martedì 11 novembre 2014

"DELITTI DI SETA" DI ANTHONY BERKELEY.


Credo che tutti i giallofili concordino con me sul fatto che Anthony Berkeley Cox (assieme a John Rhode, Henry Wade e Richard Austin Freeman) meriterebbe una fama ben maggiore di quella che ha e un posto in quell’olimpo occupato da quelle 4 o 5 divinità la cui opera e la cui memoria è tramandata con più “spinta” alle nuove generazioni. Se Agatha Christie e Conan Doyle li conoscono anche i bambini, se Chandler e Hammett sono emblema di un’epoca, se Ellery Queen e Carr sono i beniamini di coloro che amano i virtuosismi del poliziesco, Berkeley e gli altri sopra citati si ricordano poco e male; sconosciuti ai non appassionati del genere, ignorati dalla grande comunicazione mediatica, in pratica bisogna andarseli a cercare con fatica e sudore. E anche se Berkeley , grazie a Mauro Boncompagni e la redazione del GM odierno, viene riproposto spesso anche con inediti, la sua fama resterà per sempre circoscritta agli amatori.

Peccato, è come avere un Platini o uno Zidane e farlo giocare in serie B, tanto per capirsi. Se fossi nello staff della Mondadori mi batterei per ristampare Berkeley negli oscar, memore della felicissima, recente riproposta dei romanzi di Josephine Tey.
 

Un esempio della grandezza di Berkeley è questo misconosciuto “Silk stocking murders” Pubblicato nel 1928 e quarto romanzo con protagonista l’originalissimo scrittore e investigatore dilettante Roger Sheringham, che nel corpus dei detective del poliziesco fa storia a se; uomo molto diretto, quasi rozzo, senza quegli orpelli e quei vezzi che facevano tendenza all’epoca; in pratica, nella sua normalità, Sheringham al tempo era quasi rivoluzionario, perché un uomo della strada ai tempi dei Poirot o Van Dine non era roba da poco.

Ma Berkeley con questo romanzo crea anche uno dei primi archetipi sul tema dei delitti seriali; ben prima de “La serie infernale” e  “Il gatto dalle molte code” l’autore ci presenta infatti un assassino che uccide alcune giovani donne con la stessa inquietante modalità (le impicca con una calza tolta alla vittima stessa; notare la componente erotico-fetish per l’epoca abbastanza forte), vittime che apparentemente non hanno alcun nesso tra loro, che appartengono a ceti e ambienti assai diversi (un’attricetta, una prostituta, una lady ricca e snob) e hanno in comune solo il fatto di essere cadute nella trappola di un diabolico assassino che si aggira nel formicaio Londinese.

La polizia, assai miope, pensa che i primi omicidi del maniaco siano solo banali suicidi. Ma Sheringham, che tramite il quotidiano di cui cura la pagina di cronaca nera ha ricevuto una pietosa lettera dal padre di una delle ragazze scomparse, inizia a indagare su tutta la faccenda e capisce subito che le coincidenze tra i delitti sono troppe, e intraprende quindi un’indagine molto complicata, coadiuvato da amiche e  parenti delle donne uccise (bellissima l’amicizia che nasce tra Sheringham e Anne Manners, una timida ma risoluta ragazza di campagna sorella della prima vittima) e dopo un certosino procedimento di eliminazione dei sospetti giunge all’individuazione del colpevole, che smaschererà in un finalone di grande suspense.

Il ritmo del libro, è giusto sottolinearlo, è abbastanza lento; somiglia in questo a un romanzo di Austin Freeman o di Crofts, ogni indizio viene vagliato, ogni coincidenza verificata con un’attenzione estrema; ma in questo caso lento non significa noioso, perché Berkeley sa sempre tenere desta l’attenzione, riuscendo a intrigare anche il lettore più superficiale, e col passare dei capitoli l’empatia verso i personaggi aumenta, ci sentiamo a disagio per come possa andare a finire; ed è proprio in quel senso di disagio che si avverte la grandezza di questo splendido ibrido di giallo classico e thriller puro, purtroppo disponibile nella sola edizione dei classici del giallo n. 846, e ottimamente tradotto da Mauro Boncompagni, grandissimo esperto dell’autore che ha curato anche le recentissime ultime uscite dei romanzi dell’autore nei GM.

Un libro bello quanto importante, assolutamente da avere e da leggere, come tutti gli altri Berkeley.

 

 

 

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