulle condizioni delle tante donne nubili (perfidamente denominate zitelle) nell’Inghilterra tra le due guerre; il primo conflitto mondiale si era portato via infatti quasi un milione di giovani possibili mariti, e di conseguenza per moltissime donne lo zitellaggio diventò una realtà proprio per mancanza di “materia prima”. Coloro che, per poche attrattive o semplicemente perché arrivate tardi, non riuscirono ad accaparrarsi uno dei pochi scapoli disponibili, si rassegnarono a restare sole in un’epoca in cui questo era purtroppo visto come una condizione di inferiorità per una donna, finendo per campare della generosità dei parenti che le tolleravano a fatica, e finendo soprattutto, col passare degli anni, per ingrigire dentro e fuori, in pratica delle escluse, quasi dei parassiti della società. E proprio a queste “paria” la Sayers, donna forte e determinata oltre che di non comune intelligenza, volle dare voce, con grande intelligenza e sensibilità.

L’intreccio è, in effetti, quasi al servizio di questa tematica. Lord Peter infatti, grazie a una confidenza ricevuta da un medico idealista che, per avere sollecitato un’inchiesta per chiarire le cause del decesso di una vecchia signora che tutti pensano morta di morte naturale si è ritrovato in pratica bandito dalla piccola comunità di Leathenstone dove esercitava, decide di indagare sulla faccenda, un poco per aiutare il giovane dottore e un poco perché si annoia e non ha niente da fare.



Il sottotitolo "troppe zitelle" di questa vecchia edizione GM è assai azzeccato.
 
 
Appare ben presto chiaro che il medico aveva ragione, la signora è stata assassinata, e appare altrettanto limpido che solo una persona può aver commesso il misfatto; Lord Peter decide quindi di incastrarla, ma per  farlo deve costringere la persona a tradirsi, e siccome non può frequentare in prima persona un circolo di zitelle di varia età che potrebbe dare informazioni vitali riguardo al caso, manda in sua vece la formidabile signorina Climpson, il vero tipo della ultra-zitella perfetta su tutti i fronti, a suo modo efficientissima in ogni cosa che intraprende; in questo l’autrice sembra voler far trapelare il messaggio “O voi che denigrate le zitelle, se la società concedesse loro il ruolo che meritano vedreste bene di cosa sono capaci”.  E’ in questa chiave, più che in quella poliziesca dove il plot, molto piacevole e a tratti davvero dinamico, appare comunque un filo datato, che il romanzo va letto e apprezzato.

Sinceramente non mi sentirei di consigliare la lettura di questo romanzo agli amanti dell’enigma duro e puro, o a chi comunque apprezza giallisti dallo stile leggero e immediato; la Sayers richiede tutta la vostra pazienza, perché questo libro la rappresenta appieno, fornendo ampio materiale sia agli ammiratori che ai detrattori, in quanto i fattori che possono essere visti come i migliori pregi o i peggiori difetti coincidono; per molti le continue facezie di Lord Peter (che sinceramente a questo giro mi hanno un poco stufato) o le interminabili conversazioni tra le molte comprimarie sono il “sugo” di questo romanzo, per altri sono gli aspetti che più contribuiscono a renderlo insopportabile. Io, come annunciato, resto a metà tra le due fazioni. Mi sono divertito, ma anche annoiato a tratti. In ogni caso, sono felice di aver letto questo libro e  leggerò sicuramente altri Sayers, perché certe autrici, e questo credo che tutti possono essere d’accordo, sono un patrimonio della cultura del novecento.

 

martedì 2 dicembre 2014

I GIALLI MONDADORI DEL MESE DI DICEMBRE.

Nell'ultimo mese dell'anno, che include le feste natalizie con qualche ora in più per stare in panciolle a leggere un buon libro,secondo me ogni editore dovrebbe proporre il meglio, il top del materiale disponibile. COsì a mio avviso NON fa il giallo Mondadori, che propone uscite abbastanza sottotono nella serie regolare e nei classici, ma che si riscatta regalandoci uno speciale straordinario.

Cominciamo dagli inediti; si ripropone la brava Cristiana Astori, una giovane scrittrice Italiana di thriller che devono molto ad Argento e ai film Americani; anni fa avevo letto "tutto quel rosso" e pur non essendo proprio nelle mie corde (ma questo non è certo colpa della Astori) ho notato un piglio e una robustezza decisamente da veterana, e quindi spero che abbia il successo che merita.
L'altro inedito è il terzo romanzo della serie dei "Murdoch Mysteries" di Maureen Jennings, un poco la Anne Perry Canadese; non ho letto i precedenti quindi non posso pronunciarmi.

Ma se la serie regolare propone romanzi che comunque possono interessare molti (anche se un Berkeley o un Freeman o un Halter li avrei graditi assai di più) è sui classici che sinceramente si poteva fare davvero meglio; riproporre in un solo mese due icone indiscutibili ma pluri-ristampate e fin troppo note come Sherlock Holmes e Perry Mason la vedo una scelta davvero poco azzeccata.

Lo SH apocrifo sarà un inedito, un romanzo di Phil Growick che a quanto pare è il seguito del primo romanzo della serie uscito lo scorso settembre, con Holmes e Watson che vanno in soccorso della famiglia ROmanoff; questo romanzo di spionaggio decisamente lento e confuso, assai poco Conandoyliano,  mi aveva annoiato, quindi il seguito lo lascio tranquillamente in edicola.

Ma come detto, lo speciale di dicembre è VERAMENTE speciale; il volume, dal titolo "Tre donne del mistero" raccolgie due romanzi e un racconto di valore assoluti. Il primo, il bellissimo "Gli occhi verdi del gatto" (da me già recensito sul blog lo scorso marzo) è un giallo con sfumature gotiche e avventurose veramente imperdibile, e anche "Delitto d'annata" di Ngaio Marsh è un titolo che un giallofilo deve possedere. Il racconto "La scheggia" della sempre grande Mary Roberts Rinehart, è la ciliegina su una torta veramente appetitosa.

Insomma, un grande speciale che bilancia una proposta non eccelsa sugli altri fronti.