Parlare di Humphrey Bogart mi costa sempre un
certo imbarazzo; ho per lui una venerazione tale che mi parrebbe di ledere
maestà a non parlarne solo per superlativi; dico solo che è un mio mito
assoluto, sia l’attore che i personaggi da lui interpretati, quegli splendidi
losers che o, appunto, perdono, oppure pagano a caro prezzo ogni loro effimera
vittoria. Era un uomo non bello ma di un magnetismo assoluto, non grande e
grosso ma che comunque incuteva timore e rispetto, un uomo che le donne amavano
e gli uomini ammiravano profondamente.
Il mio primo incontro con Bogey fu quando ero
tredicenne, in una di quelle estati perfette nelle quali ogni giorno è una
possibile scoperta di cose nuove. Era un pomeriggio talmente caldo che uscire di casa era una
follia, e sulla Rai davano ogni giorno, alle 14 in punto, un grande film
classico (bei tempi, ora solo talk-show spazzatura, anche in replica). La guida
TV segnalava un certo “Il grande sonno” e diceva che era un grande giallo,
genere che già al tempo cominciavo a seguire. Ora, sinceramente della storia ci
capii poco o niente (e anche adesso non è che tutto mi sia chiaro) ma a
lasciarmi a bocca aperta fu lo straordinario bianco e nero, Bogart/Marlowe che
entra e si ritrova subito una bella ragazza che sviene, anche se per gioco, ai
suoi piedi, poi l’incontro col vecchio nella serra caldissima, Lauren Bacall
bellissima e misteriosa, le scazzottate con pittoreschi ceffi, le auto d’epoca,
i bei vestiti, la libraia sexy (Dorothy
Malone) che flirta con Bogart…non pensavo che, abituato alle sciocchezzuole da
ammeriga reaganiana di Stallone, Schwarzy e compagnia, che il cinema potesse
essere tanto eccitante, e che si potesse essere fighi senza nessuno sforzo come
faceva Bogey; da quel momento ho guardato ogni film da lui interpretato, li braccavo
sulle guide tv, li registravo in vecchie VHS, e ora ho una collezione in DVD
della quale sono gelosissimo; ma da quale film tra i tanti interpretati da
Bogart potevo cominciare a parlare su questo blog? Il già citato “Grande sonno”
e “Il mistero del falco” sono ormai talmente famosi da (almeno spero…) non aver bisogno di approfondimenti, così come
“Casablanca” o “Il tesoro della sierra madre” o “La regina d’africa”. No, ho
optato per un film che fosse bello quanto i capolavori sopra citati ma che
fosse poco noto, e soprattutto che ci fosse anche Lauren Bacall, compagna di
vita di Bogey per 15 anni, fino alla prematura morte di lui, dovuta a quelle
sigarette maledette quanto si vuole ma senza le quali non sarebbe però stato
quell’icona indelebile che conosciamo.
“Dark passage”
bel titolo banalizzato in Italiano, è del 1947, quando la coppia
Bogart-Bacall aveva appena girato The Big Sleep ed era al massimo del suo
fulgore, e fu diretto da Delmer Daves, un regista discontinuo ma che quando gli
davano una bella storia e dei grandi attori non era secondo a nessuno (basti
pensare al bellissimo “L’amante indiana” con James Stewart). E di grande regia
si deve parlare fin dai primi minuti, in quanto viene usata una tecnica allora
quasi inedita, ovvero la soggettiva nella quale la macchina da presa diventa un
personaggio vero e proprio con cui gli attori si rapportano; questo perché il
protagonista NON si deve vedere prima di un certo momento, un elemento
necessario per lo svolgimento della storia che venne reso in questo modo
geniale.
La storia, inverosimile e ai limiti del
fantastico come in certi neri di Woolrich, è questa; Vincent Parry, condannato
all’ergastolo per un delitto non commesso riesce a evadere da San Quintino, il
famigerato penitenziario di San Francisco. Nella sua fuga disperata viene
aiutato da una giovane donna del mistero, Irene (naturalmente la Bacall), che
lo soccorre senza chiedergli niente e lo ospita nella sua bella casa. L’evaso,
col fin troppo generoso aiuto di un tassista, trova un dottore che gli cambi i
connotati, facendolo diventare proprio..Bogart (eh, magari, ditemi dov’è che mi
faccio Bogartizzare pure io). Ma, come nei migliori film Hitchcockiani,
Parry/Bogart non userà la sua nuova faccia solo per fuggire, ma per muoversi
più liberamente e cercare il vero colpevole, che nel frattempo ha ucciso anche
il suo migliore amico; naturalmente, nella Pirandelliana situazione di uomo
senza identità ne documenti, avrà delle difficoltà e sarà braccato a sua volta,
e la ricerca si fa sempre più disperata, nonostante Irene sia sempre al suo fianco,
sempre più innamorata del fuggitivo/giustiziere..
Insomma, una di quelle storie nere degli anni
quaranta dove non c’è un attimo di respiro, tese come una corda di violino e
nelle quali l’incredulità va sospesa senza riserve, ma quel che resta è
un’esperienza visiva e sensoriale
eccitantissima; come per tanti altri grandi film del periodo, sono le
pettinature, i vestiti, le auto, le riprese di una San Francisco ammaliante
come in “Vertigo” che contribuiscono a creare il capolavoro. E poi gli attori,
non solo i divi ma anche i caratteristi (C’è anche Agnes Moorehead, una delle
attrici predilette di Orson Welles, in un ruolo secondario ma di grande
spessore) il classico film dove tutto funziona alla perfezione e che si avrebbe
voglia di riavviare un minuto dopo aver finito di vederlo, per rivederlo senza
tensione addosso e apprezzarne le innumerevoli sfumature. Ok, magari qualcuno
penserà che, da fan sfegatato dell’attore, sono un tantino di parte, ma per “La
fuga” ogni superlativo è pienamente giustificato, Bogartiani o meno.
Omar, ottimo articolo. Il film dovrebbe essere tratto da un romanzo di David Goodis.
RispondiEliminaCarter
Grazie Carter. Si, è tratto da Goodis, ma interpretato molto liberamente.
RispondiEliminaOmar ma sei anche su FB? Perché abbiamo un gruppo giallo tra appassionati semi esperti e mi piacerebbe se ti unisci.
RispondiEliminaCiao Omar mi piacerebbe aggiungerti su un gruppo di discussione gialla di appassionati senzienti su FB.
RispondiEliminaRiesci a mandarmi mess su FB?
Ciao Giordano, scusa per il ritardo nella risposta ma ho veramente tempo zero da dedicare alle mie passioni...se mi dici qual è il gruppo lo cerco e mi iscrivo volentieri, sennò dimmi tu cosa preferisci. Saluti.
RispondiEliminaMi sa è chiuso .
RispondiEliminaAggiungimi un amicizia e da li ti dirotto al grp
Ciao!
Gialli e gialli tutte le sfumature del giallo dai ti aspettiamo
RispondiEliminaP.S. Ti ho anche assegnato un Liebster Award (http://breakfast-pancakes.blogspot.it/2017/07/blog-liebster-award-2017.html).
RispondiEliminaA presto.
Commosso e felice, ti ringrazio molto! purtroppo non mi intendo molto di blog e dintorni, ma l'iniziativa è molto carina, potrei fare a mia volta un articolo e ricambiare il favore, visto che il tuo blog è molto carino e ben fatto, anche se non sono un esperto di manga e dintorni mi piacciono molto le tue recensioni letterarie, e in ogni caso so riconoscere un blog di qualità, e il tuo lo è. Sono felice anche di essere citato insieme a quel ragazzaccio di Yue Lung!! grazie ancora, un caro saluto.
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