venerdì 21 marzo 2014

“IL MAESTRO DEL GIUDIZIO UNIVERSALE” DI LEO PERUTZ.


Ci sono degli autori che somigliano solo a se stessi.Unici e inimitabili, che creano un genere tutto loro, e che spesso, col passare delle generazioni, vengono relegati nel grande limbo dei cari estinti, in quanto troppo strani, troppo difficili perché gli editori abbiano il coraggio di riproporli al lettore d’oggi. Per fortuna che case editrici come Adelphi hanno ancora (chissà per quanto…) il coraggio di ristampare questi cani sciolti della letteratura, questi libri strani ed enigmatici che creano un genere a se stante; quello del fantastico puro, in cui, pur in un contesto reale, tutto può accadere.

Assieme a Lernet Holenia, Gustav Meyrink, Urzidil e pochissimi altri, il maggior esponente di questa corrente letteraria sviluppatasi soprattutto nella Mitteleuropa dei primi decenni del secolo scorso è stato sicuramente Leo Perutz, ebreo Praghese dalla vita errabonda, finissimo narratore ma anche insigne matematico, dualismo che si fa evidente nei suoi libri, fantasiosi ma anche rigorosi come teoremi, dove pur restando nei limiti dell’assurdo tutto torna, tutto è spiegato. Perutz venne definito “Il risultato di una scappatella di Franz Kafka con Agatha Christie” ma forse non è vero, visto che della Christie l’autore ha poco o nulla; i suoi intrecci ricordano più i Thriller Hitchcockiani e le atmosfere alla Dickson Carr, ma giustamente Kafka, se anche fosse stato più tombeur du femmes di quel che era, non avrebbe potuto metterli incinta, per cui la definizione, seppur forzata, può starci.

L'autore
 
 
Di Perutz, che prima della ripubblicazione in Adelphi era assai difficile da recuperare, ho letto con sommo diletto “Dalle nove alle nove” Thriller al cardiopalma (adorato da Hitchcock, che avrebbe voluto filmarlo) in cui un uomo di mezza età vaga per una Vienna spettrale  compiendo una serie di azioni assurde e prive di senso per un motivo del tutto imponderabile ( se vi interessa, leggetelo senza approfondire in rete, visto che quasi tutti lo spoilerano) oppure “Tempo di spettri” ,ossessionante caccia all’uomo per mezza Europa con beffa finale, oppure le suggestive leggende fantastiche Praghesi narrate in “Di notte sotto il ponte di pietra” ; ma tutti i Perutz meritano, per un motivo o per l’altro.

Per chi scrive (non li ho letti ancora tutti) il libro dell’autore più bello e affascinante è però “Il maestro del giudizio universale” romanzo del 1923 ambientato però nel 1909 in una Vienna ancora da Belle epoque, permeata però da presagi di guerra, di catastrofe.

Riassumere il libro è impresa ardua se non improba; si svolge tutto nel giro di qualche giorno, tra pochi personaggi, e se la prima parte è un dramma da camera la seconda è un enigma di stampo Carriano sempre più inquietante e con una soluzione che viola qualsiasi legge scritta e non scritta del poliziesco classico, ma che è altamente suggestiva e non toglie al libro di essere considerato uno dei gialli più strani e suggestivi di sempre.



Si, giallo a tutti gli effetti, anche perché, come ho scoperto dopo aver letto l’edizione Adelphi, il romanzo era già stato pubblicato nientemento che nella collezione dei libri gialli Mondadori, ossia è la palmina numero 30; mi piacerebbe sapere chi fu al tempo l’editor così bravo e lungimirante da includere questo titolo (uno dei pochissimi di autori non Anglofoni e Italiani) nella leggendaria collana, forse Alberto Tedeschi o forse no, ma in ogni caso era qualcuno che sapeva il fatto suo; leggere questo libro nel 1931 deve aver procurato all’Italiano provinciale e privato di forti emozioni dell’Italia fascista del tempo dei brividi davvero notevoli.

 
Copertina di Abbey per l'edizione nei libri gialli (fonte; sito fantascienza.com)
 
 
La storia, in soldoni, è questa; nella villa Viennese dell’attore in declino Eugen Bishoff si ritrovano per una serata a tema musicale il Barone von Yosh, indolente ufficiale segnato dalla guerra Russo-Giapponese del 1904, L’ingegner Solgrub, affascinante ma antipatico e scostante, lo stralunato e gnomesco dottor Gorsky e la bellissima Dina, moglie di Bishoff, che in passato era stata l’amante del Barone. A un certo punto arriva anche Felix, il fratello di Dina, che odia il barone per l’affronto all’onore della sorella. In questa compagnia male assortita la serata procede a fatica, tra frecciatine e rancori mal sopiti; a un certo punto Bishoff racconta alla compagnia una strana storia di due inspiegabili suicidi di due giovani ufficiali, persone normalissime che di colpo sono completamente impazziti e senza alcun motivo si sono tolti la vita, così di punto in bianco. L’attore annuncia di essere vicino alla spiegazione di quell’assurdo mistero, ma alla fine della serata, mentre si ritira nelle sue stanze per provare una nuova parte, si getta dalla finestra, anche lui senza alcun motivo apparente. Prima di spirare, farfuglia di un uomo  gigantesco dall’aspetto mostruoso che parla Italiano, e di un misterioso maestro del giudizio universale.

Da qui il barone, che sulle prime vuole fuggire in quanto accusato dal rancoroso Felix di aver spinto Bishoff al suicidio per poi poter sposare Dina, intraprende invece una strana e tortuosa indagine, che porta a una soluzione talmente imprevedibile da non essere nemmeno ipotizzabile, e per questo il libro è da gustarsi così com’è, senza tentare di capirci qualcosa; solo in questo modo la lettura di questo seducente e stralunato capolavoro potrà essere apprezzata appieno, come tutti gli altri romanzi del geniale romanziere Praghese. Una lettura veloce, leggera, che Bertolt Brecht, che in altre occasioni spese parole al miele per il poliziesco e per Edgar wallace in particolare, definì troppo frettolosamente “una buona lettura per viaggi in treno”; ma una lettura anche profonda, metafisica e sottilmente inquietante, e che una volta terminata lascia attoniti e felici, come tutti i migliori romanzi non solo polizieschi.

3 commenti:

  1. Amo l'attenzione che Adelphi riserva alla lettura mitteleuropea, e sono certa che prima o poi leggerò pure questo libro - anche perché vorrei leggerli tutti, gli Adelphi. Ma questa è un'altra storia :)

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  2. Si, concordo con te che moltissimi titoli Adelphi sono notevoli, ma non li vorrei tutti neanche se me li regalassero ;) perché a dirti la verità la casa editrice pubblica anche dei mattoni sopravvalutati e autocompiaciuti che diventano libri di valore solo perché "li pubblica Adelphi", e questo snobismo autoalimentato dalla casa editrice stessa l'ho sempre trovato fastidioso. Anche di Mitteleuropei ce ne sono di ottimi, ma ad esempio molte delle opere di Marai e di Kundera sono sopravvalutatissime, a 20 anni li ho letti tutti e alcuni li ho proprio trovati bruttini. Ma per quanto riguarda i Perutz concordo, sono da prendere tutti.

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  3. Eugen Bischoff non si getta dalla finestra, ma si uccide con un colpo di pistola.

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