mercoledì 25 novembre 2015

"MR. HOLMES", UN FILM DI BILL CONDON CON IAN MCKELLEN.


 

Da qualche giorno è in tutti i cinema un film destinato a essere "appetito" da noi amanti del giallo classico; si tratta di "MR. Holmes" (titolo che nel nostro paese ha dovuto subire l'aggiunta de "Il mistero del caso irrisolto..." vabbè) del regista Bill Condon, tratto dall'omonimo libro di Mitch Cullin edito da Neri Pozza (Che non ho letto ma mi dicono essere buono, anche se a quanto pare il film se ne discosta in alcune scelte narrative) e interpretato tra gli altri da Laura Linney, Frances de la Tour e ovviamente da lui, uno dei più grandi attori di ogni tempo e probabilmente il maggior attore vivente, quel Sir Ian McKellen troppo spesso ricordato solo per avere impersonato Gandalf nel Signore degli anelli o Magneto negli X-Men, ma in realtà titano dello schermo e del palcoscenico da mezzo secolo.
 
 

Già a leggerne per sommi capi la trama, si capisce che non ci troviamo di fronte al "solito" apocrifo; lo Sherlock presentato nel film, ambientato nel 1947, è un ultranovantenne comprensibilmente pieno di acciacchi e affetto da una demenza senile sempre più evidente, che vive non nella Brulicante Londra ma nell'arcadica campagna del Sussex, in prossimità delle bianche scogliere di Dover, fedele al proposito, paventato dallo stesso Doyle in un racconto del canone, di una serena vecchiaia da apicoltore. Holmes, ormai rimasto solo al mondo, vive con la governante Mrs. Munro (Una Laura Linney che, anche nei panni dimessi e castigati di una rassegnata vedova di mezza età, fatica a contenere la propria bellezza e sensualità) e dal giovane Roger, ragazzo brillante ed educato (anche se talvolta spietato con la madre, che pare ottusa ma invece cerca di fare solo il bene suo e del figlio coi mezzi limitati che ha a disposizione) che ama le api ed è un vero bastone della vecchiaia per l'anziano Ex-investigatore.

Altre immagini del film; McKellen con Laura Linney e col giovane, bravissimoMilo Parker nella parte di Roger.
 

Nonostante questo apparentemente tranquillo "Life-end" Holmes ha qualcosa che lo tormenta, ossia il ricordo, parzialmente distorto dalla malattia che avanza, di uno strano caso che lo coinvolse, già sessantenne, nel 1912, riguardante un'enigmatica donna e le sue strane ossessioni (non voglio dire di più perchè l'enigma, anche se tenue, è abbastanza intrigante) che lo portano, 35 anni dopo, a chiedersi se ha fatto abbastanza per risolvere quel "caso come tanti" apparentemente di minore entità rispetto ai vari Baskerville o Study in scarlet. Seguiamo poi altri Flashback, tra i quali un viaggio in Giappone alla ricerca di un'erba prodigiosa per la memoria, e altri episodi che contribuiscono a rendere gradevole un film che vale ampiamente il prezzo del biglietto; non che per questo sia un capolavoro, anzi a mio vedere ha una pecca abbastanza grave, ossia quella di rappresentare uno Sherlock Holmes talmente diverso da quello che conosciamo da  risultate fin troppo distante; lo stesso investigatore liquida come "Licenze poetiche di Watson" tutta la mitologia dell'elementary, del cappello da cacciatore, della pipa e della fida lente d'ingrandimento, ma non riproporli nemmeno lontanamente significa snaturare del tutto un personaggio che vive ancora oggi soprattutto grazie ai suoi cliches, e decade l'empatia con lo spettatore; il personaggio non è Holmes, è un grandissimo Ian McKellen che impersona un grande investigatore molto anziano, il che è diverso. Restano i ricordi delle persone importanti dell'universo Holmesiano, ma sono nominati di sfuggita, come fantasmi appartenenti a un'altra epoca. Si, forse è stato meglio così e la pellicola ne guadagna in originalità, ma io uno Scherlock più "Sherlockiano" lo avrei gradito.

In ogni caso, avercene di film tanto garbati e deliziosi al cinema, mi ci recherei più spesso che non una volta o due all'anno.

mercoledì 18 novembre 2015

IL RITORNO DEI BASSOTTI POLILLO.






A volte aprire la home di Facebook riserva perfino qualche notizia gradita; è con estrema gioia che ho appreso, tramite la parigna ufficiale dei Bassotti, del ritorno in libreria della collana più amata dai giallofili (assieme al GM, ovviamente); da domani 19 Novembre usciranno infatti due nuovi romanzi, ossia "Morte in ascensore" di Alan Thomas, che la mia amica Giuseppina mi assicura essere un capolavoro assoluto della camera chiusa uscito per la prima volta nel 1924 e finora inedito in Italia, e "Sangue sulla neve" di Hilda Lawrence, romanzo più thrilling del 1944 anch'esso mai proposto prima nel nostro paese.





Due uscite estremamente interessanti, che ripagano ampiamente il lettore di una latitanza della collana di quasi un anno, latitanza dovuta a fattori che si possono solo immaginare ma non conoscere, dal momento che la casa editrice ha mantenuto un riserbo assoluto in pratica fino a due giorni fa, lasciando i fan dei Bassotti senza notizia alcuna; io stesso, fortunatamente sbagliando (ma non me ne faccio certo una colpa, viste le non-informazioni ricevute) avevo ipotizzato la chiusura definitiva, anche per l'invasione di titoli a metà prezzo (e anche meno) nei Reimanders, che facevano credere a uno smaltimento definitivo dei resi ma che invece è servito evidentemente a incamerare moneta per poter ripartire. Ma come si suol dire, quel che è stato è stato, e tutto è bene quel che finisce bene; intanto godiamoci queste due ottime uscite, che poi da metà Gennaio (sempre stando a quanto scritto sulla pagina FB dei bassotti) la collana riprenderà a cadenza regolare. Insomma, si spera sia "Passata 'a nuttata" per i Bassotti Polillo, e che questa splendida collana riparta di slancio e non ci lasci più.

domenica 8 novembre 2015

I GIALLI MONDADORI DI NOVEMBRE (E DICEMBRE).




Si profila un autunno abbastanza lieto per gli estimatori della collana del Giallo Mondadori. E' un piacere vedere come , nonostante il taglio delle uscite, si punti sulla qualità e soprattutto sulla varietà delle uscite, che davvero cercano di accontentare tutto il pubblico giallofilo.

In questo Novembre finora ben poco lugubre e brumoso abbiamo tre uscite molto ben calibrate; innanzitutto partiamo con l'Inedito di Peter Lovesey, uno dei più acclamati giallisti contemporanei che fa sempre piacere vedere pubblicato in una collana a prezzo contenuto (Colin Dexter se lo è preso la Sellerio, ma Lovesey finora resiste in edicola) del quale si presenta una nuova avventura con Peter Diamond, dal titolo "Cadaveri in divisa", nel quale un folle uccide, apparentemente senza alcun motivo i poliziotti della tranquilla (?) cittadina di Bath.
Poi abbiamo il sempre graditissimo Ellery Queen con una raccolta tra le meno reperibili dei suoi testi brevi (a me era l'unica che ancora mancava, ad esempio...) ossia "Gli esperimenti deduttivi di Ellery Queen" una perla immancabile negli scaffali dell'appassionato del genere.

Anche l'uscita nella collana degli apocrifi di Sherlock Holmes, snobbatissima a volte a torto da molti appassionati di lungo corso, presenta un testo veramente interessante, "SH e il mistero del papiro egizio", gustosa escursione nel mondo dell'egittologia di David Stuart Davies, per chi scrive il migliore autore presentato nella collana; dopo la rivisitazione del Ruritanian romance ne "L'affare Hentzau" e del romanzo dell'orrore ne "SH e il principe della notte", l'autore ci porta tra mummie e tenebrosi musei, come prima di lui tanti grandi autori tra cui Conan Doyle, Van DIne e Austin Freeman; scusate se non vedo l'ora di avere tempo di leggerlo.


Anche nel prossimo mese ci sarà da divertirsi; si presenta nientemeno che un testo di Ngaio Marsh, "Il guanto dell'assassino" che sarà molto probabilmente la traduzione integrale (l'inserimento nel GM inedito anzichè nei classici fa pensare a questo...) di un romanzo precedentemente uscito per RIzzoli, ovvero "Il guanto insanguinato"...ma forse mi sbaglio ed è un inedito assoluto.
Nei classici invece avremo "Melissa" un testo di Frances Durbridge reso famoso negli anni sessanta da uno sceneggiato Rai tra i più celebrati del periodo; il testo, pubblicato per la prima volta da Longanesi, si presenta come una bella riscoperta, e anche se Durbridge non era un grande autore, i suoi testi erano buoni prodotti artigianali che possono ancora accontentare una vasta platea di lettori.

Non mi attira molto l'apocrifo Holmesiano, Sherlock Holmes e i ribelli d'Irlanda di Kieran McMullen; preferisco il dinamico duo alle prese con papiri egizi che non con eventi storici, ma magari mi sbaglio e il prodotto è buono.


Insomma, le buone letture per passare le fredde sere invernali non mancheranno.

mercoledì 4 novembre 2015

"MORIRE DAL RIDERE" DI PETER LOVESEY.


 
Il Britannicissimo Peter Lovesey, uno dei più giustamente acclamati giallisti contemporanei e che questo mese si riaffaccia sul giallo Mondadori con un nuovo romanzo della serie di Peter Diamond, è un autore che ogni tanto leggo sempre con piacere, visto che i suoi romanzi non saranno capolavori assoluti, ma hanno un brio narrativo davvero invidiabile e non ci si pente proprio di averli acquistati e affrontati.

Anche se la stragrande maggioranza dei suoi libri sono ambientati nel Regno unito, l’autore ci ha regalato anche dei deliziosi “One shot” in terra Americana, come questo “Morire dal ridere” romanzo ambizioso che meriterebbe davvero di essere riscoperto dopo la sua prima pubblicazione nel GM, nell’ormai lontano 1984.
 
 

Il titolo originale, “Keystone”  potrebbe già rivelare a un cinefilo l’ambientazione e il periodo della storia; siamo infatti nel 1916, e proprio nella leggendaria casa cinematografica fondata da Mack Sennett, ovvero colui che fu il primo “Re delle comiche”, un personaggio vagamente sinistro, ex fonditore dal carattere alquanto instabile e dai modi grossolani, che per pochi anni produsse quei film comici muti e dal ritmo forsennato che a rivederli oggi risultano molto più inquietanti che divertenti (Molte sono di dominio pubblico su Youtube, provare per credere).

Se il grande pubblico ricorda la Keystone solo perché in essa mosse i primi passi il giovane Charlie Chaplin ( nel romanzo Chaplin non compare, l’azione inizia poco dopo il suo abbandono per la Mutual; Lovesey, avvedutamente, non fa “recitare” nella sua ricostruzione un personaggio tanto famoso e ricordato), chi si intende di cinema sa che le figure degne di nota erano molte di più, personaggi unici molti dei quali ebbero un destino tragico, tanto che si possono considerare Rockstar maledette ante litteram; da Roscoe “Fatty” Arbuckle la cui carriera fu stroncata da uno scandalo sessuale, a Mabel Normand, morta ancora giovane per l’abuso di alcool e droghe, da altri attori che, dopo la fine dell’era delle comiche, non seppero adeguarsi ai nuovi corsi del cinema; un mondo scomparso e poco conosciuto che l’autore fa rivivere in modo davvero splendido.
Il protagonista è l’Inglese in trasferta Warwick Easton, discreto artista che riesce a entrare nel cast dei “Keystone cops” quei finti poliziotti che in moltissime delle comiche di marca Sennettiana arrivano per soccorrere gli eroi in pericolo e ovviamente combinano guai a non finire. Non era certo il tipo di carriera che Easton, soprannominato “Keystone” da Sennett stesso, aveva sognato di trovare in terra Californiana, ma la gentilezza di Fatty Arbuckle e Mabel Normand lo convince a provare.

Le sequenze in cui i Keystone cops sono coinvolti sono molto pirotecniche e girarle senza effetti speciali era decisamente pericoloso, tanto che uno dei membri del cast, in una acrobazia decisamente spericolata, ci rimette la vita. L’incidente presenta qualche stranezza, ma “The show must go on” e tutto rimprende come prima.
Easton-Keystone, nel frattempo, conosce e si innamora della giovane Amber Honeybee, attricetta dalla bella presenza e dallo scarsissimo talento che però si rivela molto migliore dell’oca che tutti pensano che sia; però, ben presto, Amber si trova coinvolta in un omicidio apparentemente inspiegabile, e Keystone, mentre continua a girare le comiche e a vivere la vita di tutti i giorni con gli altri membri della “famiglia Sennett”, aiuta la ragazza a uscire da una situazione spinosa e tutto andrà per il meglio.

Ciò che conquista di questo romanzo non è tanto la trama poliziesca, in quanto decisamente subordinata alla di gran lunga più convincente ricostruzione storica, elaborata dall’autore in modo davvero notevole, ma che porta la trama poliziesca a svilupparsi veramente solo nella seconda parte. E poi anche la soluzione è abbastanza scontata, visto che trasformare in assassini persone realmente esistite era un po cocomplicato, e se si cerca il colpevole tra i personaggi del tutto inventati, il ventaglio di scelte non è ampissimo.
In ogni caso, sarà che sono un appassionato di cinema muto e già conoscevo ciò di cui si tratta, ma questo “Keystone” mi è davvero piaciuto tanto e credo si possa considerare uno dei migliori libri dell’autore. Se lo trovate, fatelo vostro, non ve ne pentirete.